Furto di tecnologia, chi sono i tre manager nei guai: condannati a 4 mesi
Il caso su un software per la domotica nella nautica: la sentenza nei confronti di una società di Pisa
PIETRASANTA. La sezione penale del Tribunale di Grosseto ha condannato la società Nextworks Srl di Pisa e tre suoi manager – gli ingegneri Gianluca Insolvibile, Elio Francesconi di Pietrasanta e Alessandro Martucci – a quattro mesi di reclusione (pena sospesa) per furto di proprietà intellettuale, rivelazione di segreto industriale, oltre al risarcimento in solido delle spese legali e processuali.
La sentenza, pronunciata dalla dottoressa Agnieszka Karpinska, ha disposto anche il rinvio al giudizio del tribunale civile per la quantificazione dell’ingente danno economico arrecato alle parti civili, Nicola Tinucci e Alessandra De Siati.
«Siamo sollevati nel vedere finalmente riconosciuta la responsabilità penale di Nextworks e dei suoi manager per il grave furto di tecnologia che abbiamo subito sette anni fa. Oggi è un giorno importante per ristabilire la verità anche all’interno del comparto della nautica, che per anni è rimasto immobile», spiegano i legali di Tinucci e De Siati.
Il software oggetto del procedimento, denominato CentricHub, era una piattaforma ideata e sviluppata da Nicola Tinucci all’interno della società Eggzero, fondata insieme ad Alessandra De Siati, e rappresentava una delle piattaforme più evolute per la domotica e i sistemi integrati, applicati sia al mondo degli yacht da diporto che alle abitazioni di lusso. Il know-how, frutto di anni di ricerca, sviluppo, ingegno e passione, è stato illecitamente sottratto e utilizzato a fini propri dagli imputati, oggi riconosciuti colpevoli di rivelazione di segreto industriale. Il software, istallato nelle magioni italiane del finanziere russo Igor Rotenberg, era stato consegnato a Nextworks da un ex dipendente di Eggzero che era passato alla concorrenza portandosi via il know-how.
La denuncia fu presentata nel 2018 presso la polizia postale di Lucca e il procedimento fu seguito dalla magistratura fiorentina, competente in materia di reati informatici. «Decisivo è stato il contributo dello studio legale Mangiarotti Lm avvocati di Milano, e in particolare la tenacia e la competenza degli avvocati Lodovico Mangiarotti e Michele Bencini, affiancati dalle tecniche forensi, dottoressa Maria Pia Izzo e Eva Balzarotti di Atlan66 (Foro di Monza e Brianza), esperte nella ricostruzione degli elementi probatori» è il commento delle parti offese. Che aggiungono: «Questa decisione rappresenta un primo passo verso il ripristino della verità, ma non potrà restituirci né l’azienda né gli anni di vita e sacrifici sottratti a noi e ai nostri collaboratori. Resta tuttavia la soddisfazione di aver resistito, con determinazione e dignità, a un’ingiustizia profonda che oggi trova finalmente riconoscimento in sede giudiziaria. Ci auguriamo che questo caso rappresenti un precedente importante e un monito per l’intero settore: la proprietà intellettuale va tutelata sempre, perché è il cuore pulsante dell’innovazione».