Livorno, morto a 57 anni Paolo Cordano: è stato barista e direttore nei locali
Dramma nella sua casa di via Garibaldi: in passato è stato anche direttore di sala nel glorioso “Mississippi”. Il ricordo dell’amico Dario Cappanera: «La persona più buona che abbia conosciuto»
LIVORNO. Lutto in tutta la città per la scomparsa di Paolo Cordano, morto nella sua abitazione di via Garibaldi a 57 anni per un malessere improvviso. Originario di Arezzo, da tempo in pianta stabile a Livorno, è stato uno storico direttore di locali notturni.
«Era il 1986 e aveva da poco aperto il “London pub” – ricorda l’amico e noto musicista, un fratello per lui, Dario “Kappa” Cappanera – unico locale di una certa tempra allora. Fu lì che lo vidi per la prima volta fare tutto il marciapiede di via Ricasoli a 150 chilometri orari con la sua “Alfetta”. Capimmo poi che rincorreva qualcuno, che doveva pagare qualcosa. Fu amore a prima vista».
«A fine luglio 1993 – ricorda ancora l’amico – morti Fabio e Roberto Cappanera, io tornai dai miei anni tra Stati Uniti e Regno Unito. Dei miei compagni di scuola e di strada iniziarono a lavorare al “Mississippi”, di fronte a Camp Darby. Arrivai distrutto dalla perdita degli zii e raggiunsi i miei amici al “Mississippi”, non c’ero mai stato: “Paolino” era il capo sala. Non lo vedevo da anni e neanche lo conoscevo. Poco dopo salii sul palco, spaccai una bottiglia di birra per fare uno “slide” perché al Mississippi si faceva sul serio. Si suonava blues e rock’n’roll, si “beveva peso” e si lasciavano i cuori infranti (per non dire qualcos’altro) fuori, sui cofani delle auto parcheggiate. Era nato il “Mississippi”, diventammo fratelli e a me sembrava di essere ad Austin come pochi anni prima».
Un lutto enorme, per Cappanera, la morte di Cordano. «“Paolino” è stato e sarà sempre una delle persone più buone, intelligenti, vere e con gli attributi che io abbia mai conosciuto – prosegue –. “London pub”, “Mississippi”, “Tijuana”, “The Barge”, i “Total Party”: insomma da barista, a direttore o manager , in molti lo chiamavano. Dove c’era “Paolino”, c’eravamo noi, il rock’n’roll, le belle donne e come diceva sempre: “Ora ce la spassiamo”. Tutta Livorno e gran parte della Toscana lo conosceva. È sempre stato un grande, in prima linea, sempre in tiro, diceva “Voi vi coprite, io mi vesto con grande stile”. Era il “capo assoluto”, Paolo rimaneva sempre nel giusto o nel torto con i suoi fratelli, mai un passo indietro. Arrivarono poi gli anni difficili – prosegue Cappanera – con la perdita dei genitori (era figlio unico e senza parenti) e una serie di scelte che io ho sempre rispettato, “perché il mondo fa schifo, perché ci hanno abbandonato tutti “hermano Kappa”, diceva sempre. Voglio ricordarlo così».
«Tutti lo conoscevano – sottolinea Cappanera – ma, diciamo, che se ne è andato un po’ nell’indifferenza di molti. Io stesso era da una settimana che provavo a chiamarlo, ma non rispondeva, pensavo: “Vabbè sarà incavolato con me...”. Una ventina di giorni fa ci vedemmo a casa sua, gli prestai dei soldi e il giorno dopo mi chiamò: “Kappa, fratello, perdonami ho fatto un disastro...”. E io: “Dai “Paolino” ti sei bevuto tutto in una notte eh?”. “No, ho speso tutto...”.Mi sono sbellicato dalle risate, gli ho detto che aveva fatto bene». «È morto solo e nell’indifferenza di molti. Ho dovuto scoprirlo io, come sempre: ciao Paolino ti voglio bene – conclude il musicista – sei morto il 20 dicembre, alle 15, io in quel momento ero al cimitero a trovare nonno e gli zii. Era il mio compleanno, me l’hai fatta anche stavolta».
