Ramadan a Prato, la prima volta nel cortile della parrocchia. Poi il vescovo prende il caffè con gli imam
La Diocesi ha messo lo spazio a disposizione del Centro islamico bengalese. Monsignor Nerbini: «Un atto di amicizia nell’anno giubilare dedicato al tema della speranza»
PRATO. Oltre 200 musulmani di nazionalità bengalese hanno celebrato stamattina, 30 marzo, la fine del Ramadan nel cortile della parrocchia di San Domenico. E’ la prima volta a Prato che uno spazio cattolico viene “prestato” ai credenti di fede musulmana per una festa religiosa.
«Quando la comunità bengalese ci ha inviato la richiesta di poter utilizzare degli spazi per la preghiera del Ramadan abbiamo deciso di metterci a disposizione, cercando una soluzione adatta alle loro esigenze e nel rispetto dei nostri ambienti – aveva spiegato il vescovo di Prato monsignor Giovanni Nerbini – A Prato convivono persone provenienti da tutto il mondo, appartenenti a confessioni religiose diverse. La reciproca conoscenza e la collaborazione non solo sono auspicabili, ma necessarie per riuscire a vivere una proficua convivenza. Da anni la Chiesa italiana, all’inizio del Ramadan invia alle comunità islamiche un saluto e la raccomandazione nella preghiera durante questo momento così sacro per la loro fede. Noi abbiamo deciso di permettere loro di riunirsi e crediamo che questo gesto possa essere un atto di amicizia molto significativo nell’anno giubilare dedicato al tema della speranza».
La comunità bengalese a Prato conta circa 500 persone, oltre duecento delle quali, come detto, si sono ritrovate stamattina all’alba nel cortile di San Domenico, gli uomini all’aperto sotto gli alberi, mentre una trentina di donne sono state sistemate nei locali adiacenti.
I musulmani provenienti dal Maghreb, invece, che rappresentano la comunità più numerosa, si sono ritrovati come al solito al parco dell’ex Ippodromo, e i pachistani sono andati al palasport di Maliseti.
Quello che è stato celebrato nel cortile interno di San Domenico è l’Eid al-Fitr, la celebrazione che segna la fine del Ramadan. È la festa che interrompe il digiuno dopo un mese di astinenza vissuta dall’alba al tramonto. «Per noi – dice Mohammad Ajman Hossain, coordinatore del Centro islamico bengalese di Prato – è una occasione speciale, un momento di preghiera, gratitudine e di ritrovo con la famiglia e la comunità».
Hossain spiega che «il nome Eid al-Fitr significa letteralmente “Festa della rottura del digiuno” e per questo è un momento di gioia, gratitudine e unità. È un giorno per ringraziare Allah per aver dato forza e pazienza durante il Ramadan. I musulmani si riuniscono per speciali preghiere congregazionali nelle moschee e nei campi aperti, cercando benedizioni e misericordia. La giornata inizia con una preghiera chiamata Salat al-Eid, seguita da un sermone. Prima delle preghiere dell’Eid ogni musulmano che può permetterselo dona cibo o denaro ai poveri, assicurandosi che tutti possano festeggiare». Hossain conclude: «L'Eid al-Fitr è più di una semplice celebrazione: è un promemoria di compassione, gratitudine e dell'importanza di aiutare chi è nel bisogno. Rafforza i legami della comunità e diffonde amore e gentilezza tra le persone».
Quando hanno terminato la preghiera per la fine del Ramadan nel cortile della parrocchia di San Domenico, hanno deciso di andare a ringraziare il vescovo Giovanni Nerbini per aver concesso loro questo spazio. Così nella centralissima piazza Duomo, gli imam del centro islamico bengalese di Prato, insieme ad alcuni membri della comunità, hanno bevuto un caffè insieme al vescovo seduti al tavolino di un bar. È stato più di un incontro interreligioso, ma un momento di amicizia e di reciproca conoscenza.
«Nei suoi documenti, come la Fratelli tutti, papa Francesco ci ha ricordato che siamo tutti responsabili della stessa storia e dello stesso mondo – afferma monsignor Giovanni nerbini – di fronte a questo noi abbiamo due possibilità: o continuare con le pulizie etniche e religiose come abbiamo fatto nel passato e come avviene ancora in qualche parte del mondo, oppure andare oltre quello che è stato, non sentirsi nemici, e capire che questa Terra ci è data a tutti perché l'abitiamo nella giustizia, nell'amore e nella pace. Credo non ci siano alternative. Io – ha proseguito il vescovo – sono sempre stato convinto della necessità di scoprire la bellezza dell'altro, che è vestito diverso, parla una lingua diversa, ha una fede diversa ma è una persona, un uomo e lo abbiamo visto questa mattina visto prendendo il caffè insieme. Secondo me è una ricchezza quella di mettere insieme le specificità di cui siamo portatori».
«Abbiamo iniziato secondo programma alle 8,30 del mattino – dice il coordinatore Mohammad Ajman Hossain – Abbiamo recitato le preghiere e il nostro Imam ha pronunciato un discorso dal Corano sulla nostra vita quotidiana, su come possiamo prepararci e impegnarci a fare del nostro meglio in tutti gli aspetti della vita». Poco dopo le ore 9 la preghiera è finita e i partecipanti hanno lasciato con ordine San Domenico.
Durante l'incontro in piazza Duomo, bevendo il caffè insieme, Hossain ha chiesto a monsignor Nerbini la possibilità di potersi incontrare di nuovo e di utilizzare in futuro gli ambienti di San Domenico, sempre nel reciproco rispetto. Monsignor Nerbini si è detto disponibile e ha ribadito l'importanza «di coltivare i rapporti di amicizia, se ci vogliamo bene certamente non spariscono le differenze, ma vanno in secondo piano». Una bella foto di gruppo davanti alla cattedrale di Prato ha concluso la mattinata.