Livorno, nessun processo per il giovane che ha travolto e ucciso Anwar
Archiviazione per l’automobilista sebbene positivo all’alcol test. Il calciatore amaranto aveva appena 18 anni: secondo il gip lo scooter si trovava al centro della strada poco illuminata
LIVORNO. Nessuna responsabilità penale per la morte di Anwar Megbli: per il conducente dell’auto che lo tamponò, sebbene in stato di ebbrezza, è stata disposta l’archiviazione. La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato dai genitori del diciottenne calciatore amaranto morto il 4 giugno 2023 in un incidente sulla Variante Aurelia fra San Vincenzo e Donoratico - Tarek Megbli e Anna Miliani, attualmente in sede civile assistiti dagli avvocati Stefano Taddia, Luciano Picchi e Massimo Manfredini - confermando l’archiviazione per il giovane che centrò lo scooter, un trentunenne cecinese. La quarta sezione penale ha ribadito i limiti di impugnabilità delle ordinanze di archiviazione, escludendo qualsiasi «profilo di abnormità».
L’incidente
Il giovane cecinese tamponò il motorino - 50 di cilindrata, interdetto quindi su quella strada - sul quale viaggiavano Megbli, poi deceduto, e l’amico Paolo Dervishi, rimasto gravemente ferito e sopravvissuto. Era stato indagato per omicidio stradale, aggravato dalla guida sotto l’influenza dell’alcol, avendo fatto registrare un tasso alcolemico di 0,87 grammi per litro alla prima prova e di 0,94 alla seconda. Il gip Marco Sacquegna, con un’ordinanza dello scorso aprile, aveva accolto la richiesta di archiviazione della procura, ritenendo che gli elementi raccolti non consentissero di formulare una «ragionevole previsione di condanna».
I motivi
«Il giudice - ricorda la Cassazione - ha sostenuto che la mancanza di illuminazione della strada non permise al conducente di avvistare lo scooter in tempo e che le indagini non hanno consentito di accertare se l’impianto di illuminazione posteriore del ciclomotore fosse funzionante (vi sono indizi in senso contrario). Sostiene che i fari anabbaglianti (accesi) non erano sufficienti a garantire un avvistamento tempestivo e non lo era neppure la presenza di catarifrangenti nella parte posteriore del ciclomotore». Il gip si era soffermato anche sull’alcol test positivo ritenendo «che neppure questo sarebbe sufficiente a fondare una ragionevole previsione di condanna». «Ha sostenuto - riepilogano i giudici - che dalle indagini non sarebbe emersa prova certa dell’incidenza causale di tale condotta sul verificarsi dell’evento, essendo solo verosimile che, se non si fosse trovato in stato di ebbrezza, l’indagato avrebbe potuto avvistare il ciclomotore in tempo e sarebbe riuscito a evitarlo».
Il ricorso
I familiari della vittima avevano impugnato l’ordinanza sostenendo che fosse affetta da «abnormità funzionale», denunciando una valutazione incompleta delle consulenze tecniche e sottolineando come la condotta del trentunenne - dalla velocità allo stato di ebbrezza - avesse avuto un ruolo cruciale sul sinistro. La Cassazione ha però respinto le argomentazioni, chiarendo che l’ordinanza può essere impugnata solo per violazioni del contraddittorio e non nel merito. I giudici hanno escluso che il provvedimento abbia determinato una «stasi anomala del procedimento o rappresenti un esercizio del potere giurisdizionale». Nella pronuncia si ricorda inoltre che l’archiviazione è un provvedimento a «stabilità limitata» e non preclude, in presenza di nuovi elementi, la possibile riapertura delle indagini.
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