Cellulare, che ossessione! Perché non riusciamo a staccarci nemmeno quando siamo al volante
Che cosa accade nel cervello che rende così indispensabile controllare sempre il nostro telefono? Perché temiamo di perdere qualcosa? Cosa dicono le neuroscienze
Dall’introduzione del telefono cellulare negli anni Novanta, quando Internet ancora non veniva ovunque con noi, siamo arrivati ad avere il "mondo intero" in una mano. Le nostre conoscenze, le nostre passioni e la risposta a tutte le domande stanno lì a portata di dito. Non ci sono regole di età, ormai è addirittura richiesto a tutti, necessario per tutti, salvo pochissime eccezioni.
Insieme a tanti vantaggi e comodità, l’avvento della tecnologia ha portato con sé anche lo sviluppo di una dipendenza distruttiva e accettata che si infiltra nel tessuto sociale fino al punto di diventare pericolosa per la nostra vita. Spesso infatti non ci si stacca dal telefono neanche per strada, camminando, attraversando e, quel che è peggio, neanche guidando.
Gli incidenti stradali per un attimo di disattenzione con lo sguardo sullo schermo, sono aumentati in modo vertiginoso al punto che lo Stato ha deciso di dare un giro di vite pesante, da molti criticato ma che sembra stia dando alcuni frutti. Pare infatti che nei primi mesi il calo di incidenti dopo l’introduzione del nuovo Codice della strada sia del 5,5%.
Ma proviamo a domandarci perché abbiamo bisogno di regole più strette e conseguenze temibili per riuscire a ritrovare l’autocontrollo, per riuscire a staccare veramente dalla tecnologia per il tempo della guida?
Che cosa accade nel cervello che rende così indispensabile continuare a controllare il telefono?
Si parla della paura di perdersi qualcosa, fear of missing out, che spinge al meccanismo inconscio e automatico di controllare il telefono.
La società del multitasking che ci vuole sempre attivi e reperibili, spinge a pensare di poter fare due cose nello stesso momento. E qui le neuroscienze non sarebbero d’accordo: non possiamo fare due cose complesse contemporaneamente e con la stessa efficacia.
La guida diventa così un processo automatizzato, sovrastimiamo le nostre capacità pensando di riuscire a fare tutto in un’illusione di controllo.
Senza contare ciò che, non solo alla guida ma in generale, spinge a cercare la gratificazione attraverso lo strumento digitale, la dopamina, un sistema di ricompensa attivato da un messaggio, da un like, capace di distrarci da pensieri, ansie, emozioni negative, alla ricerca di una gratificazione legata spesso alla disregolazione emotiva.
Quando tutto questo capita alla guida non si è totalmente presenti, l’esatto opposto della mindfulness di cui tanto si parla oggi, la piena attenzione e presenza mentale.
Allora, abbiamo bisogno di multe salate che ci riportino al controllo sulle nostre azioni? Che ci ricordino di noi stessi, di prenderci il tempo per mettere noi stessi al sicuro insieme a coloro che viaggiano con noi?
Ragionevolmente, nessuno vuole per sé il male, come sostiene anche Socrate nel Protagora di Platone, ma vi è un’incapacità di forza di volontà, debolezza nell’agire secondo principi ragionevoli che prende il nome greco di akrasia, assenza di comando, di volontà.
Anche Aristotele si esprime sul tema akrasia con il suo opposto nell’enkrateia, lo sviluppo di capacità di autocontrollo, necessario per dominarsi e divenire liberi dal condizionamento.
Ancora oggi non siamo tuttavia liberi dal condizionamento quando ci lasciamo distrarre dal suono di un messaggio, quando dividiamo la nostra attenzione tra più attività e pensiamo di riuscire a fare tutto, pensiamo di poter controllare tutto. Quante volte ci raccomandano, o raccomandiamo noi ad altri, alla guida, di stare attenti? Eppure se non riusciamo ad autocontrollarci difficilmente saremo attenti guidatori.
La filosofa e scrittrice ebrea Simone Weil nel XX secolo osserva come l’attenzione sia un esercizio di libertà interiore, e vivere distratti sia vivere in uno stato di assenza.
Si potrebbero, in conclusione, proporre alcuni esercizi "weiliani" per rientrare in controllo della propria attenzione: praticare la pazienza e aspettare qualche istante prima di controllare i messaggi quando si sente l’impulso di farlo, ascoltare davvero quando si parla con qualcuno, il nostro interlocutore, provando ad essere pienamente presenti senza distrarsi con il telefono. Infine disintossicarsi dagli stimoli rapidi magari leggendo un libro o praticando la mindfulness.
Forse in questo modo riusciremo a lasciare spento lo schermo almeno alla guida.
*Studente del liceo classico XXV Aprile di Pontedera