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L’analisi

Caffè al bar sempre più "amaro", in tre anni in Toscana è aumentato del 15%

di Francesca Ferri
Caffè al bar sempre più "amaro", in tre anni in Toscana è aumentato del 15%

La nostra regione leggermente sotto la media nazionale, che è di 1,20 euro a tazzina. Confcommercio e Confesercenti puntano il dito su prezzo di energia e rifiuti

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«’Na tazzulella ’e cafè, e mai niente ce fanno sape’». Era il 1977 quando Pino Daniele cantava il suo personale inno a uno dei riti italiani per eccellenza. Una tazzina di caffè espresso al bar in quegli anni costava 150 lire al banco, 200 servita al tavolino. In euro, 8-10 centesimi, che oggi non basterebbero nemmeno per il bicchierino d’acqua che accompagna il sorseggio.

In tre anni +15%

Negli ultimi tre anni il costo del caffè al bar è aumentato del 15%, passando da 1 euro nell’aprile del 2021, a 1,18 euro nell’aprile 2024. In un anno, da aprile 2023 ad aprile 2024, il rincaro è stato del 5,3% su base nazionale. Ad oggi, sei mesi dopo, il prezzo medio è 1,20 euro con differenze, lungo la Penisola, che oscillano all’interno di una forchetta da 0,95 euro di Messina a 1,36 euro di Bolzano.

I dati sono forniti dal Centro studi della Fipe, Federazione italiana pubblici esercizi della Confcommercio, su base Istat. E non sono esattamente una buona notizia per i cultori di Arabica, Robusta, Excelsa o Liberica, o semplicemente per chi non può fare a meno di quella "tazzulella" per svegliarsi la mattina o digerire il pranzo.

In Toscana

In Toscana, sempre secondo i dati della Fipe, il prezzo medio più basso viene registrato a Grosseto (1,11) e quello più alto a Firenze (1,19). Nel mezzo, ci sono il caffè a 1,15 euro a Livorno, quello a 1,16 a Siena e quello a 1,18 ad Arezzo, Lucca e Pistoia. Nel Granducato ha retto meglio Lucca, con un aumento del 7,3% dal 2021 ad oggi, mentre l’aumento più netto si registra a Pistoria (+13,5%).

Verso 2 euro a tazzina

E se ci sono bar dove resiste il prezzo tondo di 1 euro, la tempesta dentro la tazzina pare essere all’orizzonte. Poco più di un mese fa, al meeting di Rimini Cristina Scocchia, amministratrice delegata di Illycaffè, lo ha detto senza girarci troppo intorno: «Oggi il caffè verde costa 245 cents per libbra, il 66% in più dell’anno scorso, oltre il doppio rispetto a tre anni fa... E si stima che aumenterà ancora, e che possa arrivare a toccare i 2 euro nei prossimi mesi».

Il motivo degli aumenti

Ma da cosa dipendono questi aumenti? «Ci sono almeno venti voci di costo che determinano il prezzo della tazzina di caffè che, lo sottolineo, in Italia vendiamo da sempre sottocosto. Non a caso altrove in Europa lo stesso caffè bevuto al bancone si paga fino a tre volte tanto», spiega Aldo Cursano, presidente di Confcommercio Toscana e vicepresidente vicario di Fipe.

«L’aumento della materia prima è solo una di queste voci ed è dovuto a un complesso di fattori, tra cui il cambiamento climatico che ha abbattuto la produzione di due terzi e la crisi del canale di Suez che ha aumentato i costi dei trasporti. Ma oltre alla materia prima "caffè" ci sono i costi del lavoro per pagare i dipendenti, quelli per la formazione obbligatoria e non, quelli per la gestione dei locali: affitto, sanificazione, messa in sicurezza, riscaldamento d’inverno e climatizzazione d’estate. E poi le tasse, la nettezza urbana, le imposte sulle insegne e per l’eventuale occupazione del suolo pubblico». I costi energetici, poi, fanno la loro parte: «Si va dai 1.200 ai 2.500 euro al mese in funzione della dimensione del bar e della mole di attività. Ci vogliono 5 kWh per la macchina del caffè, il macinino ne assorbe altre 0,50, poi c’è la lavastoviglie».

E, ancora, vanno considerate le spese per zucchero, stoviglie, pulizie di attrezzature e locali, compresa la pulizia della toilette. «A volte penso che guadagneremmo di più se facessimo pagare l’uso del bagno offrendo il caffè gratis. La tazzina consumata al banco è sottocosto, non dà praticamente ricavi, ma è comunque un importante biglietto da visita per un locale, nell’auspicio che serva a muovere la vendita di prodotti con marginalità maggiore come la brioche a colazione, il pranzo o l’aperitivo », dice Cursano.

Che imputa a queste voci di spesa anche la chiusuradi tantissimi bar negli ultimi dieci anni.

I clienti storcono il naso. «Ma non abbiamo registrato cali nel consumo - conclude Cursano - perché il caffè continua ad essere uno dei prodotti più democratici al mondo, alla portata di tutti. Con poco più di un euro ci garantisce l’accesso ad un luogo dove si offrono accoglienza, servizi, socialità. Non capisco perché questo non sia chiaro e evidente a tutti».

A Berlino 4 euro

«Il prezzo della tazzina ha da noi un valore simbolico, che deriva dal valore sociale del "prendere un caffè" che corrisponde al "bere una birra" per i tedeschi. Ma il caffè a Berlino la settimana scorsa l’ho pagato 3,5EUR, in Inghilterra costa 4 pound e da Starbucks a New York tre dollari e mezzo. Non esiste che in Italia, al di là della qualità che può essere giudicata soggettivamente, possa continuare a costare 1,20», aggiunge Franco Marinoni, direttore generale Confcommercio Toscana.

Risparmi e qualità

«Confesercenti ha condotto uno studio in proposito - spiega Franco Brogi, presidente regionale per la Toscana di Fiepet (Federazione Italiana Esercenti Pubblici e Turistici) Confesercenti - da cui è emerso che sotto 1,30 euro è veramente difficile avere un ricavo. Il prezzo al chicco è aumentato, ma non solo quello. Ci entrano anche la manutenzione della macchina, l’energia e soprattutto la Tari, la spazzatura, che è la voce di spesa più importante con l’energia elettrica, in alcune zone della Toscana è aumentata anche del 20-30%».

Da Illycaffè dicono che si arriverà a 2 euro? «Può essere - dice Brogi - non lo escluderei se si va avanti così. Ma faccio un altro ragionamento: il caffè è tra i beni più sottovalutati perché, poiché costa 1 euro, 1,20 euro, a volte ci si accontenta. Ma risparmiare 10 centesimi non vale la pena se poi il caffè brucia lo stomaco. Qui non c’è una speculazione dei locali: è un aumento generale».

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