Carrara, segnalano «rifiuti pericolosi»: scattano i sigilli alla ex segheria
La polizia locale sequestra il capannone che fu della Sgs. L’azienda è chiusa da tempo: è giallo sulla provenienza del materiale
CARRARA. Ecco il capannone “abbracciato” dal nastro biancorosso, quello che si usa per segnalare e delimitare aree offlimit. Accostato alle voci che in città corrono, il segnale è inequivocabile: c’è stato un sequestro. Parliamo dell’immobile che ospitò una grande segheria. Nel piazzale non ci sono blocchi di marmo, l’attività d’impresa, venne interrotta tempo fa, eppure, di recente qui hanno fatto irruzione agenti della polizia locale. La perlustrazione è stata notata.
Dal viale XX Settembre, al semaforo della località La Fabbrica, si imbocca via di Stabbio, la stradina che si trova sulla sinistra per chi sale verso il centro città. Dopo qualche decina di metri, c’è uno dei ponticelli sul fiume Carrione. Proprio qui, al civico 10, era operativa la Sgs, acronimo di Segheria Graniti Stabbio, una bella attività imprenditoriale, con capannone, macchinari e un grande spiazzo sul davanti per depositare blocchi di pietra; società a responsabilità limitata, aveva come core-business la segagione e la lavorazione di marmi e prodotti lapidei. All’esterno non ci sono “blocchi” da tagliare e sul retro sono cresciuti spontaneamente cespugli, segno che qui non si lavora da tempo.
Chi ha casa tra via di Stabbio e via Campiglia venerdì ha avuto modo di vedere l’arrivo della polizia locale: «Ci sono stati un po’», riferisce un residente. Poi sono comparsi gli effetti dell’ispezione: un nastro biancorosso cinge tutto il corpo del capannone includendo anche un grosso container celeste che si trova nel piazzale davanti all’immobile. Si viene a sapere che proprio venerdì c’è stato un controllo messo a segno da agenti della polizia locale in tandem con il personale dell’Ufficio ambiente di Palazzo civico. Il capannone è stato posto sotto sequestro. Ci sono indagini in corso per accertamenti che riguardano ipotesi di violazione di norme legate al contrasto di reati ambientali. E fin qui è tutto nero su bianco.
Si viene a sapere, poi, che al centro delle verifiche ci sarebbero – il condizionale è d’obbligo – rifiuti. «Rifiuti pericolosi»: così avrebbe detto chi ha alzato il velo sull’affare, facendo scattare l’incursione della Municipale. Certo è che l’azienda non è più produttiva, e che l’attività è sospesa da tempo: va da sè che anche gli ultimi titolari d’impresa potrebbero essere completamente all’oscuro della presenza di quei rifiuti. Emerge, che l’Arpat – l’Agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana – sarebbe già intervenuta per campionare il materiale potenzialmente “incriminato”: si cerca di capire di cosa si tratta. Nulla trapela al momento: «Poiché si tratta di un intervento seguito dall’autorità giudiziaria», comunica l’Arpat
Stando sul ponticello di via di Stabbio, da cui si ha un’ottima visuale del capannone e del piazzale che furono al servizio della Sgs, non si avvertono cattivi odori, che non possono dunque essere alla base della segnalazione. Chi e perché ha indotto il sopralluogo? È un giallo. Ma il mistero più fitto è su chi abbia “parcheggiato” i rifiuti proprio lì. Da dove arrivano, cosa sono, di chi sono?
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