Pisa, scontro in aula tra prof e studenti pro-Pal: tre elementi finora ignorati e la voce di una studentessa a lezione
La ricostruzione dei fatti va oltre le prime versioni: la ricostruzione dei primi momenti, l’appello contro l’intifada universitaria e quell’inno dell’estrema destra
PISA. La versione di una studentessa presente in aula, una strana canzone anti-comunista su Budapest inno dell'estrema destra e un appello contro “l’intifada antisemita nelle università”. Ci sono tre particolari, non irrilevanti, non ancora emersi nella vicenda della lezione interrotta dagli studenti pro-Pal all’università di Pisa e dell’alterco con il professore che voleva fermarli. L’accaduto ha assunto i contorni di una polemica nazionale, polarizzata, con immediati interventi di condanna verso “gli studenti violenti” da parte di Matteo Salvini (Lega), della ministra dell’Università Bernini e della vicepresidente dei deputati Pd Simona Bonafè. Ma prima di analizzarli e fare un fact-checking, ricapitoliamo la vicenda.
Venti attivisti pro-Palestina sono entrati in un’aula universitaria a Pisa bloccando la lezione del professore di diritto pubblico comparato Rino Casella, che ha provato a continuare la lezione finendo per discutere in maniera animata con gli studenti. Lite arrivata allo scontro fisico – Casella ha detto di avere ricevuto un pugno frapponendosi tra gli attivisti e alcuni studenti che provavano a toglierli dalle mani la bandiera palestinese – con il professore che ha sporto denuncia “per interruzione di pubblico servizio e per l’aggressione subita”.
La versione della studentessa in aula: «Il prof li ha subito spinti fuori in malo modo»
Nel fare cronaca bisogna rimanere fedeli a un principio: se non si è presenti durante un episodio che si racconta, ecco che le testimonianze diventano fondamentali. Come telecamere che riprendono la stessa scena ma da diverse angolature. Ci sono diversi video girati in aula ma in nessuno si assiste ad aggressioni violente vere e proprie: si vede l’alterco tra il professore alla cattedra e i ragazzi, i ragazzi che provano a prendere il microfono e il prof che li ferma, le urla, il forte nervosismo e in altri video anche degli spintoni tra due studenti mantenuti comunque a distanza.
La versione del professore è molto chiara, lui stesso ha avuto modo di raccontarla su diversi media: «Ho preso calci e pugni quando ho cercato di fare da scudo a uno studente picchiato. È stata un'aggressione che non ho nessun problema a definire fascista, perché è una squadraccia fascista che mi ha interrotto».
Ecco invece la versione di una ragazza presente in aula per seguire la lezione. Non un’attivista, dunque. «Appena aperta la porta, (i ragazzi ndr) sono stati aggrediti dal professore, che alzatosi infuriato ha cercato di spingerli fuori in malo modo e mettendogli le mani addosso. Dopodiché la situazione è sfociata nel caos». Sulla sua contrarietà all’intervento dei ragazzi durante la lezione si è d’altronde espresso limpidamente anche il docente: «L'università non si può interrompere. Una lezione non si può interrompere. È stato un attacco all’istituzione, non a me. Io rappresento l’università, non Rino Casella».
Riguardo all'aggressione la studentessa aggiunge: «Non posso dire che non sia stato spintonato, sarebbe una bugia, ma non è finito a terra o niente del genere». Come sappiamo, Casella parla di un pugno e ha spiegato di avere una prognosi di sette giorni.
“Hanno preso di mira il professore sionista”, ma gli studenti hanno girato tutte le aule
In diverse ricostruzioni emerge come gli studenti avessero preso di mira il professor Casella esplicitamente, in quanto contrario al movimento pro-Palestina. Lo esplicita ad esempio il deputato toscano di Fratelli d’Italia Giovanni Donzelli, che ha parlato di «docenti presi di mira». In realtà, come abbiamo verificato, gli studenti sono andati al Polo Piagge e sono entrati in diverse aule, tutte quelle dove erano in corso lezioni, non solo quella del professor Casella, In nessuna aula, da quel che risulta, ci sono stati diverbi o scontri. La ragazza a lezione spiega «che i ragazzi stavano girando il polo rubando giusto due minuti di lezione ad ogni professore per parlare pacificamente della causa che portgavano avanti, no hanno occupato nessuna aula». Versione che troverebbe conforto in uno dei video, dove una ragazza, a litigio in corso tra le parti, dice al megafono: «Volevamo interrompere la lezione per due minuti, ma forse ci intratterremo un po’ di più perché gente così non merita spazio all’interno della nostra università». Nei video circolati sulla vicenda si sentono i ragazzi chiamare “sionista” il professor Casella, che risponde dando loro dei “fascisti”.
L’appello “contro la nuova intifada antisemita nelle università”
Nel giugno dello scorso anno il direttore del Foglio, Claudio Cerasa, ha lanciato un appello a professori e studenti universitari affinché denuncino l’uso distorto delle università da parte di attivisti che mascherano l’antisemitismo sotto l’antisionismo. Secondo Cerasa, sostenere la causa palestinese significa opporsi ad Hamas e chiedere la liberazione degli ostaggi, non legittimare terrorismo o odio. L’articolo invita il mondo accademico “a non tacere quando i nostri studenti si trasformano negli utili idioti della nuova intifada globale”. Tra i firmatari di quell’appello c’è il professor Rino Casella, a conferma della contrarietà da lui stesso dichiarata riguardo alle posizioni pro-Pal.
La canzone di Budapest che piace ai fascisti
La videocamera dello smartphone puntata sulla cattedra mentre professore e attivisti litigano e poi le note di una canzone intonate da uno studente sottovoce: “Avanti ragazzi di Buda, avanti ragazzi di Pest, studenti, braccianti, operai il sole non sorge più ad Est!”. Cosa c’entra una canzone scritta dall’inventore del Bagaglino, Pier Francesco Pingitore, che parla dei fatti dell'Ungheria ‘56 con la nostra vicenda? Molto. E molto poco. Tra i primi a pubblicare i video di quanto accaduto in aula a Pisa è arrivata l’associazione di destra Azione Universitaria.
“Avanti ragazzi di Buda” racconta l’insurrezione a Budapest dal punto di vista dei rivoltosi schiacciati dai carrarmati sovietici. Non ci sono elementi di propaganda fascista nel suo testo, ma da decenni l’estrema destra italiana lo ha inglobato tra i suoi inni. Pingitore stesso definì la sua creatura, il Bagaglino, come un luogo di “fascismo anarchico". Nel 2020 due senatori leghisti presentarono un disegno di leggere per chiedere che fosse riconosciuta come “espressione dei valori fondanti della Repubblica”. Ed è facile reperire video della Curva Sud laziale ripresa dall’alto, con un folto stuolo di braccia tese, mentre canta enfaticamente la canzone di Pingitore.
Una dimostrazione ulteriore, insieme alle reazioni immediate di condanna da parte della politica, della polarizzazione sinistra-destra sul tema della guerra di Gaza, che ha travolto anche quanto accaduto nell’aula pisana. Una modalità non fa bene ai fatti e alla loro corretta ricostruzione.