Chirurgia estetica e i giovani, la psichiatra: la dismorfofobia e cosa valutare prima di un intervento
Liliana Dell’Osso: in chi ricorre alla chirurgia estetica quanto conta il giudizio altrui e quanto il proprio?
Liliana Dell’Osso, presidente della Società Italiana di Psichiatria, interviene sul tema della chirurgia estetica legata soprattutto ai giovani.
La richiesta di ritocchi sia chirurgici che estetici al volto (ma anche al seno) da parte di adolescenti e giovani adulti ha avuto un boom negli ultimi anni.
L’aspetto, nella società di oggi, può essere considerato un buon investimento: può, ad esempio, far guadagnare un lavoro nella società della comunicazione, nella pubblicità, nel business dell’intrattenimento.
In altri casi, purtroppo, si entra nella patologia mentale: si pensi a quelle figure che di tanto in tanto compaiono sui media, dopo essersi sottoposte ad innumerevoli interventi per diventare “sosia” di una celebrità o per assumere un aspetto particolarmente seducente o ancora per somigliare alla propria immagine digitale ritoccata con il photoshop, cosiddetta selfie chirurgia. La chirurgia estetica è un atto medico e, come sempre in medicina, il veleno sta nella dose.
La società di oggi ci vuole tutti bellissimi, siamo nell’era dell’immagine, o almeno così da tempo si sostiene.
In generale, si considerano gli anni ’80 come il momento centrale della “rivoluzione estetica” in atto. Questa fu dapprima connessa all’anoressia nervosa, disturbo sempre esistito sotto spoglie diverse in base alla motivazione addotta nelle varie epoche per il digiuno estremo: nel Medioevo si cercava la santità, negli anni ’80 l’immagine corporea ideale, mentre oggi si assiste al dilagare dell’ortoressia nervosa, l’ossessione per il mangiar sano, bio.
Quello che voglio dire è che i fattori sociali sono certamente importanti, ma a volte si limitano a plasmare la manifestazione clinica di un disturbo che trova la sua origine in una tendenza pre-esistente (di stampo autistico) alla ruminazione mentale sul tema del momento.
Altre volte la chirurgia viene effettuata in risposta a sentimenti di inadeguatezza e autosvalutazione o nel contesto di uno stato di esaltazione e incongruità dell’umore di un disturbo bipolare. Si capisce che in tal caso, il consiglio è quello di stabilizzare umore, affettività e cognizione prima di decidere per un percorso di tipo estetico.
Sempre più spesso si parla di dismorfofobia (dal greco dis-morphé, immagine distorta, e phobos, fobia), un disturbo caratterizzato da una preoccupazione intrusiva e persistente per un difetto fisico, in realtà lieve o addirittura inesistente. A tale condizione si affiancano pensieri ossessivi, dacché il paziente si sentirà osservato da tutti, e penserà che tutti parlino del suo difetto, in termini dispregiativi. Per paradosso, e proprio per la natura ossessiva della malattia, il paziente può addirittura essere consapevole che il difetto in questione non sia poi così grave, ma non riuscire a liberarsi dalla polarizzazione ideativa angosciosa su di esso.
In chi ricorre alla chirurgia estetica quanto conta il giudizio altrui e quanto il proprio?
Distinguerei due piani. Immaginiamo chi ricorra alla selfie chirurgia per piacere o per vantaggio professionale: magari è un libero professionista, un modello o una modella, o qualcuno che lavora con i nuovi media. In tal caso, egli probabilmente adotterà un compromesso fra il proprio gusto e una scelta che sia efficace. Mentre chi agisce per paura del giudizio altrui potrebbe avere da tempo un disturbo della propria immagine e delle proprie relazioni interpersonali. In questi casi il disturbo mentale emerge prima; le scelte maladattative, qualora quella di svolgere un intervento lo sia nel caso specifico, compaiono in un secondo momento.
In conclusione, la chirurgia estetica, come branca medica, esiste in quanto può portare dei vantaggi. A ben pensarci, sarebbe assurdo il contrario. Ma, proprio in quanto tale, per essa non sono sospesi i canoni generali della professione medica. I pro e i contro devono sempre essere valutati nel singolo caso, con tutte le sfaccettature (anche psichiche) che esso può presentare.
Al momento l’unica condizione in cui è prevista la chirurgia estetica è la “disforia di genere”, depatologizzata nell’attuale classificazione dei disturbi mentali, in cui sono state incluse specifiche modifiche nel linguaggio con l’intenzione di ridurre lo stigma, sottolineando come essa non sia una scelta del soggetto. Nell’ambito di un percorso che va dagli accertamenti psicologici alle cure ormonali, si può impiegare, ove indicata, la chirurgia di riassegnazione di genere.