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Empoli, volontario della Misericordia operato dopo la violenta aggressione. L'appello: «Servono maggiori tutele»

di Lorenzo Carducci

	I volontari della Misericordia di Empoli impegnati nella preparazione di un pranzo (foto archivio)
I volontari della Misericordia di Empoli impegnati nella preparazione di un pranzo (foto archivio)

Resta ricoverato l’84enne in servizio alla mensa della Misericordia. La struttura rimane chiusa, il messaggio delle associazioni: «Più sicurezza»

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EMPOLI. Rimarrà chiusa anche domani (16 novembre) la mensa Emmaus di via XI Febbraio, dopo la violenta aggressione da parte di un giovane utente senza fissa dimora ai danni di un volontario di 84 anni della Misericordia, Antonio, colpito con pugni e calci per strada a pochi passi dalla mensa venerdì al termine del pranzo, quand’erano passate da poco le 11,30.

Un assalto che al momento resta senza un perché e che ha causato traumi e lesioni gravi all’anziano volontario, portato all’ospedale San Giuseppe dove venerdì sera è stato sottoposto a un intervento chirurgico d’urgenza e dove rimane tuttora ricoverato in condizioni stabili. Quanto invece all’aggressore – prima fermato da un altro volontario e poi identificato dai carabinieri – potrebbe essere presto destinatario di una misura cautelare. Nel frattempo non si ferma l’ondata di solidarietà manifestata alla vittima e alla Misericordia, che al momento conferma la chiusura della mensa «fino a che non sarà ripristinata una situazione di sicurezza per tutti i nostri volontari».

I messaggi di vicinanza e al contempo di condanna dell’accaduto arrivano da più parti, a testimonianza di quanto l’aggressione abbia sconvolto l’intera comunità. A sentirsi particolarmente coinvolte sono in primis le realtà associative. A partire dalle Misericordie Toscane, che nelle parole del presidente Alberto Corsinovi si stringono alla consorella empolese, esprimendo «la vicinanza di tutte le Misericordie toscane ad Antonio e alla sua famiglia e a tutti i fratelli e le sorelle della Misericordia di Empoli. Ancora una volta a fare le spese della violenza che purtroppo sempre più spesso esplode in modo incontrollato è un volontario, una persona buona che a 84 anni ha ancora la voglia di mettersi a disposizione di chi ha bisogno. E questo fa ancora più male».

«Non possiamo rassegnarci al fatto che chi gratuitamente si spende per gli altri, mettendosi a disposizione delle proprie comunità, debba rischiare anche la propria incolumità – continua Corsinuovi – Tutti, a cominciare dalle istituzioni, devono sentire il dovere etico e morale di proteggere questo che rappresenta il più bel capolavoro del nostro Paese». Un appello a cui fa eco la Confederazione Nazionale delle Misericordie d'Italia, tramite il presidente Domenico Giani. «Episodi come questo, purtroppo, non sono isolati e riguardano sempre più spesso i nostri volontari in diverse parti d'Italia – dice – Da tempo chiediamo con insistenza che venga garantita maggiore sicurezza a chi opera ogni giorno per sostenere le fragilità e oggi rinnoviamo con forza questo appello: proteggere i volontari significa proteggere le comunità stesse».

«Ogni atto di violenza contro chi presta il proprio aiuto agli altri è inaccettabile e colpisce l’intero mondo del volontariato – il messaggio della Croce Rossa Italiana di Empoli, che nel solidarizzare col volontario e la Mise di Empoli ribadisce «l’importanza di garantire sicurezza e rispetto a tutti gli operatori di questo settore». Associazioni ma anche la politica. Fratelli d’Italia Empoli sttolinea il dovere delle istituzioni «di garantire che i volontari, una risorsa insostituibile del nostro welfare, possano operare in un contesto sicuro, tutelato e sereno», invocando «strumenti adeguati di prevenzione, ascolto e tutela».

Poi c’è la lettura dell’assessora regionale Monia Monni, che individua una «parte facile», cioè esprimere vicinanza al volontario e alla Misericordia, ma anche una «parte difficile, dire che quella violenza nasce dentro una marginalità estrema. Che dove mancano casa, cura, salute mentale, tutto può diventare instabile, che le vite allo sbando non scompaiono se non le guardiamo: restano, e a volte si spezzano proprio nei luoghi dell’aiuto. Non ci sono giustificazioni, ma c’è un contesto, fatto di solitudini profonde, di fragilità viste troppe volte solo quando esplodono». 

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