Il Tirreno

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Fine vita, la legge della Toscana davanti alla Corte Costituzionale

di Maria Meini

	Una manifestazione a favore dell’autodeterminazione al fine vita
Una manifestazione a favore dell’autodeterminazione al fine vita

Si decide sul conflitto di attribuzioni. All’udienza ha assistito l’Associazione Luca Coscioni

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Passa da un conflitto di attribuzioni la decisione sul fine vita, approdata alla Corte Costituzionale. Ieri, martedì 4 novembre, l’udienza pubblica davanti ai giudici della Consulta, ai quali il governo Meloni si è rivolto impugnando la legge toscana sul suicidio medicalmente assistito, approvata nel febbraio 2025 dal consiglio regionale. La Toscana è stata la prima regione a dotarsi di una legge in assenza di una normativa nazionale, che uniforma le modalità pratiche di attuazione di ciò che stabilisce, già da sei anni, la sentenza 242/2019 della Corte costituzionale. Che al termine dell’udienza si è riservata di decidere.

Il governo

Le posizioni restano distanti. In «materia di fine vita la competenza esclusiva è del legislatore statale»: è la tesi dell’Avvocatura dello Stato espressa ieri (martedì 4 novembre), durante l’udienza alla Consulta. Mentre in piazza del Popolo i Pro Vita & Famiglia Onlu hanno organizzato un flash mob al grido “Non mi uccidere”.

«L’esigenza di uniformità può essere assicurata solo dal legislatore statale», ha affermato l’avvocata dello Stato Gianna Galluzzo che, insieme al collega Giancarlo Caselli, rappresentava la Presidenza del Consiglio. Per il Governo, la legge regionale 16/25 della Toscana è in contrasto con i principi sanciti dall’articolo 117 della Costituzione. La disciplina del suicidio assistito, è la tesi sostenuta nel ricorso, rientra nella materia «ordinamento civile e penale riservata alla legislazione esclusiva dello Stato in quanto «incide su diritti personalissimi, tra i quali quello alla vita e all’integrità».

«Determinare un punto di equilibrio spetta esclusivamente allo Stato», ha aggiunto l’avvocato Caselli, secondo cui la legge della Regione Toscana è «in contrasto con quanto sancito dalla Consulta con le sue sentenze in materia di fine vita». Questo sul fronte governativo.

La Regione

«Non c’è stata alcuna invasione della potestà esclusiva dello Stato: noi siamo nell’alveo delle decisioni di questa Corte per cercare di dare sostegno alle persone in situazioni di sofferenza». Ha ribattuto l’avvocato Fabio Ciari, che in udienza alla Consulta rappresentava la Regione Toscana, la quale chiede che venga rigettato il ricorso del governo. «L’avvocatura dello Stato dà una lettura riduttiva delle sentenze di questa Corte sul fine vita ritenendole circoscritte all’aspetto penalistico, ma siamo nell’ambito del diritto e tutela della salute» ha aggiunto Ciari. Secondo l’avvocato, il punto di equilibrio lo ha già trovato questa Corte e la legge regionale lo ha mantenuto. Mentre la collega Barbara Mancino ha sottolineato che la norma regionale «ha disciplinato esclusivamente le modalità organizzative delle Asl perché i principi sono quelli stabiliti dalla Consulta».

Associazione Coscioni

All’udienza ha assistito l’Associazione Luca Coscioni, che ha depositato un parere scritto nel quale sostiene che la legge regionale «rispetta pienamente la cornice costituzionale e valorizza il principio di autodeterminazione», offrendo garanzie di tutela per chi chiede di accedere alla morte medicalmente assistita. Per l’associazione, di cui è segretaria, era presente l’avvocata Filomena Gallo. «La legge toscana – dice l’avvocata -, che abbiamo contribuito a scrivere con la nostra proposta di legge popolare “Liberi subito” si colloca pienamente nell’ambito delle competenze regionali in materia di tutela della salute, come stabilito dall’articolo 117 della Costituzione sulla ripartizione del potere legislativo esercitato da Stato e Regioni», e garantisce i «diritti fondamentali nel pieno rispetto della cornice costituzionale e del principio di autodeterminazione sancito dalla stessa Corte con la sentenza 242/2019 ».

«Per evitare discriminazioni nelle cure – aggiunge Gallo – è saggio da parte delle Regioni, come hanno fatto Toscana e Sardegna, stabilire delle normative interne, in attesa che il Parlamento emani norme generali, che stabiliscano tempi e garantiscano le modalità di accesso alle cure, nel rispetto della volontà della persona malata ad autodeterminarsi».

Dice Gallo: «Perché Laura Santi ha dovuto aspettare 2 anni e 8 mesi mentre Gloria 3 mesi? Dipende dalle Regioni, dall’introduzione delle prestazioni nei Lea (i livelli assistenziali di base) e dall’organizzazione delle Asl. Il ricorso del governo contro la legge regionale toscana vuole rallentare il percorso di applicazione del fine vita. Con una contraddizione palese. Nel caso di Libera, la donna che non può espletare da sola la somministrazione del farmaco letale, il governo ha detto in tribunale che la responsabilità è della Regione. In sede di Consulta, sulla legge regionale, parla di interferenza. Auspichiamo che la Corte costituzionale confermi il testo, il rispetto delle competenze regionali e respinga il ricorso governativo, a tutela dei diritti fondamentali delle persone malate».

 

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