L'allarme
L’Italia si è trasformata in una Repubblica fondata sulla magistratura
Costituzione ed equilibrio tra i poteri
Ecco le riflessioni dei lettori pubblicate sull’edizione cartacea di martedì 23 luglio, nella pagina dedicata al filo diretto con il direttore de Il Tirreno, Cristiano Marcacci. “Dillo al direttore” è l’iniziativa che permette alle persone di dialogare direttamente con Cristiano Marcacci, attraverso il canale WhatsApp (366 6612379) e l’indirizzo mail dilloaldirettore@iltirreno.it.
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di Francesco Ferroni *
Si è soliti dire che la nostra Costituzione si fonda sull’equilibrio fra i poteri e sulla loro reciproca limitazione. Il Parlamento fa le leggi, il Governo le applica e la Magistratura controlla che queste siano rispettate decidendo in conformità a esse i processi in sede civile, le controversie fra i cittadini e le pubbliche amministrazioni, nonché le cause penali che solo lo Stato ha la potestà di avviare attraverso il suo procuratore. Tralascio volutamente la deriva inarrestabile assunta dalla Corte Costituzionale che è di fatto divenuta, attraverso le famigerate sentenze interpretative, una sorta di terza camera legislativa.
Così il Parlamento fornisce le regole, il Governo le esegue, la Magistratura, autonoma e indipendente, decide le controversie, ma deve farlo in applicazione delle leggi in vigore. Superato lo schemino formalistico, si pone però una domanda: in cosa riposa la garanzia per la società civile del rispetto della legge da parte dei giudici e dei pubblici ministeri, la verifica di ciò? I giuristi dicono che il controllo avviene attraverso l’utilizzo da parte dei cittadini dei cosiddetti mezzi di impugnazione, vale a dire di altri giudizi di nuovo decisi da magistrati autonomi e fideisticamente definiti indipendenti. In pratica, l’unica “garanzia” è la coscienza del giudice, la sua terzietà, le sue conoscenze giuridiche e la voglia di svolgere il proprio compito. Nessuno può discutere le decisioni giudiziarie e spesso anche la critica a tali decisioni suscita una “canea” di disapprovazioni. Il tutto con una aggravante: il popolo può mandare a casa parlamentari e governanti, ma nulla può farsi contro i magistrati.
Unici in tutto il panorama sociale non rispondono personalmente dei danni arrecati dalle loro azioni o omissioni, vengono promossi per anzianità ed aumentano i loro stipendi a prescindere dal merito, si spostano dal giudicante al requirente e viceversa, sono sempre nemici di qualunque riforma che li tocchi, divengono ex abrupto e durante la loro carriera parlamentari, amministratori locali, sindaci e presidenti di regione. Con ciò, ex post rivelando le loro opinioni politiche, arrecano danno alla credibilità del loro pregresso operato e dell'intero corpo giudiziario di appartenenza. Chi controlla che non vi siano irregolarità o responsabilità disciplinari?
Loro stessi attraverso il Consiglio Superiore della Magistratura che, come giudice domestico, li valuta e conosce di eventuali loro responsabilità disciplinari. Parlamento, Governo e Magistratura sono l'architrave del sistema democratico. Solo che codeste istituzioni si incarnano nelle persone fisiche e mentre il bravo cittadino può mandare a casa parlamentari e governanti inadeguati, nulla può fare per liberarsi di magistrati in mala fede, incapaci o fannulloni. Siamo tutti uguali, dice l’art. 3 della Costituzione, ma i magistrati sono più uguali di noi: sono incensurabili. L’Italia è divenuta una Repubblica democratica fondata sulla Magistratura: a che, quindi, le elezioni se basta un avviso di garanzia a sovvertirne i risultati?
* avvocato