Corriere di borse di lusso ucciso, in tre a giudizio: per l’accusa agirono con crudeltà
Grosseto, per il delitto di Nicolas Matias Del Rio contestata anche la premeditazione: no al rito abbreviato. La tesi delle difese
GROSSETO. Crudeltà, nesso teleologico e premeditazione: sono le aggravanti contestate a Klodian Gjoni (nato il 20 febbraio 1991 in Albania, residente a Castel del Piano), Ozgur Bozgurt (nato il 14 settembre 1986 in Turchia, residente ad Arcidosso) ed Emre Kaia (nato il 10 luglio 1996 in Turchia, residente ad Arcidosso), i tre uomini imputati per rapina, omicidio e occultamento del cadavere di Nicolas Matias Del Rio, il corriere argentino quarantenne scomparso il 22 maggio 2024 e trovato senza vita in fondo al pozzo di una villetta di Case Sallustri (frazione di Arcidosso) il 25 giugno seguente.
Questa mattina, dopo il colpo di scena di venerdì 5 (Kaia aveva cambiato legale all’ultimo momento), alla presenza dei rappresentanti delle parti civili il giudice Giuseppe Coniglio ha deciso per il rinvio a giudizio degli imputati.
Gli avvocati dei tre (Alessio Bianchini e Riccardo Lottini per Gjoni, Massimiliano Arcioni e Claudio Cardoso per Bozgurt, e Romano Lombardi per Kaia, tutti del Foro di Grosseto) avevano chiesto il rito abbreviato per i rispettivi assistiti allo scopo di ottenere – in caso di condanna – uno sconto di pena; e hanno contestato le aggravanti: i tre, che di fatto non si sono sottratti ai capi di imputazione, in estrema sintesi sostengono che la morte del corriere sia stata “accidentale”.
In questo contesto la posizione di Georgiana Eugenia Bartic (nata il 31 luglio 2000 in Romania, residente ad Arcidosso) era stata invece stralciata: assistita e difesa di fiducia dall’avvocato Roberto Ginanneschi (Foro di Grosseto), imputata per la ricettazione di alcune delle borse, andrà al patteggiamento a luglio.
Del Rio, al suo primo giorno al volante del furgone della ditta di trasporti, doveva consegnare un carico di borse Gucci del valore stimato in mezzo milione di euro; lungo il tragitto venne fermato con una scusa e da quel giorno non si ebbero più sue notizie. I carabinieri trovarono il suo furgone, vuoto, dato alle fiamme. Le indagini – intercettazioni, pedinamenti e visione dei filmati delle telecamere – portarono ai tre imputati e fino alla villetta dove si riteneva che Del Rio fosse trattenuto contro la sua volontà, nella soffitta.
Soffitta nella quale, secondo il pubblico ministero Giovanni De Marco, che aveva coordinato le indagini insieme alla collega Valeria Lazzarini, il corriere sarebbe stato tenuto prigioniero per giorni, in condizioni tali da causare il decesso: imbavagliato, legato e privato di un adeguato sostentamento. La morte sarebbe sopraggiunta, stabilirà l’autopsia, per una combinazione di soffocamento e strangolamento.
Il punto è questo: secondo l’accusa Gjoni, Bozgurt e Kaia avrebbero maturato il proposito di compiere il delitto studiandone in anticipo le modalità di attuazione, avrebbero ucciso Del Rio per impedirgli di parlare, e lo avrebbero fatto senza pietà; secondo la difesa, invece, la situazione sarebbe loro “sfuggita di mano”.
«Ci presenteremo in aula con il proponimento di dare la massima collaborazione», preannunciano i difensori di Gjoni.