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Zero donne ai vertici dei porti in Italia? La Filt Cgil alza la voce. E c’è “l’eccezione” Livorno

di Maurizio Campogiani

	(foto di repertorio)
(foto di repertorio)

I segretari nazionali Casula e D’Alessio fanno proprie le proteste di Wista Italy, l’organizzazione che sostiene le donne operanti nel settore marittimo

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Si accende il dibattito dopo la nota con la quale Wista Italy, organizzazione internazionale che sostiene le donne che lavorano nel settore marittimo, ha lamentato l’assoluta assenza di elementi femminili nel puzzle che è andato componendosi per le presidenze delle autorità di sistema portuale italiane. La Filt Cgil rilancia la protesta di Wista Italy e propone un’iniziativa a livello nazionale da tenersi nel prossimo mese di settembre. Sulla questione intervengono direttamente Cecilia Casula e Amedeo D’Alessio, rispettivamente segretaria e segretario nazionale dell’organizzazione sindacale.

«Raccogliamo la denuncia di Wista Italy – sostengono – e continuiamo a chiedere strumenti dedicati alla valorizzazione dei percorsi di carriera nei porti per tutte le donne e formazione mirata e continua. Servono misure volte a garantire e soprattutto accrescere la rappresentanza femminile nei porti e la sua rappresentatività nell’alveo più generale anche delle catene di comando, iniziando, sin da dopo la pausa estiva, con un'iniziativa specifica su questi temi».

Wista Italya aveva inviato una lettera al Governo nella quale aveva sottolineato che in 30 anni di Legge 84/94 ci sono state solo due donne presidenti e sei segretarie generali, a fronte di circa trecento nomine complessive e rimarcando che questa esclusione del sesso femminile dai vertici portuali rappresenta un danno per la crescita.

«Su 1 milione e 200 mila marittimi in attività a livello globale –riprendono Casula e D'Alessio – le donne rappresentano solo il 2%. Si tratta di numeri molto allarmanti se si considera che di questo 2% più del 90% sono impiegate nel settore crocieristico. Alle difficoltà di accesso ai livelli manageriali e di vertice aziendale, che spiegano le retribuzioni più basse delle donne rispetto agli uomini, si aggiunge poi il minore accesso delle donne ai settori tecnologici e informatici, fattore che concorre a determinare un grado di retribuzione inferiore. Le donne rappresentano solo il 6% del personale che lavora in porto e solo l'1,7% nelle compagnie portuali ex articolo 17 legge 84/94. Fanno eccezione Livorno e Napoli con un 20% di donne portuali, mentre tra i terminalisti si arriva all'8%. Nella logistica la situazione migliora con il 13%, dove invece le donne raggiungono la parità sono le autorità portuali con ben il 47% di donne presenti, tra cui il 46% di quadri e il 31% di dirigenti».

«Vi è l'assenza totale di donne a capo delle autorità portuali – incalzano Casula e D’Alessio – e l’attuale tornata di nomine ai vertici dei porti italiani non vede comparire la presenza di nessuna donna. Non è solo un problema di parità di genere, è un problema di crescita e sviluppo del settore, di pari opportunità, di riconoscimento delle competenze, certificate, che, senza tema di smentita, esistono. Un problema anche di approccio culturale».

«Lo scorso giugno – concludono i due massimi dirigenti della Filt Cgil – insieme a Fit Cisl e Uiltrasporti con Assoporti, Uniport, Assiterminal, Ancip e Assologistica abbiamo siglato un protocollo sulla parità e sul contrasto alla violenza di genere, proprio per rafforzare sempre di più l’impegno e la necessità, ormai improcrastinabile, di rendere patrimonio comune di tutti e tutte la realizzazione di una vera e tutelata equità».

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