L'ipoteca di Francesco sulla Chiesa, il documento che disegna la rotta per i prossimi anni
Dal sogno del Vietnam al Sinodo sulla sinodalità: l’eredità spirituale e pastorale di papa Bergoglio traccia la rotta della Chiesa fino al 2028.
«Il Papa andrà in Vietnam. Questo è certo. O io o Giovanni XXIV, non so. Ma il Papa andrà, questo è certo». Papa Francesco lo traducevi anche dalla battute, informali ma mai casuali, come quando fece questa promessa al ritorno dal viaggio in Mongolia nel 2023. Bergoglio, infatti, aveva in mente un cammino che precedeva la sua vita e che sarebbe continuato, provvidenzialmente, oltre la sua. E per questo s’era impegnato, con tutte le sue forze, a liberare la Chiesa da vincoli, da poteri e contropoteri ( “lobby” le chiamava) e dalle pressioni temporali che avevano afflitto il predecessore Benedetto XVI spinto, quest’ultimo, alla rinuncia dopo aver abbandonato il suo pallio – in un gesto sul momento oscuro – sulla tomba di Celestino V, il papa del primo gran rifiuto. Occorreva spezzare i vincoli, azzerare le distrazioni, riempire le divisioni, anche dottrinali, per «liberare Cristo», diceva Francesco, e farlo tornare a camminare nella storia e «nelle periferie» in mezzo al popolo.
L'importanza di attivare processi
Si può dire che questo sia stato il compito che papa Bergoglio riteneva fosse il suo personale “mandato” come temporaneo successore di Pietro e vicario di Cristo. Non credeva all’imposizione, Bergoglio, pur non essendo tenero (amava ricordare, ad uso interno, di essere «l’ultimo monarca assoluto del pianeta»). Credeva, invece, all’efficacia dei processi. I lenti processi. «Mettere in moto processi», raccomandava sempre, sostenendo che occorresse almeno un secolo per vedere i frutti di un concilio, e che dunque il Concilio Vaticano II – svolta epocale impressa da Giovanni XXIII – stesse solo cominciando a fruttificare. Bergoglio era stato messo al timone della barca di Pietro, crediamo, nel mezzo di un lunghissimo processo avviato da Giovanni XXIII e papa Paolo VI: processo al quale ha dato il personale contributo del Sinodo, destinato nella sua visione, a mettere in marcia nel mondo la novità del Concilio.
Sinodo significa “camminare insieme” e, nelle sacre scritture indica la marcia delle carovane dove ognuno è custode e custodito del suo vicino di cammino e dove l’autorità deve essere in ascolto delle necessità di ognuno per garantire il procedere di tutti verso la meta.
Il Sinodo
Il Papa scomparso lunedì ha voluto il Sinodo sulla sinodalità. A orecchio profano suona come uno scioglilingua ma è la chiave del pontificato di Francesco. Dal 2021 ad oggi, infatti, a Sinodo ancora in corso, l’assemblea dei credenti è chiamata a dire come ritiene che la Chiesa debba camminare “in carovana”, uscendo nel mondo dopo secoli e secoli di verticale autoreferenzialità (dottrinale e pastorale) . Un lunghissimo lavoro di ascolto reciproco, sui territori e a livello centrale, in cui Bergoglio non solo ha inteso dare parola al popolo di Dio ma ha voluto edificare una Chiesa-carovana nella quale gerarchia ecclesiastica e primato petrino camminano insieme al popolo, servendosi ed orientandosi a vicenda. Una chiesa universale, diffusa, fatta di cuori periferici, all’unisono con il cuore di Roma e in simpatia con ogni ferita umana.
L'ipotesa sulla Chiesa fino al 2028
E, a proposito di lunghi processi, c’è da dire che il Sinodo si è rivelato, in quattro anni, un autentico momento di presa di parola. Non solo il primo documento finale è stato fermato dall’assemblea sinodale che l’ha ritenuto eccessivamente sintetico rispetto alla ricchezza delle istanze emerse in anni: uno degli ultimi atti di papa Francesco è stato mettere nero su bianco le tappe che la Chiesa dovrà seguire, da qui al 2028, perché l’insegnamento del Sinodo abbia attuazione concreta. Accadeva pochi giorni prima della sua morte, il 15 marzo, dieci giorni prima che i medici lo dimettessero dal Gemelli in convalescenza protetta. Ci fu chi storse il naso: il Papa ipotecava il cammino della Chiesa per tre anni, fu la critica di alcuni. In effetti l’indicazione è precisa nello scaglionamento delle assemblee di valutazione ai quattro angoli del mondo fino alla Assemblea ecclesiale in Vaticano, fissata da Francesco ad ottobre 2028. Unite questo ai 90 cardinali elettori – su 138 – di nomina bergogliana che eleggeranno il successore. Se è vero come è vero che Pietro – chiunque si trovi ad esserlo, Francesco o Giovanni – può girare il timone come ritenga meglio, pare difficile che si possa tornare indietro: gli spiriti sono usciti dalla lampada, la Chiesa prende parola: È il metodo Francesco. Vicario di Cristo fino alle 7, 35 del 21 aprile, a casa Santa Marta, Jeorge Mario Bergoglio, è stato Pietro fino all’ultimo secondo. Lasciando al successore scarpe pronte in cui camminare.