Carrara, il castello di Moneta sull’orlo del precipizio: viaggio nel borgo storico da salvare
Ultima allerta dalla collina: a rischio crollo le mura perimetrali della chiesa del borgo. La nostra visita ai fratelli proprietari dell’ultima torre rimasta del tutto integra
CARRARA. C’è un nuovo segnale di allerta che si staglia dalla collina di Moneta: cedono i ruderi – i muri perimetrali – di quella che fu la chiesa del borgo. Siamo sotto l’antico Castello, la cui prima traccia negli Annales risale al 1045: allora già troneggiava dall’altura. Nel frattempo non è stata scalfita la valanga di terra e sassi effetto di una frana del 18 aprile che si è divorata 16 metri della storica cinta muraria: strozza il tratto di strada comunale che porta a ciò che resta del fortilizio, interrompendo bruscamente il “passante” che collega la via comunale di Moneta con la via Forestale. Il Castello è sull’orlo di un precipizio, come ha denunciato più volte la Pro Loco Salviamo il Castello di Moneta, che lancia appelli dall’omonima pagina Facebook.
Tutto bloccato
Cosa si aspetta a intervenire? Il Tribunale. I proprietari di una quota di ciò che è franato a valle (muro, terreno?) hanno citato il Comune. Chiedono la verifica dello stato dei luoghi. È tutto in standby. Operai e tecnici, spediti dall’Amministrazione comunale, sono di recente intervenuti «ma su di una vecchia frana, all’inizio della via Forestale», spiegano dalla Pro loco; quel cantiere era previsto indipendentemente dalla “slavina” di aprile. E pensare che Moneta – quel che resta del borgo e del Castello – è un Luogo del Cuore per i carraresi. E non è vero che è disabitato e che lì frana tutto, irrimediabilmente.
Un percorso unicum
Sabato 23 agosto, ore 11, Fossola. Da piazza San Giovanni, Il Tirreno imbocca via Moneta. Si sale. Si arriva all’abitato del Ciocco. Ogni dieci metri, lungo la stradina – un tempo acciottolata oggi cementata – c’è una maestà, una marginetta, una piccola scultura: sembrano doni al Genius Loci. Dopo un cammino tutto in salita si arriva ai ruderi di quella che era la chiesa di San Giovanni. Dietro di essi spicca una torre. L’ultima torre rimasta integra del Castello di Moneta. È casa dei fratelli Ratti: Carlo, titolare di un’agenzia di viaggi ad Avenza, e Luca, commerciante nel settore marmo. Il Tirreno è loro ospite.
Una storia di famiglia
Vivono altrove, in città, i due fratelli, ma qui vengono il fine settimana, d’estate, per la vendemmia: filari di uva bianca e rossa abbracciano la torre dalla base mentre, entrati dal cancello, si è accolti da rosmarino e salvia. È la casa di famiglia dove sono cresciuti, la maison delle loro estati di bambini. Era del trisnonno Claudio Boni che, andato chissà-dove a cercare fortuna, tornò a Carrara tra la fine dell’ ’800 e gli inizi del ’900: la proprietà arriva dalla nonna che sposò un Ratti. La torre rimase abitata dalla famiglia Boni-Ratti tutti i giorni fino al ’47 quando si trasferirono allo Stadio. Da quel momento la casa di Moneta diventò il buen retiro. Di famiglia. E tale continua a essere.
Tutto intatto
Si varca la soglia, che frescura regalano queste mura antiche. Nelle fondamenta della torre c’è l’antica cisterna ancora funzionante per la raccolta dell’acqua e nell’altra parte del locale c’è la cantina: si fa il vino nel ventre dell’antica torre. Al primo piano c’è un salottino, la camera da letto, il bagno. Si sale qualche scalino e c’è la cucina: qui la sera – quando Carlo e Luca erano bambini – si chiudeva una specie di botola in legno e genitori e figli, zii e cugini sedevano tutti a tavola; c’è il camino con la canna fumaria d’epoca, al soffitto ci sono le travi in legno, quasi tutte originali. Si scivola nella terrazza. Siamo all’apice della torre. Meraviglia. È un panorama mozzafiato: da quassù si può vedere la Carrarese quando gioca in casa, si coglie la Torre Fiat, le gru Gottwald del porto. È quasi tutto rimasto identico al Tempo-che fu. Conservato in maniera straordinaria. Merito della famiglia Ratti. Che gode di tanta bellezza ma che è anche custode di un luogo che – altrimenti – sarebbe finito inghiottito dall’incuria e dal passare del tempo.
I timori e la speranza
Adesso i fratelli Ratti temono per i ruderi dell’antica chiesa, che si trovano sotto la torre: saranno ricevuti dalla sindaca Serena Arrighi, riferiscono. Aggrediti dall’edera che è cresciuta come fossimo in una savana, hanno già cominciato a perdere pezzi: cadono nel vigneto, investendo i filari; sarebbe il male minore questo, a detta dei Ratti: se franassero rovinosamente, piuttosto, investirebbero la strada comunale, occluderebbero l’unico passaggio e potrebbero riversarsi anche a valle, dove ci sono altre case. La speranza è che Moneta, il suo borgo, il suo Castello siano salvati: per tutelare la proprietà privata ma anche per salvaguardare un luogo che è un unicum. Occorrerebbero investimenti. E forse anche il tempo-che non c’è: soprattutto se il fare dovesse essere scandito dai tempi imposti dalla giustizia civile.