Riccardo Corredi, come nasce il mito delle televendite diventate virali: «Accettai di fare tv senza soldi, poi...»
Ha fatto scuola nel suo settore, ma si sente un artista. Il vero cognome? Sarebbe Porciani: «Ho rischiato di morire, sono vivo per miracolo»
PISTOIA. L’appuntamento è a Pietrasanta e ad accoglierci c’è lui Riccardo Corredi, che di cognome fa Porciani, ma lo sanno in pochi e anche chi lo sa spesso non se lo ricorda. L’inimitabile, come si intitola il libro su di lui curato da Andrea Spadoni nel 2018, è nato al Ceppo, il 19 febbraio 1952. Si può a buon ragione ritenere un pistoiese illustre anche se a Pistoia non ha mai abitato essendo la sua famiglia originaria di Monsummano e avendo poi vissuto e lavorato a Montecatini prima di diventare un versiliese di adozione.
Riccardo più che “inimitabile” si può definire “intramontabile”, capace di vivere vite parallele e essere rinato dopo aver rischiato di morire per il Covid nel 2021. «In me hanno sempre convissuto due anime: quella del commerciante e dell’artista», dice. La simbiosi che alberga in lui ha fatto sì che dal nulla potesse creare un autentico impero che il Sole24 ore nel 2019 collocò al 34° posto tra le aziende con la miglior crescita in Italia. A 73 anni suonati in lui emerge l’animo dell’eterno fanciullo, un entusiasmo che lo vede alle prese con nuovi e inesplorati traguardi. «Il mio slogan era di me ti puoi fidare, ma poi sono arrivati i miei due figli ed è diventato di noi ti puoi fidare. Di meteore ce ne sono tante e noi siamo qui da quasi cinquanta anni».
È nato prima l’artista o l’imprenditore?
«A quindici anni andavo a scuola a Monsummano e lavoravo a Montecatini. Mi facevano uscire alle 12 da scuola per raggiungere in bici l’Hotel Belvedere dove facevo il cameriere. Ero gentile, biondo, educato e con gli occhi azzurri. Eravamo nel 1967. Mi notò una cliente dell’albergo, Silvana Jachino, l’attrice che aveva interpretato da poco “Giulietta degli spiriti”, per la regia di Federico Fellini. Tramite il titolare mi propose di andare a Genova a studiare arte drammatica e a Roma per un provino. I miei erano contrari, tuttavia convinsi Gino, il fratello del principale, ad accompagnarmi a Genova. Accade che la sua auto proprio la mattina della partenza avesse una ruota forata. Quel guaio mi fece perdere l’occasione. Non nacque l’artista nella forma più classica, ma il mio estro crescendo uscì fuori lo stesso. Ben presto mi cimentai in programmi alla radio, tra cui “Riccardo il Quizzardo”, di grande successo. Iniziai a capire che l’empatia con il mio pubblico poteva diventare un veicolo pubblicitario. Un concetto oggi scontato ma non allora. Nel frattempo mi ero sposato con Adriana, era nato mio figlio Luca e avevo aperto un punto vendita di corredi in via Puccini a Montecatini, in cui volevo creare pezzi unici e pregiati per i miei clienti».
Quindi si intravedeva quello che sarebbe diventato Riccardo televenditore della sua stessa merce?
«La svolta fu l’amicizia con Raffaele Pisu che lavorava in un’altra radio. Mi diede l’idea di andare in televisione a vendere i miei prodotti. Mi disse che per una diretta e una replica servivano 700mila lire, cifra per me inarrivabile. Pisu mi disse che non mi avrebbe chiesto soldi fin quando non li avessi ripresi. Accettai. Si andò in diretta un giovedì e in replica la domenica. Ebbi una valanga di ordini. Il lunedì richiamai il rappresentante della Tv e firmai un contratto da 25 milioni tutto l’anno e in più in esclusiva tutti gli special».
Da lì iniziò una popolarità incredibile e un misto tra il Riccardo intrattenitore e il Riccardo commerciante. Come gestì il momento?
«Mi dedicai moltissimo alla qualità dei prodotti. Volevo durare nel tempo e non vendere fumo. Se avessi fornito alla gente prodotti scadenti avrei ben presto perso di credibilità. Invece anche oggi c’è chi mi ringrazia per aver acquistato da me biancheria di qualità che dopo quarant’anni non si stinge. La fiducia del cliente è sempre stata al primo posto».
Ha mai pensato che quella dello showman potesse diventare una professione?
«Ho avuto la soddisfazione di presenziare a programmi televisivi di altissimo ascolto. Per esempio nel 1989 ho preso parte a Fantastico 7 (quello di Enrico Montesano e Anna Oxa) in cui fu registrato il record di ascolti su Rai Uno, con 13 milioni e settecentomila telespettatori. Dicono che porti fortuna: fui abbinato con Sophia Loren al biglietto della lotteria Italia che vinse il primo premio di 5 miliardi di lire. In una puntata del Maurizio Costanzo Show, come rappresentante dei televenditori d’Italia, il conduttore mi chiese di vendere un’anguria. Vacillai alla proposta dell’ingegner Luca Montrone, che è chiamato il Berlusconi del Sud: mi offrì una cifra faraonica che mi vergogno a rivelare e albergo pagato per curare Telenorba e Radionorba di Bari. Per accettare quell’incarico avrei dovuto lasciare la mia attività industriale e ho quindi rinunciato. In ogni caso nel mio curriculum ci sono Striscia la Notizia (e anche in quel caso dovetti dire no a collaborare dopo un’estate per le stesse motivazioni) e Piazza Affari nei miei magazzini con Claudio Sottili, Awanagana, Tommy Mambretti e Daniela Palandri. A Bellissimi di Rete Quattro con Emanuela Folliero e Marco Predolin eravamo due soli sponsor: Müller e Riccardo Corredi».
Non fa più televendite. C’è un motivo?
«Sono stato tra i primissimi a realizzare Gran Bazar. Addirittura sono andato in tutta Italia a insegnare questo format televisivo. Facevo docenze regione per regione: Bologna, Padova, Genova, Roma, Milano, San Benedetto del Tronto, Torino. In tutte le tv d’Italia. Sono stato anche a “Mi manda Rai 3” di Lubrano, unico invitato come esempio di correttezza commerciale e oggetto di una tesi di laurea alla Normale di Pisa, come il televenditore d’Italia, dopo che uscì un’intervista a firma del giornalista Marco Hagge di Rai 3. Poi il giocattolo si è rotto. Non faccio televendite da 25 anni. Le hanno sciupate. Quando girano i soldi ci si monta la testa e si pensa che duri ma non è così. Nella vita bisogna calcare il periodo e il momento senza truffare la gente. Ci sono aziende che hanno preso milioni di euro di multa per pratiche commerciali scorrette nelle televendite, come prezzi barrati ingannevoli e pressioni sui consumatori ad esempio per vendere materassi molto più costosi rispetto a quanto promesso, spesso a persone anziane. È esattamente l’opposto della nostra filosofia. Dico nostra perché adesso siamo in tre: con grande efficacia mi affiancato i miei figli Luca e Francesco di 40 e 47 anni. Offriamo letti di alta qualità che escono da due nostre fabbriche ad Altopascio. E per i materassi abbiamo una produzione tutta italiana, non prodotti di importazione, senza colla, mastice colorante e polvere di marmo. Sostanze nocive alla salute. I nostri materassi prodotti da Vefer Spa a Lissone sono composti da pallini a polioli vegetali schiumati ad acqua, aloe vera e con il carbonio per sonni sereni. Abbiamo perfino il materasso “Unico” con cui facciamo l’esame del sonno gratuitamente. Ci promuoviamo in tv con gli spot brevi e siamo presenti sui social, grazie a Luca, Francesco e a Gianluca Meucci, il nostro pubblicitario. L’impegno maggiore è sui negozi. Ne abbiamo 14 e il 20 dicembre nella centralissima via Gioberti a Firenze ne apriremo un altro».
E da grande Riccardo Porciani che cosa ha in mente?
«Molte novità. Uno spartiacque della mia vita è stato il Covid che mi ha colpito nel marzo 2021. Sono vivo per miracolo e per la bravura dei sanitari dell’ospedale della Versilia che mi hanno preso a cuore. Desidero ringraziare in modo particolare il dottor Daniele Taccola, amico carissimo. Sono un credente, ho sognato la madonna ed ero già nella bara. Un mese in coma e tracheotomizzato. Sono uscito che non parlavo e non avevo la forza di alzare le mani. Vivo questa fase della mia vita con gioia. Mi diverto. Potrei partecipare grazie a Pasquale Mammaro, manager e amico, a qualsiasi trasmissione tv, ma preferisco trascorrere il mio poco tempo libero con gli amici, magari condividendo una buona cena. Ho recitato recentemente nel film di Vanzina “Sapore di te”, e lavorato con Serena Autieri e Vincenzo Salemme. Nel 2026 uscirà un film che ho interpretato a Lucca con Dustin Hoffman. Recito la parte di un fumatore su una panchina. Mi diverto tanto, potevo fare l’attore e probabilmente c’ero anche portato. Ed è arrivato il momento di riscoprire anche questa parte di me».
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