Il Tirreno

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L'intervista

Melanomi, casi in aumento. La regola dei "quattro parametri" «da fare allo specchio, per capire se c'è da preoccuparsi»

di Martina Trivigno
A sinistra il professor Romanelli
A sinistra il professor Romanelli

Il punto col professor Marco Romanelli, direttore di Dermatologia al S.Chiara di Pisa

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«Il numero di melanomi è in aumento, è vero, ma ci sono due fattori da tenere presenti. Il primo: nel 70-75 per cento dei casi, si tratta di neoplasie molto in superficie, dunque asportabili chirurgicamente senza conseguenze per il paziente. Il secondo: ora gli strumenti per diagnosticare i melanomi sono molto più sensibili e specifici rispetto al passato». Marco Romanelli è il direttore dell’unità operativa complessa di Dermatologia dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana, che ha sede al secondo piano dell’edificio 11 dell’ospedale Santa Chiara di Pisa. L’attività del reparto guidato dal primario è costituita dall’assistenza clinica, con ambulatori generali e anche specialistici, ed è legata a doppio filo con la ricerca scientifica e l’attività didattica. Una conoscenza che nel tempo ha generato una certezza: non bisogna mai abbassare la guardia quando si tratta di melanomi, tumori della cute dovuti alla trasformazione maligna delle cellule presenti nello strato più profondo dell’epidermide (melanociti).

Professore, quanto conta il fattore tempo?

«Moltissimo. Se il melanoma è “sottile”, ovvero in superficie, non servirà fare chemioterapia o immunoterapia. E poi ora il dermatologo è diventato quasi come il dentista: le persone vengono da noi una o due volte all’anno. L’80 per cento delle richieste rivolte ai dermatologi, infatti, riguarda visite di controllo come la cosiddetta “mappatura dei nei”. E noi, dal canto nostro, abbiamo strumenti modernissimi, una tecnologia molto più efficace rispetto al passato».

Con quali risultati?

«Possiamo fare una diagnosi molto precoce e, di conseguenza, togliere i melanomi che, nella maggior parte dei casi, hanno uno spessore che consente di evitare tutte le problematiche, metastasi comprese».

Che dire delle cause di insorgenza del melanoma?

«Influisce l’esposizione ai raggi ultravioletti nella versione più acuta, quindi intensa e ristretta nel tempo. Ad esempio, chi resta gran parte dell’anno in ufficio e poi per una settimana o due si espone continuamente al sole per abbronzarsi è come se desse alla pelle uno schiaffo violentissimo: in questo modo le cellule rimangono shoccate da questa “botta di sole” e quindi il nostro sistema immunologico non ce la fa a difendersi. Al contrario i livornesi, che vanno al mare e stanno al sole dal primo gennaio al 31 dicembre, rischiano di fare i conti con altri tipi di tumore della pelle».

Quali?

«Si chiamano “tumori non-melanoma”, come il basalioma, carcinomi cutanei comunque maligni. Sempre nel caso dei livornesi, infatti, l’esposizione prolungata al sole consente alla cute di prepararsi a difendersi meglio dai raggi ultravioletti».

Conta la familiarità?

«Sì. Quando visitiamo i pazienti, per prima cosa chiediamo loro se in famiglia ci sono genitori, fratelli e sorelle che hanno avuto un melanoma. Ecco, in caso di risposta affermativa, l'attenzione si alza».

Che dire delle tecnologie oggi a vostra disposizione?

«L’Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana ha fatto grandi investimenti in questa direzione: abbiamo infatti uno strumento capace di “vedere” le cellule, prima di togliere il neo sospetto, e che eventualmente stabilisce se siamo in presenza di un melanoma. È soprattutto grazie a strumenti come questo se è possibile intervenire prima e meglio, salvando delle vite».

E sul fronte dei consigli?

«Il primo è quello di esporsi al sole con prudenza, evitando le ore più calde, tra le 11 e le 16. Questo vale in particolare per le persone con la pelle chiara e la tendenza alle scottature solari. Il secondo è quello di usare sempre una protezione molto alta, che va da 30 a 50, rinnovandola ogni 90 minuti».

Invece quali segnali dobbiamo cogliere quando parliamo di melanomi?

«Come i ginecologi insegnano alle pazienti a fare l’autopalpazione del seno, noi dermatologi insegniamo a fare l’autovalutazione del melanoma di fronte allo specchio ogni tre mesi, quindi tre-quattro volte all’anno. Ed esiste una regola, chiamata ABCD, che fissa quattro parametri».

Quali sono questi parametri?

«È fondamentale osservare l’asimmetria, i bordi, il colore e il diametro. L’asimmetria significa che, se dividiamo il neo in due, le due metà devono essere più o meno uguali: se sono molto asimmetriche, è meglio rivolgersi al dermatologo. Poi i bordi: un neo normale deve averli tondi, ovali, regolari; se invece si sfrangiano in modo irregolare è meglio farli controllare».

E il colore?

«Non conta l’intensità, ma il fatto che il neo sia monocolore: se nel neo marrone, ad esempio, c’è una zona biancastra, ecco questa è caratteristica del melanoma. Infine, il diametro di superficie: è importante perché è direttamente proporzionale alla profondità e se restiamo nei sei millimetri di diametro possiamo essere abbastanza certi che il melanoma sia superficiale. È il limite di sicurezza».l

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