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Il pollaio multietnico diventa gourmet: arrivano da Prato le uova che piacciono agli chef stellati

di Irene Arquint

	Simone Iannelli della Gallus
Simone Iannelli della Gallus

Il titolare e ideatore dell’attività in Toscana: «Il nemico? Il cambiamento climatico, la natura è disorientata»

14 ottobre 2024
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Il suo pollaio multietnico è l’esempio perfetto di convivenza pacifica. Non è un caso se il colore dei gusci delle uova pare un arcobaleno. Il bianco è infatti tipico della Livornese, l’azzurro appartiene invece alla cilena Araucana, la Marans di antica origine francese ne realizza simili al cioccolato, tendenti al verde quelle delle Olive Egger. Scenografica l’americana Wyandotte, al pari dell’asiatica Moroseta dalle sembianze di un piccolo barboncino munito di becco che depone in pezzature leggermente più piccole rispetto alla classica Mugellese (ottima chioccia) e alla ruspante Kabir. Dapprincipio fu un vezzo: Simone Iannelli della Gallus di Tavola (Prato) voleva sapere che gusto avrebbero avuto le uova da galline allevate in simbiosi domestica. Così di là dalla siepe di casa arrivarono la prima casetta costruita con assi in legno, oche e galline, le gite nel fine settimana alle fiere dedicate alla vita di campagna.

Come nasce

«Le alimentavo con semi di girasole, di lino, mais, bacche di goji, luppolo – racconta Simone Iannelli – dopodiché è arrivata la pandemia e quello è diventato il mio mondo». Così ha iniziato a costruire le dimore per altre nuove arrivate, fino alle attuali 150. Alle quali vanno aggiunte 30 oche, 10 anatre, 10 germani, 2 struzzi. I pennuti condividono quell’ettaro di terreno con un gelso, un fico, un noce e altri alberi su cui amano spesso appollaiarsi e mangiarne i frutti. C’è poi il canneto a difesa dai predatori dall’alto. «Sono golose di cavoli, carote, finocchi che acquisto dai contadini e appendo per evitare che a terra marciscano producendo batteri – spiega il titolare di Gallus – si abbeverano ad una canaletta in cui immetto acqua fresca più volte al giorno, in modo che non si creino ristagni. Razzolano libere nell’erba a caccia di insetti».

L’attività

A sorvegliarne la libertà ci sono Bianca e Pedro, la Maremmana e il meticcio che quasi pensano di essere polli anche loro, addormentandosi spesso di fronte alle porte in cui la presenza del fieno indica il luogo dove deporre. «Sì, perché vanno per emulazione e fanno l’uovo dove vedono andare le altre – aggiunge Iannelli – nei rari casi in cui vanno altrove è perché vogliono covare. Così so che dopo 21 giorni avremo nuovi pulcini». La forza di Gallus, l’azienda che Simone Iannelli ha fondato ufficialmente due anni fa, sta proprio nell’alimentazione e nella serenità dell’esistenza delle ospiti, data dai grandi spazi e dai ritmi naturali. Tanto che, se la vita media negli allevamenti intensivi è di circa 1 anno e mezzo, quando cioè iniziano a produrre meno, le sue se ne andranno di morte naturale. Tutt’al più, quando la produzione flette, inserisce qualche nuovo capo e la famiglia si allarga. Da amante della cucina gourmet in vent’anni ha conosciuto molti chef che nel tempo lo hanno aiutato a trovare il suo mercato, a partire da Igles Corelli.

Gli chef

Tanto che oggi il grosso della produzione va al Grand Hotel Principe di Piemonte di Viareggio, nella cucina del bistellato Giuseppe Mancino che considera le uova di Gallus un fiore all’occhiello delle famose colazioni, tanto richieste per accedere alle quali ormai bisogna passare attraverso un’accurata selezione. La brigata del Principe di Piemonte è abile nel trasformare le uova di anatra e oca fornite da Gallus in un’omelette dolce/salata accompagnata da cipolle caramellate, tartufo e pecorino, ma anche cotte pochè e rifinite da una punta di caviale. C’è poi chi come Igles Corelli le consiglia per realizzarci la pasta fatta in casa. «Sì perché hanno maggiore contenuto proteico e legano meglio di quelle di gallina», spiega l’ideatore di Gallus, il piccolo allevamento nella frazione pratese di Tavola. Purtroppo, però, contrariamente a ciò che si possa pensare, il suo nemico non sono i predatori (tenuti a bada da Bianca e Pedro), bensì il cambiamento climatico. «Su cui è ancora più complicato intervenire. Ci sono periodi in cui arrivano a deporre anche 100 uova al giorno, ma con il caldo sono scese a 20 – aggiunge Iannelli – La natura è disorientata: i pulcini dovrebbero nascere a primavera, da un po’ di tempo lo fanno anche in autunno».

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