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Turismo, intervista al ministro Santanché: vietare non è la ricetta, servono più alberghi e posti barca

di Cristiano Marcacci

	Tante barche nel mare davanti a Porto Ercole (foto Sestini) e il ministro al Turismo, Daniela Santanchè (foto Paglianti)
Tante barche nel mare davanti a Porto Ercole (foto Sestini) e il ministro al Turismo, Daniela Santanchè (foto Paglianti)

La titolare del ministero del Turismo e la Toscana a pochi mesi dal G7 a Firenze: «Non criminalizziamo gli affitti brevi, sono fondamentali per l’accoglienza»

14 agosto 2024
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Famiglia, sport e... burraco. Sono i tre ingredienti della vacanza perfetta per Daniela Santanchè, titolare del ministero del Turismo, che incontriamo a ridosso del Ferragosto nel “suo” Twiga. Nonostante il caldo torrido e la “tropicalizzazione” del clima che non risparmia nemmeno la Versilia dei vip, la senatrice non cambia il programma delle proprie giornate. Tre gli appuntamenti che possiamo considerare “fissi”: cinquanta minuti di esercizi addominali sull’arenile, un’ora di acquagym e la partita pomeridiana con gli amici a burraco. «Vado pazza per il burraco, non so rinunciarci».

Una doverosa premessa prima dell’intervista vera e propria. Avrà sicuramente seguito il recente dibattito sul disegno di legge presentato dal senatore leghista (peraltro toscano) Manfredi Potenti, il quale avrebbe voluto vietare la declinazione al femminile dei titoli istituzionali ma che poi è stato sconfessato dal suo stesso partito. In seguito a tutto questo, la devo chiamare “ministro” o “ministra”?

«Io sono senatore e ministro. E non perché sia d’accordo con il senatore Potenti, ma perché la mia identità di donna non può essere definita da una declinazione, ma nemmeno da una quota rosa».

L’ulteriore rinvio del governo sulla questione “balneari” è stato interpretato da molti come un autogol della destra, che è sembrata voltare le spalle a una sua lobby. È un’interpretazione corretta?

«Questo governo non volta le spalle a nessuno. Tutt’altro. Ci mette sempre la faccia e cerca di risolvere problemi. Anche quelli che i precedenti governi hanno accantonato o rinviato... Non abbiamo mai pensato di procedere senza attivare una interlocuzione con l’Europa che potesse risolvere il problema definitivamente».

Cosa pensa della proposta di legge approvata nelle settimane scorse dal consiglio regionale della Toscana, in cui si prevedono un criterio di premialità per l'esperienza professionale e l'introduzione di un equo indennizzo per i gestori uscenti?

«Come anche evidenziato in alcuni quotidiani in questi giorni e racchiuso in una proposta di legge a firma Zucconi/Caramanna, crediamo che sia doveroso, nel caso si optasse per evidenze pubbliche, riconoscere indennizzi per tutti coloro che in questi anni hanno fatto investimenti e migliorato i servizi di un asset strategico del nostro turismo. Ma attraverso una norma nazionale».

Overtourism anche in Toscana: quali, secondo lei, le giuste contromisure?

«La questione riguarda la Toscana così come altre regioni. La chiave, però, è unica: destagionalizzare, delocalizzare e puntare sulla qualità perché l’Italia è una nazione di qualità. La Toscana è una regione che offre diverse esperienze turistiche, non confiniamola ai suoi luoghi simbolo. La Toscana è i suoi borghi, il suo mare, le sue colline, il suo cibo, il suo vino, i suoi treni storici. Tutto va messo a sistema e organizzato con un programma che punti più sulla qualità che sulla quantità. E il G7 che organizzeremo a Firenze sarà un significativo punto di partenza».

Il Comune di Firenze, con Nardella prima e con Funaro ora, fa bene a insistere sullo stop agli affitti brevi all’interno dell’area Unesco?

«Io non sono per i divieti assoluti, dobbiamo regolamentare e non criminalizzare gli affitti brevi che in molte aree italiane, dove scarseggiano gli alberghi (e Firenze mi dispiace dirlo ne è un esempio), sono fondamentali per accogliere i turisti. Per questo come governo abbiamo inserito il Cin (il Codice identificativo nazionale, ndr) per regolamentare e gestire il fenomeno. Poi dico sempre, andiamo a leggere i numeri, siamo sicuri che il problema siano gli affitti brevi e non altre categorie come i B&B o altre tipologie di ricettività normate dalla stessa Regione? Perché solo analizzando i numeri possiamo intervenire sul problema. Sempre ricordando che ogni iniziativa ministeriale volta a favorire il decongestionamento del turismo italiano e la promozione di un’offerta quanto più diversificata, non può in ogni caso travalicare i confini del riparto di competenze tra Stato e Regioni, anch’esse deputate a porre in essere ogni misura utile a garantire la migliore fruizione del proprio patrimonio turistico».

Lei ha parlato del G7 sul turismo in programma a Firenze dal 13 al 15 novembre? Quali sono i reali obiettivi del vertice?

«Uno su tutti quello di mettere a fuoco una visione unanime sul turismo per i prossimi anni. Definendo anche quale ruolo dovrà assumere l’intelligenza artificiale. È da considerare una minaccia oppure un’opportunità? Io sono per la seconda risposta, se ovviamente normata in modo adeguato e con al centro l’uomo. Il turismo è ormai un settore molto digitalizzato, gran parte delle richieste di informazioni e delle prenotazioni arriva dal web e per gli imprenditori del settore rappresentano uno strumento imprescindibile. Inoltre, l’AI ci auterà molto anche per quanto riguarda la statistica. Avendo una coscienza più definita dei numeri sarà possibile incrociare meglio la domanda con l’offerta. E anche la promozione non potrà che risentirne positivamente, dandoci la possibilità di raccontare meglio i nostri territori e di individuare nuove professioni nell’ambito turistico. Lei, ad esempio, si immaginava una decina d’anni fa che l’influencer potesse diventare un mestiere?».

Perché Firenze sede del G7? Non le sembra una scelta un po’ scontata? Non era meglio una bella località della costa tirrenica allo scopo di rilanciare il turismo balneare?

«Firenze è una delle capitali del turismo riconosciute tali a livello planetario. Non è solo arte e cultura, ha le colline, ha degli ottimi prodotti enogastronomici. Di mare si parlerà eccome nel corso del G7. Prima che noi arrivassimo al governo ci si era dimenticati che l’Italia è una penisola. Non a caso la premier Meloni ha voluto un ministero per le Politiche del mare. Una grande scelta innovativa che ci sta consentendo di sfruttare le tante possibilità legate al mare che ci sono. Penso ad esempio al turismo subacqueo, in grande crescita e bisognoso di attenzione e norme. Insieme al Cipom (il Comitato interministeriale per le politiche del mare, ndr) ci stiamo già lavorando».

Ci vuole spiegare bene cosa prevede la norma che ridisegna i contorni della tassa di soggiorno?

«Non c’è alcuna norma, abbiamo solo avviato una riflessione su questa imposta proprio per lavorare, insieme ai Comuni e alle associazioni di categoria, ad una tassa che possa davvero esser funzionale al turismo. I confronti proseguono, infatti a settembre ci sarà il tavolo di lavoro con i Comuni».

Lei ha sempre sostenuto che sarebbe meglio e più corretto parlare di “tassa di scopo”. Cosa intende?

«La tassa di soggiorno deve essere investita in servizi per il turismo, in promozione, deve supportare politiche di gestione del turismo, di accessibilità, di destagionalizzazione e delocalizzazione. Non deve servire per appianare i debiti dei Comuni».

Recentemente il presidente della Toscana Eugenio Giani ha annunciato di voler far pagare le prestazioni ospedaliere (a partire dai semplici accessi ai pronto soccorso) ai turisti extra Ue. È d’accordo?

«L’Italia si è sempre mostrata una nazione accogliente, credo che far pagare ai turisti (che già pagano la tassa di soggiorno) le prestazioni ospedaliere sia sbagliato».

Il turismo del lusso (vedi Forte dei Marmi) tiene bene, ma sta sparendo sempre di più la vacanza del ceto medio, eccessivamente tartassato dalle bollette e dal caro-vita. Cosa fare per risollevare questa fascia media della popolazione?

«Il governo Meloni punta ad aiutare soprattutto i redditi medio-bassi con una nuova modulazione delle aliquote Irpef e conferma del taglio del cuneo fiscale. Un grande aiuto è stato dato alle famiglie numerose e alle politiche per la natalità».

Al convegno sulla nautica organizzato dal Tirreno a Viareggio il ministro per le Politiche del Mare Musumeci ha sottolineato l’esigenza di avere più posti barca a disposizione nei porti. Ma secondo lei c’è posto? È uno scenario possibile per la Toscana?

«Assolutamente. Il mare è una nostra risorsa preziosa e va sfruttata al meglio. La blue economy è una politica che va implementata e che risulta fondamentale per l’Italia che ha molte opportunità grazie alla lunghezza della nostra costa. La nautica ha un ruolo importante all’interno della blue economy sia per i numeri del comparto, vero vanto del made in Italy, ma anche, e soprattutto, per l’indotto che genera grazie all’economia della filiera nautica. La nautica da diporto è il vero motore di sviluppo economico per il centro sud Italia. Non bisogna criminalizzare la nautica e gli armatori, retaggio di vecchie ideologie politiche, ma anzi sostenere questa filiera. L’assenza di posti all’ormeggio, e quindi di infrastrutture adeguate, limita la potenzialità di sviluppo dell’intero sistema e colpisce in particolare il centro-sud».

Trascorrerà le ferie in Versilia, tra la sua villa e il Twiga?

«Certo che sì, e chi si muove? La Versilia è ormai nel mio cuore. È qui che mio figlio ha imparato a camminare, ad andare in bici e a nuotare».

Come deve essere, secondo lei, la Versilia del futuro?

«La Versilia è ormai una destinazione internazionale. Torno sull’argomento già affrontato, ma mi preme particolarmente: qui c’è bisogno di un porto turistico all’altezza della situazione, capace di ricevere i turisti che arrivano in barca. Occorre inoltre puntare sulla destagionalizzazione: ci vogliono campi da golf, strutture di richiamo per il camperismo, fenomeno in aumento, e bike-hotel, perché il cicloturismo è uno dei mezzi migliori per allungare la stagione. Bisogna poi che alberghi e ristoranti rimangano aperti più a lungo, grazie anche alla previsione di maggiori sostegni economici per il settore. Non va bene che, finito settembre, la Versilia spenga le proprie luci».

Veniamo all’industria della neve. Alla luce del profondo cambiamento climatico che ci troviamo di fronte e con cui dovremo sempre più fare i conti, è ancora sostenibile puntare sul turismo bianco per una parte di Toscana? Il nostro Appennino potrebbe forse “riciclarsi” in una formula più green e più ambientalista adatta alle stagioni primaverile ed estiva?

«Stiamo andando verso nuovi modi di vivere la montagna che infatti sta diventando una meta anche in estate, i numeri parlano di crescita continua. Gli Appennini, che come governo stiamo sostenendo anche attraverso i fondi dedicati alla dorsale tosco-emiliana (ricordo i recenti 13 milioni approvati nell’ultimo Consiglio dei ministri), devono rafforzare il proprio marchio, lavorare sul marketing e sulla promozione come hanno fatto Regioni come il Piemonte. È possibile immaginare una montagna diversa e sostenibile, accessibile tutto l’anno, se si punta sul rafforzamento dell’identità dei territori e se ci si unisce sotto un unico brand. La forza del turismo è nel suo marchio: basti pensare al nostro brand Italia che è il terzo marchio al mondo e che rappresenta il nostro più potente motore in termini di attrazione turistica».

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