Le spese di manutenzione tra usufruttuario e titolare della nuda proprietà
Cosa prevedono le norme di legge: i consigli dell'avvocato Domenico Nicosia
Prima che i miei genitori morissero, hanno voluto dividere le case, i magazzini e i terreni fra me e mio fratello. La casa al mare l’hanno data a mio fratello in usufrutto e a me in nuda proprietà. Questa cosa, purtroppo, è fonte di continui litigi ogni volta che ci sono spese da affrontare. È vero che anche io ci vado, ma formalmente non è lui che deve occuparsene?
Grazie del chiarimento, Amelia.
Il diritto di usufrutto è un diritto reale, ossia un diritto che si esercita su un oggetto materiale. Il principale tra i diritti reali è la proprietà, cui si aggiungono i diritti di uso, abitazione, enfiteusi, superficie, servitù e, appunto, usufrutto. Questi sono definiti diritti di godimento poiché consentono di ottenere un’utilità dal bene a cui si riferiscono, anche in assenza della proprietà del bene stesso.
Il diritto di usufrutto può costituirsi per legge, come nel caso dei genitori sui beni pervenuti ai figli minori, per volontà delle parti (art. 978 c.c.) o per usucapione. La durata massima del diritto non può superare la vita dell’usufruttuario, motivo per cui esso non è trasmissibile per successione. Tuttavia, può essere ceduto o soggetto a ipoteca, se riferito a un immobile (art. 2810 c.c.), e può quindi essere pignorato nel corso di un’esecuzione forzata.
L’usufrutto comporta il diritto di godere del bene, che rimane di proprietà di un altro soggetto, detto “nudo proprietario”. L’usufruttuario ha l’obbligo di mantenere il bene nelle condizioni in cui lo ha ricevuto fino al momento della restituzione e, quindi, alla cessazione del diritto. Eventuali migliorie o addizioni possono essere effettuate, ma devono essere rimosse al momento della restituzione, salvo diverso accordo con il proprietario. In caso di locazioni dei beni sottoposti a usufrutto, se risultanti da atto scritto (pubblico) e ancora in corso al momento della cessazione del diritto, queste possono essere prorogate per un massimo di cinque anni.
L’usufruttuario è responsabile delle sole spese ordinarie di manutenzione, mentre quelle straordinarie spettano al nudo proprietario. Inoltre, l’usufruttuario non può compiere atti che modifichino la destinazione del bene. Il mancato utilizzo del diritto per venti anni comporta la prescrizione del diritto stesso, che può perdersi anche per decorso del termine o per il perimento del bene. In caso di perimento del bene, il diritto si trasferisce proporzionalmente sull’area dove si trovava il bene o sull’eventuale indennizzo, qualora il perimento sia avvenuto per causa di terzi.
Un caso frequente di usufrutto riguarda gli immobili abitativi, quando il proprietario cede la nuda proprietà riservandosi il diritto di godere dell’immobile fino alla morte, momento in cui il diritto si estingue e si riunisce alla nuda proprietà, divenendo piena proprietà. Il costo della nuda proprietà è inferiore al valore di mercato e viene determinato per accordo tra le parti, anche facendo riferimento a specifiche tabelle. La riunione dell’usufrutto avviene tramite voltura catastale entro 30 giorni dall’evento estintivo, senza necessità di atto notarile.
L’usufruttuario può esercitare i diritti relativi al bene. Ad esempio, se il bene è situato in un condominio, l’usufruttuario può partecipare alle assemblee condominiali e prendere decisioni riguardanti l’ordinaria amministrazione. Tuttavia, la convocazione delle assemblee deve essere inviata sia all’usufruttuario sia al nudo proprietario. Per quanto riguarda oneri e spese, se il bene è in condominio, a differenza del conduttore (che non è condomino ma può partecipare alle assemblee per votare solo sulle spese correnti, come il riscaldamento), tra usufruttuario e nudo proprietario vige un regime di solidarietà. L’usufruttuario è tenuto a pagare le imposte sul reddito (Irpef), mentre il nudo proprietario deve sostenere quelle relative alla proprietà, come l’Imu.
La nuda proprietà può essere acquistata come “prima casa”, usufruendo della tassazione agevolata, ma deve essere mantenuta per almeno cinque anni, come previsto per gli acquisti ordinari, per evitare il recupero dell’imposta agevolata da parte dello Stato.
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