Il Tirreno

Toscana

La tragedia

Cacciatore morto in Maremma, la moglie: «Ucciso dalla sua passione»

di Sara Venchiarutti
La vittima (foto di Giovanni Rossetti per Maremma Magazine)
La vittima (foto di Giovanni Rossetti per Maremma Magazine)

Il marito, Renato Maestrini, era molto conosciuto e molto esperto. Sabato mattina l’ultima colazione insieme: «Mi manca tanto, è dura»

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GROSSETO. Di quei boschi lui, cacciatore esperto, conosceva tutto: ogni anfratto, ogni albero, ogni discesa. Invece ne aveva un po’ paura la moglie, Marina Bozolo, e per questo, quando lo vedeva pronto ad avventurarsi tra la macchia della sua amata Tirli (frazione di Castiglione della Pescaia), fucile in spalla, si raccomandava sempre: «Stai attento a non cadere». Glielo ha detto anche sabato scorso a colazione, mentre preparava il caffellatte e suo marito, Renato Maestrini, mangiava le fette biscottate con la marmellata. Lui, per rassicurarla, le ha risposto di sì, che avrebbe preso anche il bastone per sostenersi.

Il saluto

«L’ho salutato e dopo un’ora mi è arrivata la terribile notizia. Non so cosa sia successo, un dramma», dice Bozolo. Fa ancora fatica a realizzare che l’uomo con cui ha condiviso oltre 50 anni di vita non tornerà più. La tragedia è avvenuta sabato scorso, 22 novembre, proprio tra i boschi che lui tanto amava e che conosceva a menadito, durante una battuta di caccia: non è caduto, ma un colpo di fucile lo ha raggiunto al torace, uccidendolo a 80 anni.

A spararlo accidentalmente sarebbe stato un giovane impegnato in una battuta al cinghiale con la sua squadra nella stessa zona, un 30enne sempre del paese, molto conosciuto.

Le parole della moglie

«Mi manca, mi manca tantissimo. Lo aspetto ancora da un momento all’altro, non ho ancora realizzato. È un colpo al cuore. È dura». Cerca le parole Bozolo, ma non ce ne sono. Solo un vuoto che prima era colmato dalla presenza di Maestrini, di cui lei si era innamorata quasi per caso, quando se l’è visto in casa, un amico del babbo. «Ci siamo conosciuti per questo, anche mio papà era cacciatore. Un giorno l’ha portato da noi (lui era più grande di me di nove anni). Da lì è nato tutto. La prima volta che l’ho visto ho pensato “no, non mi piace”». Poi l’amore. «Non si poteva non volergli bene. Era una persona buonissima, dal cuore d’oro», racconta la moglie. Così si sono sposati il 27 aprile del 1975. E da allora non si sono più lasciati. Cinquant’anni di matrimonio, una vita passata insieme, «io e lui dopo che le figlie (due, Azzurra e Lisa, ndr) se ne sono andate da casa e hanno creato la loro famiglia. Eravamo una persona sola».

Maestrini, che ha lavorato come muratore, aprendo anche una ditta per conto suo, ha sempre avuto la passione per la caccia. Era un cacciatore di quelli vecchio stile, nato in mezzo alla macchia. «E infatti poi – dice la moglie – ha voluto abitare nel suo paese, a Tirli, e io l’ho accontentato. Abitiamo qui da 40 anni». Poi Maestrini si era dedicato anche all’apicoltura. Forse «la sua grande passione», dice Bozolo. Gli piaceva stare in mezzo alla natura.

La passione

La caccia però era il suo vero regno. L’ha praticata per 60 anni; da quando, giovanissimo, ha imbracciato il fucile. Prima agli ungulati, poi – vista l’età – quella al colombo, anche se quest’anno Maestrini aveva deciso di riprendere il porto d’armi per la prima tipologia. Voleva tornare a cacciare il cinghiale, lui che chiamava casa tutta la macchia di Tirli.

Sabato, però, s’era avventurato in quei boschi in cerca di colombi, mentre una squadra era impegnata nella caccia al cinghiale. Che «è pericolosissima. Me lo raccontò lo stesso Maestrini, durante un’intervista fatta lo scorso agosto», racconta l’amico Giovanni Rossetti, accademico d’arte, fotografo e scrittore. «Mi disse – ricorda Rossetti – che per questi incidenti c’erano già stati tre morti a Tirli. In questo settore lui era uno dei professionisti più stimati e attenti». Non a caso Maestrini in paese era conosciuto come “il cinghialaio di Tirli”, per la sua decennale esperienza. Ora saranno i carabinieri a chiarire l’esatta dinamica dell’incidente. Secondo le prime ricostruzioni, potrebbe essere stato tradito dal suo “scalpiccìo” nella vegetazione, forse troppo simile al movimento di un cinghiale. Intanto in paese, dove tutti si conoscono, sono ancora frastornati per questa tragedia. Tirli non è la stessa da sabato scorso.

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