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Livorno, parla il direttore del supermercato aggredito da un cliente: «Ho paura, me ne vado»

di Stefano Taglione

	Tommaso Giacomelli durante i soccorsi e la vetrata della porta del negozio distrutta dal responsabile dell'aggressione
Tommaso Giacomelli durante i soccorsi e la vetrata della porta del negozio distrutta dal responsabile dell'aggressione

Il responsabile del negozio di via Mastacchi, originario di Casciana Terme: «Ho sei punti di sutura su un occhio: se al mio posto ci fosse stata un’anziana l’avrebbe ammazzata»

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LIVORNO. «Sto pensando di chiedere il trasferimento, devo rifletterci: lavorare a San Marco è diventato pericoloso. Quando questa persona mi ha sferrato il pugno in faccia stavo rientrando in negozio dal parcheggio ed ero al telefono con l’assistenza clienti per risolvere un problema ai Pos. Pensavo mi volesse salutare, invece mi ha picchiato selvaggiamente, e meno male che non mi ha colpito con le bottiglie di vetro che aveva nell’altra mano». Tommaso Giacomelli – 41 anni, originario di Casciana Terme e residente a Montopoli Valdarno, in provincia di Pisa – da un anno, dopo un’analoga esperienza nel punto vendita della Leccia, è il direttore del supermercato iN’s di via Mastacchi, a San Marco.

Tre giorni fa, poco dopo l’ora di pranzo, un cliente quarantenne originario dell’Est Europa lo ha pestato senza alcun motivo, colpendolo con un pugno all’occhio destro e mandandolo all’ospedale, dal quale è stato dimesso con sette giorni di prognosi, anche se a breve dovrà sottoporsi a un’altra visita per scongiurare danni alla retina, che dai primi accertamenti sembrerebbero essere esclusi. L’uomo è stato denunciato per lesioni dalla polizia.

Tommaso, ci racconti cosa è successo?

«Stavo rientrando dal posteggio quando questa persona, che spesso bazzica ubriaca il negozio e ruba fra gli scaffali, mi ha colpito con un pugno fra l’occhio destro e il naso. Non mi ha dato il tempo di parlare, non c’era alcun motivo di fare tutto ciò, ammesso che ne esistano in generale. Mi sono trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato: se ci fosse stata un’anziana, che fra l’altro c’era ma poco più in là fra le corsie, l’avrebbe sicuramente ammazzata».

Poi?

«Insieme ai miei 5-6 colleghi siamo riusciti a barricarci dentro, lasciandolo fuori. Non è stato semplice, tanto che lui ha preso un mattone e ha spaccato l’ingresso. Voleva entrare e picchiarci, i dipendenti sono ancora terrorizzati».

Lei è finito in ospedale.

«Sono arrivati i volontari sull’ambulanza, li abbiamo dovuti far accedere da una porta laterale perché altrimenti lui avrebbe picchiato pure loro. Io avevo forti dolori, sono robusto e dopo il pugno sono riuscito a rialzarmi e a rifugiarmi dentro. Certe cose non dovrebbero accadere mai, figurarsi quando si lavora».

Ora come sta?

«Male. La retina non dovrebbe essere compromessa, questa è l’unica buona notizia. Ma emotivamente sono a pezzi. Ora come ora non voglio tornare a lavorare lì».

Chiederà il trasferimento?

«Ci sto seriamente pensando: ho paura a tornare lì».

Lei ha lavorato anche in altre realtà? Livorno è peggio?

«Ho lavorato anche a Firenze sotto altre insegne e, in città, alla Leccia. Comunque sì, la zona di San Marco è fra le peggiori. Non a caso dalle 16 alle 20 abbiamo la vigilanza».

Però l’hanno aggredita alle 14.

«I vigilantes avrebbero potuto fare poco. Questa persona avrebbe aggredito anche loro e da solo avrebbero potuto fare poco».

È comunque arrivata la polizia.

«Sì, anche la finanza. Ma i primi dopo mezz’ora: eravamo tutti barricati dentro perché questa persona non ci faceva più uscire».

Cosa serve per migliorare la sicurezza in quel quartiere?

«Un presidio, se non fisso quasi, delle forze dell’ordine. Ciò che è successo è solo la punta dell’iceberg, perché ogni giorno facciamo i conti con furti e aggressioni verbali. Non ne possiamo più, abbiamo paura, servono le forze dell’ordine».

Peggio di altre realtà?

«Sì, decisamente. I problemi sono ovunque, lo dico con cognizione di causa perché anche gli altri miei colleghi si lamentano, ma io non ho mai lavorato in una zona peggiore di questa, dove peraltro un tirocinante per paura ha rinunciato all’incarico. E lo ripeto: vanto esperienze anche in città più grandi, come Firenze».

Lei ha deciso di metterci la faccia per denunciare questa situazione.

«Sì, bisogna fare qualcosa. Ho deciso di mostrare il mio volto ferito proprio per risvegliare le coscienze: queste persone fanno ciò che vogliono e restano sempre impunite».

Lo ha denunciato intanto.

«Sì, è vero, l’ho denunciato per lesioni. Ma con sette giorni di prognosi l’arresto non scatta e, ovviamente, la mattina successiva (martedì scorso per chi legge ndr) indovinate dov’era? Fuori dal supermercato, ancora qui: e io dovrei andare al lavoro tranquillo? No, grazie, vado via io».

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