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Così l’AI generativa sta rivoluzionando il mondo del cinema

di Daniela Marzano *

	(foto di repertorio)
(foto di repertorio)

Nasce una generazione di attori “virtuali”: fino a ieri fantascienza e oggi strumenti di lavoro

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Nel mondo dorato del cinema, affollato da attori e registi in corsa contro il tempo tra set, luci e scenografie per regalarci continuamente sogni, negli ultimi anni qualcosa è cambiato. La presenza dell’intelligenza artificiale generativa, silenziosa ma costante, sta attraversando ogni fase della produzione audiovisiva. Si tratta di una forma avanzata - e per certi versi allarmante - di intelligenza artificiale (AI), in grado di fornire risposte rapide, creative, originali e sorprendentemente pertinenti alle richieste più disparate. Dalla scrittura dei copioni alla postproduzione, dall’analisi predittiva dei dati alle voci sintetiche, questa tecnologia si sta insinuando nei processi creativi con una velocità impressionante ed è impossibile ignorarla, perché da un lato promette efficienza, risparmio e nuove possibilità narrative, ma dall’altro solleva interrogativi profondi sull’etica, sul diritto d’autore, sulla tenuta del lavoro umano davanti a una trasformazione che sembra inesorabile.

La grande rivoluzione dell’AI

È proprio lontano dai riflettori che l’AI ha fatto il suo primo ingresso nel cinema. Le grandi case di produzione l’hanno adottata per analizzare dati, prevedere l’andamento al botteghino, valutare la forza commerciale di un cast o il potenziale di una sceneggiatura. Nel 2020, la Warner Bros ha siglato un accordo con la startup Cinelytic di Los Angeles per utilizzare algoritmi di AI in grado di prevedere il successo di un film già in fase di sviluppo, basandosi su dati storici. Una rivoluzione silenziosa ma decisiva: l’AI è diventata presto uno strumento di supporto alla scrittura, capace di analizzare, rielaborare e potenziare copioni esistenti. Superata la barriera che faceva della creatività una prerogativa esclusiva dell’uomo, l’AI si è insinuata nel cuore pulsante della produzione per ottimizzare tempi e risorse. Sul set può suggerire inquadrature, calcolare la luce ideale, coordinare movimenti degli attori virtuali o generare animazioni in tempo reale. Uno degli aspetti più divisivi riguarda la generazione autonoma di contenuti visivi e video: software sempre più sofisticati possono creare scene, personaggi, ambientazioni e persino effetti speciali senza ricorrere alle tecniche tradizionali, con livelli di dettaglio che sorprendono anche i professionisti. Nella fase di postproduzione, l’AI esprime oggi le sue capacità più avanzate. Algoritmi evoluti selezionano e montano le sequenze migliori, correggono i colori fotogramma per fotogramma, ripuliscono l’audio da rumori indesiderati, sincronizzano immagini e dialoghi con precisione chirurgica. In alcuni casi, l’intelligenza artificiale riesce persino a rigenerare parti danneggiate o mancanti, che in passato avrebbero richiesto nuove giornate di riprese.

Attori virtuali

Non si tratta però di un cambiamento solo tecnico: è linguistico, estetico, quasi ontologico. L’intelligenza artificiale sta dando vita a una nuova generazione di attori “virtuali”, fino a ieri materia da fantascienza e oggi strumenti concreti di lavoro. Volti realistici mai esistiti prima, capaci di recitare intere scene con espressioni credibili e movimenti fluidi, vengono generati dai computer in pochi clic. Li troviamo già in spot pubblicitari, cortometraggi indipendenti, doppiaggi multilingue, grazie a voci sintetiche capaci di riprodurre toni, pause e inflessioni con una naturalezza sorprendente. Anche il mondo della musica ne è coinvolto: l’AI può comporre partiture originali, creare sonorità su misura adattandosi allo stile del film in modo automatico.

Hollywood in allarme

Il fenomeno ha acceso più di un campanello d’allarme tra le maestranze del settore. Il 2 maggio 2023 la Writers Guild of America - il sindacato che rappresenta oltre 11.000 sceneggiatori – ha indetto uno sciopero che è durato circa 150 giorni, il primo dopo 15 anni. Per la prima volta, tra le richieste sindacali è comparso il ruolo dell’AI nei processi creativi. Il timore è che l’automazione possa sostituire l’ingegno umano e svuotare di senso il concetto di autorialità.

Le questioni etiche

L’uso dell’AI ha sollevato temi sensibili, a partire dalla ridefinizione del concetto di creatività. Se l’AI è in grado di scrivere, montare, sonorizzare, a cosa è destinato il ruolo dell’essere umano in futuro? Se l’intervento dell’uomo si limita alla sola supervisione tecnica, non rischia forse di impoverirsi anche il valore artistico dell’opera? E ancora, chi detiene i diritti su un contenuto creato da un algoritmo: il programmatore, l’utente che ha fornito l’input o l’algoritmo stesso? È lecito ricreare digitalmente il volto di un attore defunto?

Un patto da riscrivere

Una cosa è certa: l’AI non è una moda passeggera. È una trasformazione di lungo periodo, che ridefinirà linguaggi, ruoli e competenze. L’industria audiovisiva si trova oggi davanti a una sfida non solo tecnologica, ma giuridica, culturale e morale. Il futuro vedrà sempre più integrati talento umano e intelligenza artificiale, non come nemici ma come alleati. Il segreto sarà riuscire a bilanciare innovazione e tradizione, tecnologia e creatività, in un nuovo patto narrativo tra uomo e macchina non per cedere il testimone, ma per condividerlo, perché la tecnologia può scrivere una storia, ma solo l’uomo può darle un senso.

* giornalista, formatrice e ricercatrice sull’Ai generativa (Università di Foggia), presidente di Cna Cinema e Audiovisivo di Massa

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