Carrara, picchia e violenta la compagna: «Ti faccio a pezzi». Quarantenne carrarese a processo
Iniziato il dibattimento: ascoltati primi testimoni dell’accusa
CARRARA. Durante l’incidente probatorio, aveva ritirato le accuse per violenza sessuale ed era tornata a vivere con lui, a Carrara. Ma lui ha continuato a fare quello che aveva sempre fatto: a insultarla, a picchiarla, anche a violentarla quando lei si rifiutava di fare sesso. Allora lo ha denunciato nuovamente e, la seconda volta, nel secondo incidente probatorio sul suo caso, davanti al giudice, ha confermato tutta la storia di violenza.
L’uomo, un quarantenne carrarese difeso dall’avvocato Giuseppe Del Papa, è adesso a processo per violenza sessuale, lesioni e maltrattamenti in famiglia. Il dibattimento è iniziato ieri. Sono stati ascoltati i primi testimoni, tra cui uno degli inquirenti che avrebbe confermato di essere intervenuto a casa della coppia, anche se, quella volta, a chiamare la polizia era stato l’uomo.
Stando alla ricostruzione della procura, per mesi, prima della denuncia, l’imputato avrebbe insultato la ex, l’avrebbe minacciata e mandata all’ospedale tre volte a suon di botte. E l’avrebbe pure violentata. Più volte. Lei voleva scappare, come in fondo era scappata dal suo Paese per cercare una vita migliore in Italia.
Ma come fare? Senza casa, senza lavoro, senza patria. Il coraggio lo aveva trovato il 22 febbraio.
Quel giorno, il compagno la chiuse in mezzo alla porta, sbattendogliela più volte contro la schiena. Pensava di non uscirne viva. Allora, dimessa dall’ospedale con una prognosi di 15 giorni, era andata direttamente dai carabinieri a raccontare tutto e a chiedere aiuto. Era finita in una struttura protetta e doveva ripartire da lì. Davanti al giudice per le indagini preliminari, però, ritirò l’accusa di violenza sessuale e tornò a casa con l’uomo. E nulla era cambiato. Lui la offendeva quotidianamente e la costringeva a fare sesso come e quando voleva lui. Lei aveva paura. Avrebbe voluto riandarsene, ma sentiva di non potercela fare da sola, non avendo né casa né lavoro.
A settembre, però, l’uomo, stando alla ricostruzione dell’accusa, l’avrebbe chiusa per trenta minuti in auto. Si sentiva morire, lì dentro. E allora ha chiesto di nuovo aiuto. La violenza, secondo la ricostruzione del pubblico ministero Marco Mansi, sarebbe iniziata nell’ottobre del 2020. All’inizio erano solo parole. Offese, minacce. Poi sono arrivate anche le botte. Tre giorni prima di Natale la donna è stata costretta a chiamare le forze dell’ordine. È finita all’ospedale e ne è uscita con una prognosi di cinque giorni. Per un mese, da quel giorno, tutto sembrava tornato alla normalità. Ma così non è stato. La violenza è tornata dentro quella casa e il 25 gennaio la donna è finita di nuovo all’ospedale.
Le minacce sono diventate sempre più inquietanti. Ti faccio a pezzi, le diceva. Ti spargo per il mare così nessuno di trova. E, sempre secondo quanto ricostruito dalla procura, ha iniziato a violentarla, ripetutamente. Fino a quel 22 febbraio in cui lei ha capito che non c’era niente di peggio di quello che stava vivendo e si è buttata nel vuoto, fuori da quella casa. E adesso l’uomo è a processo per maltrattamenti in famiglia, lesioni personali e violenza sessuale. Secondo la procura infatti ha «sottoposto in via continuativa e indeterminata a maltrattamenti la convivente, inizialmente solo di natura verbale» poi con «violenze fisiche che trovavano il loro apice nel dicembre del 2020 frangente in cui la donna si trovava costretta a chiedere l’intervento delle forze dell’ordine».