Il Tirreno

Grosseto

Il caso

Morto nell’assalto al portavalori in Maremma: perché sono state chieste indagini su nuovi filoni

di Pierluigi Sposato
L’avvocato Matteo Brogioni e Fiorella Ferroni (a sinistra), Raffaele Baldanzi e il furgone assaltato
L’avvocato Matteo Brogioni e Fiorella Ferroni (a sinistra), Raffaele Baldanzi e il furgone assaltato

C’è un aspetto, segnalato all’epoca nell’informativa, che non è stato approfondito: l’avvocato spiega perché, a distanza di 17 anni, si potrebbero effettuare accertamenti

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GROSSETO. Sono i giorni dell’attesa, di una nuova attesa. E per Fiorella Ferroni sono di nuovo giorni di ansia. La signora Fiorella è la vedova di Raffaele Baldanzi, la guardia giurata che nel 2008, quando aveva 41 anni, venne uccisa nel corso dell’assalto al portavalori nei pressi del lago dell’Accesa: bottino 300mila euro. Nella tarda mattinata di ieri, 14 luglio, era al terzo piano del palazzo di giustizia insieme al suo avvocato Matteo Brogioni, per l’udienza di opposizione all’archiviazione delle indagini. La Procura ha chiesto di nuovo di mettere un punto fermo, la difesa ha chiesto invece ulteriori indagini su aspetti finora trascurati. Il giudice Giuseppe Coniglio si è riservato di depositare la sua decisione. Ed è per questo che per Fiorella Ferroni è iniziata una nuova attesa.

Perché nuove indagini? Perché a giudizio dell’avvocato Brogioni ci sono state «sia degli errori sia delle omissioni», spiega, su aspetti che avrebbero potuto orientare da subito le indagini in una direzione precisa e significativa e che invece non sono mai stati presi in considerazione. A distanza di così tanto tempo potrebbe essere difficile recuperarli ma il legale confida nella possibilità che nuovi accertamenti possano finalmente far luce sulle responsabilità di quel 7 gennaio 2008, sui preparativi, sulle analogie con colpi similari e coevi, sull’utilizzo o meno dei cellulari, sulle presenze. Le indagini avevano comunque identificato una banda ben organizzata, che conosceva perfettamente il territorio maremmano, che aveva un modus operandi preciso che si riscontra anche in altri assalti di quell’epoca, anche in altre condanne. Ad esempio il tipo di furgone, che compariva in moltissimi, episodi del genere, quelli che anche in altre zone della Toscana avevano segnato un’epoca tragica. Le indagini erano passate anche attraverso la comparazione del dna ma nulla di concreto era stato possibile contestare.

C’era un elemento contenuto nella prima pagina dell’informativa redatta nell’immediatezza dei fatti che non è stato approfondito. «Un filone interno», aggiunge l’avvocato riferendosi allo spunto investigativo sottolineato all’epoca che a suo giudizio avrebbe potuto e dovuto essere valutato: e che potrebbe essere valutato anche oggi. L’udienza in camera di consiglio è durata poco più di mezz’ora. Alle conclusioni del sostituto procuratore Federico Falco, che ha chiesto l’archiviazione (si tratta della seconda richiesta in tal senso), si sono uniformati i legali di Raffaele Arzu e della moglie Silvia Satta Canu, rispettivamente gli avvocati Caterina Calia e Marco Grilli. La maggior parte dell’udienza è stata occupata dall’intervento dell’avvocato Brogioni. Il giudice ha ascoltato tutte le parti, poi ha dichiarato chiusa l’udienza, riservandosi di far conoscere la propria decisione nei prossimi giorni.

Fiorella Ferroni, che abita a Campiglia, non ha mai cessato di chiedere giustizia per la morte di suo marito. «I colpevoli sono ancora in libertà ma io continuo a combattere». È per questo che anche ieri mattina si è presentata al palazzo di giustizia, rimanendo in attesa dell’inizio dell’udienza in aula G, udienza che si è aperta con un po’ di ritardo sull’orario fissato, a causa del prolungarsi imprevisto della trattazione dei fascicoli precedenti. Adesso è di nuovo il momento dell’attesa.

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