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Escursioni sulle Alpi Apuane, i rischi degli escursionisti impreparati: tra chi va in ciabatte e chi parte con il caldo

di Ivan Zambelli
Escursioni sulle Alpi Apuane, i rischi degli escursionisti impreparati: tra chi va in ciabatte e chi parte con il caldo

Sempre più persone affrontano le montagne senza esperienza, attrezzatura adeguata o conoscenza dei sentieri: consigli del Cai e del Soccorso Alpino per godersi la natura in sicurezza

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MASSA. Salgono in vetta, ma spesso non sanno nemmeno dove stanno andando. L’estate è al giro di boa e sono stati tanti, in questa stagione, gli escursionisti sulle Alpi Apuane. Un fenomeno in crescita negli ultimi anni, ma che comporta non pochi problemi. Perché le Apuane non sono montagne come le altre: sono impervie, difficili. Ma molti non lo sanno, specie quelli che vengono abbagliati dalle foto o video mozzafiato che si possono trovare sul web.

Ecco che allora c’è chi va nei sentieri in ciabatte, chi intraprende la via Vandelli all’ora di pranzo – e sotto il sole – chi non si porta abbastanza acqua e chi si ritrova a battere i denti dal freddo perché a metà pomeriggio ha iniziato a piovere ma indossava una semplice t-shirt. Tant’è che solo il Soccorso alpino di Massa nel periodo primavera-estate del 2024 è dovuto intervenire ben 14 volte, per persone che si erano trovate in difficoltà. Con l’aumento dei numeri aumentano anche i maleducati, che lasciano sporchi i sentieri o i rifugi. «Come se da lì passasse l’Asmiu», racconta il presidente del Cai di Massa Paolo Simi, che lancia l’allarme su sicurezza e rispetto dell’ambiente.

Il Cai, che oggi conta circa 600 soci nella sezione di Massa Elso Biagi, lavora tutto l’anno per la manutenzione degli oltre 85 km di sentieri e non è raro che si imbatta in persone che vanno ad esplorare le nostre montagne. «Dopo il Covid sempre più persone si sono avvicinate alle Apuane, ma molti lo fanno senza preparazione, attrezzatura adeguata e conoscenza delle regole basilari da tenere in montagna. Molti vengono attratti dagli itinerari che si possono leggere sul web, ma le Apuane non sono un parco: vanno affrontate con rispetto, perché anche un sentiero facile può diventare insidioso se cambia il meteo».

Nel mirino finiscono anche i comportamenti poco civili. Al rifugio Nello Conti, raggiungibile solo a piedi da Resceto con almeno tre ore di cammino e mille metri di dislivello, non è raro trovare sacchi di spazzatura abbandonati alla porta. «Come se passasse la raccolta differenziata – racconta Simi – quando invece tocca al gestore o ai volontari portare giù tutto a spalla». Situazioni simili anche al bivacco Aronte: «All’interno troviamo bottiglie, plastica, scatole di tonno. Tutto lasciato lì da chi è salito senza un minimo di rispetto». Ma la vera battaglia, secondo Simi, è culturale: «I social mostrano panorami spettacolari, ma non raccontano la fatica o le difficoltà reali. Così c’è chi parte in jeans, senza acqua, e finisce nei guai. Anche su percorsi come la Vandelli, che sembrano strade ma richiedono comunque allenamento».

Sono diversi gli episodi al limite dell’assurdo: «Gente che arriva al rifugio in ciabatte o con vestiti corti, poi arriva il temporale e si ritrova zuppa a un’ora e mezza dall’auto. Vanno in montagna come se stessero andando al mare. Oppure famiglie che partono a mezzogiorno, in pieno sole, per salire oltre mille metri di quota senza magari avere l’acqua necessaria».

E così spesso si ritrovano a dover chiedere aiuto al Soccorso Alpino, che lo scorso anno, racconta il referente Giorgio Baldini, è dovuto intervenire 14 volte. «Il problema è sempre lo stesso: escursionisti impreparati, male equipaggiati, senza conoscenza del percorso o consapevolezza del proprio livello. Lo scorso anno abbiamo soccorso tre ragazze sul monte Cavallo: avevano trovato online un itinerario di tre chilometri, ma non sapevano che fosse un continuo saliscendi, senza fonti d’acqua». Altro caso recente: una famiglia salita lungo la Vandelli, partita tardi e colpita da un colpo di calore a metà strada. «Quando parti da Resceto sei a 400 metri, ma il rifugio è a 1. 400: servono allenamento e preparazione. I sentieri non sono semplici, e soprattutto vanno conosciuti». Paradossalmente, spesso a finire nei guai sono i giovani. «Chi ha superato i cinquant’anni – spiega Baldini – oltre ad avere generalmente più esperienza conosce i propri limiti. I giovani no. Si improvvisano. E gli interventi più numerosi avvengono tra settembre e ottobre, quando fa più fresco e aumenta l’afflusso. Ma i rischi restano». Per questo sia Baldini che Simi consigliano di chiamare le sedi delle varie sezioni del Club Alpino Italiano, per avere informazioni e non affidarsi completamente ai social. «Tra i sentieri belli – consiglia Simi – c’è il sentiero che dal Pasquilio arriva al Folgorito. Il percorso è facile, con strada sterrata. C’è poi il rifugio Nello Conti, bellissimo. L’importante – avverte – è andare attrezzati in montagna, cosa che in tanti non fanno».l


 

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