Il Tirreno

Prato

La sentenza

Prato, assolto il tecnico accusato di aver manomesso l’orditoio in cui morì Luana D’Orazio

di Paolo Nencioni

	Luana D'Orazio
Luana D'Orazio

Il giudice ha accolto la tesi dell’avvocato difensore Melissa Stefanacci. Il pubblico ministero aveva chiesto una condanna a due anni e otto mesi

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PRATO. È stato assolto con formula piena il manutentore Mario Cusimano, che era accusato di omicidio colposo e rimozione dolosa delle cautele anti-infortunistiche in relazione alla morte della giovane operaia Luana D’Orazio, deceduta il 3 maggio 2021 mentre lavorava all’interno dell’Orditura Luana di via Garigliano, a Montemurlo.

Il pubblico ministero Vincenzo Nitti aveva chiesto una condanna a due anni e otto mesi di reclusione, ma il giudice Santinelli ha accolto la tesi dell’avvocato difensore Melissa Stefanacci e ha pronunciato una sentenza di assoluzione, che non è un’assoluta sorpresa. La difesa infatti aveva sollevato diversi dubbi durante il dibattimento sull’effettiva responsabilità dell’imputato.

Mario Cusimano si è sempre proclamato innocente e anche per questo, a differenza dei titolari di fatto e di diritto dell’Orditura Luana, Daniele Faggi e Luana Coppini, che hanno patteggiato rispettivamente due condanne a un anno e sei mesi e due anni di reclusione (con la sospensione condizionale della pena), lui ha scelto di farsi processare col rito ordinario che non prevede “sconti”.

In occasione dell’udienza preliminare davanti al gup Francesca Scarlatti che doveva decidere sulle costituzioni di parte civile, l’avvocato difensore di Cusimano aveva depositato una memoria difensiva che poteva gettare una nuova luce su quanto accaduto. Nella memoria erano contenuti due nomi di persone rimaste fuori dalle indagini. Sono due elettricisti che lavorano molto con le orditure e con le filature del distretto tessile pratese. Uno in particolare sembra sia una specie di mago delle centraline elettroniche oltre che degli impianti elettrici. Il suo nome comparirebbe sul manuale tecnico dell’orditoio sequestrato nell’azienda di via Garigliano dove è morta Luana D’Orazio. Non quello dell’incidente, ma l’altro “gemello” sul quale è stata accertata una manomissione dei dispositivi di sicurezza. Ci sono indicazioni di modifiche da apportare o già apportate sull’impianto e sulla pagina successiva compare il nome del tecnico scritto a penna, di cui però non c’è traccia nelle fatture emesse dall’Orditura Luana. In realtà non ci sarebbe traccia di fatture emesse nei confronti di elettricisti negli ultimi cinque anni, e già questa è una cosa abbastanza strana per un’azienda di questo tipo.

Fin dall’inizio le indagini sulla morte di Luana D’Orazio si erano orientate sulla manomissione dell’orditoio, che, escludendo il sistema di bloccaggio, consentiva di lavorare senza interruzioni al prezzo di una minore sicurezza per i lavoratori. Una manomissione subito accertata dai periti incaricati dalla Procura, ma è rimasta in sospeso la domanda più importante: chi aveva messo le mani sul macchinario? Una domanda che rimarrà senza risposta, perché la pista suggerita dalla memoria difensiva, cioè l’intervento di un secondo tecnico, non è mai stata battuta, con la motivazione che il presunto intervento era avvenuto sul macchinario “gemello”, non oggetto dell’indagine.

Tra le tesi difensive che probabilmente hanno fatto breccia nel giudice c’è anche una considerazione logica. Mario Cusimano è fondamentalmente un meccanico e per lui sarebbe stato più naturale procedere a una modifica meccanica anziché elettrica come quella che è costata la vita a Luana.

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