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Da Livorno ai grandi del mondo con la sua arte: Antonio Vinciguerra si racconta: «Con Mattarella un’emozione grande»

di Luca Balestri
Da Livorno ai grandi del mondo con la sua arte: Antonio Vinciguerra si racconta: «Con Mattarella un’emozione grande»<br type="_moz" />

Le sue opere sono state esposte in America e a Clinton ha inviato un biglietto di auguri

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LIVORNO. «Di commerciale non ho mai fatto niente. Ho sempre fatto cosa ho voluto, anche andando controcorrente». Tutta la sua vita è stata così: Antonio Vinciguerra non si è mai piegato all’arte per soldi, anzi. Scultore, pittore e grafico, 88 anni appena compiuti, il più noto artista livornese vivente ha le idee chiare su cos’è per lui l’arte, e su come abitare un mondo artistico che, soprattutto negli ultimi tempi, per sopravvivere vende su commissione. Apprezzato negli anni dai più grandi critici d’arte italiani, come Vittorio Sgarbi e il compianto Philppe Daverio, in occasione del suo compleanno, ci accoglie nella sua casa («questa villa era di Costanzo Ciano. Qui faceva le cacciuccate»).

Ha fatto tanto per la nostra città, Vinciguerra. Suo il bassorilievo in bronzo per la porta di San Marco, sua la porta monumentale della facciata sul duomo cittadino, sua la porta in bronzo della chiesa di San Jacopo in Acquaviva, tra le tante opere. «Il sindaco mi ha detto che sono l’artista che ha fatto di più per Livorno», il vanto dello scultore. Tanta voglia di vivere, la grinta che pare quella di un ragazzo, una volta accolti nel suo studio non si sa dove poggiare gli occhi. Immenso il panorama di opere che affollano lo spazio. A primo impatto, l’opera che colpisce maggiormente è un water, se non altro per le sue dimensioni. «Questa è una delle cose più nuove che ho fatto, è una critica alla carta stampata, fatto con un materiale simile al plexiglass - ci illustra l’opera il maestro-. Ci sono diversi tagli di giornale. Il Corriere, la Nazione, e c’è anche Il Tirreno, anche se all’inizio non volevo mettercelo, dato che mi ha sempre supportato».

Allievo del pittore Giovanni March, e già membro del Gruppo Labronico, la prima volta che ha esposto delle sue opere pubblicamente è stata nel 1964, a Cecina. E nello stesso anno ha esposto anche a Firenze. Da lì, il pittore non si è più fermato. «Nel 1977 ho esposto alla Frank de Bellis Collection, a San Francisco - racconta-. E nel solito anno sono stato ospite a Porto Cervo, da Aga Khan. Poi le mie opere sono state esposte anche al Global Fine Art di Washington». E se il luogo che lo ha appassionato maggiormente per l’esposizione delle sue opere è stata Villa Borghese a Roma, Vinciguerra non ha mai abbondato l’arte a Livorno. «Ai Granai di Villa Mimbelli, cioè al Museo Fattori, nel 2008 ho esposto un’antologica. Avevo una sala apposita per i disegni un po’...spintini. La mostra è andata su tutti i giornali, e soprattutto i giovani pittori livornesi sono rimasti scioccati dalle mie opere». Sempre a Livorno, ma qualche anno più tardi, lo scultore ha avuto l’occasione di incontrare il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. «Ho incontrato il Presidente quand’è venuto al teatro Goldoni per ricordare Ciampi (Carlo Azeglio, presidente della Repubblica, nel 2020, nda). Qui è stato inaugurato un busto bronzeo raffigurante Ciampi. Mattarella mi ha detto che ho puntato tutto sull’espressività, mi ha commosso. C’è stato un abbraccio spontaneo tra noi».

Oltre che per i politici italiani, Vinciguerra ha creato opere anche per istituzioni oltre Oceano. È del 1998 un biglietto di auguri mandato al presidente degli Stati Uniti Bill Clinton. «Il bigliettino mandato a Clinton per Pasqua raffigurava due opere. La Madonna del Parto di Piero Della Francesca, e la mia Sacra Sindone». Nella sua carriera ultrasessantennale, il livornese ha incontrato anche due papi. «Per il quinto centenario della nascita di Michelangelo, nel 1975, sono stato invitato a Roma, e sono stato ricevuto da papa Paolo VI. Si è discusso dell’idea di salvezza nell’opera di Michelangelo. Il papa era meraviglioso».

Straordinario per lo scultore anche l’incontro con papa Benedetto XVI. «Nel 2018 mi ha ospitato nella sua villa privata, quando era già papa emerito. Ho fotografie in cui mi tiene la mano, è stato un incontro straordinario». Ed è proprio tra un racconto papale e l’altro che a Vinciguerra squilla il telefono: «Era il segretario del papa. Mi hanno chiamato per fare un ritratto a Francesco. Speriamo di riuscire a consegnarglielo», l’auspicio. Ed è proprio perché si è sempre ritenuto un artista libero che, da credente, la chiesa non l’ha solo omaggiata, ma anche aspramente criticata. «Ho fatto delle cose che hanno fatto arrabbiare i preti, sono stato critico con loro. Con un quadro ho denunciato la pedofilia, nel 2010 - ricorda il grafico-. Qualche prelato si è offese anche per una serie che ho fatto sull’erotico. Ma un artista deve restituire gli umori del periodo in cui vive». Dal fauves al surrealismo, passando per la metafisica, quella di Vinciguerra è stata una vita all’insegna di un pensiero artisticamente libero, in cui si è trovato a tu per tu con i grandi dell’arte, della politica, del costume. «Nel 1959 ho voluto conoscere Picasso, al Museo Cantini a Marsiglia, ad una sua esposizione di opere cubiste. Lui aveva un’espressività negli occhi che ti fulminava. Abbiamo fatto un brindisi insieme». Vinciguerra ci tiene a ricordare anche un altro grande artista: «Nel 1988 ho esposto a Roma, per il centenario della nascita de De Chirico - dice-. E nel solito anno ho dipinto la copertina di un cd dedicato a Toulouse-Lautrec, e ad altri artisti. Hanno voluto mettere anche me nel cd, tra i grandi contemporanei».

E ora, l’artista guarda al futuro. «Sto scrivendo un libro sui sogni premonitori che faccio. La raccolta sarà corredata da dipinti e disegni che riprenderanno i sogni - questa è l’idea-. Tanti sogni li faccio di mattina presto, quando sono in dormiveglia. Quando si è in dormiveglia, come dicevano Dante e Tabucchi, si è un’altra dimensione».

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