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La trattativa

Prato calcio, c’è Santi dietro alla cordata che vuole subentrare a Commini

di Paolo Nencioni

	L'imprenditore Giovanni Santi
L'imprenditore Giovanni Santi

Il socio della Beste ha messo insieme 37 “volenterosi” (tra cui il costruttore Nigro): ognuno di loro è disponibile a investire tra i 35mila e i 40mila euro

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PRATO. C’è l’imprenditore Giovanni Santi, uno dei soci della Beste, dietro alla cordata di “volenterosi” che stanno cercando di convincere il presidente del Prato Stefano Commini a cedere la società. C’è Santi, ma c’è anche un altro Giovanni, in questo caso Giovanni Nigro, il più importante impresario edile della città, che ha realizzato il Viola Park per la Fiorentina e forse ora ha messo gli occhi sullo stadio Lungobisenzio, un impianto da valorizzare.

Sono questi i due nomi che trapelano da una sorta di patto di riservatezza che finora è stato rispettato, i due nomi certamente più importanti tra i 37 che sono stati convinti da Giovanni Santi a mettere mano al portafoglio per rilevare il Prato calcio e tirarlo fuori dalle sabbie mobili di una serie infinita di stagioni anonime, prima in Serie C e ora in Serie D, con tanti dolori e pochissime gioie per i tifosi dopo il passo indietro della famiglia Toccafondi che sembrava preludere a una rinascita.

Ognuno dei 37 membri della cordata si è detto disponibile a investire tra i 35.000 e i 40.000 euro in un programma triennale di rilancio, che a conti fatti significa una cifra compresa tra un milione e 295mila e un milione e 480mila. Al momento il Prato viene valutato tra i 300 e i 350mila euro, ma si porta dietro un debito di alcune centinaia di migliaia di euro. In pratica il presidente Commini ha tenuto in pareggio le prime due stagioni e deve rimettersi in pari per le successive due. Il bilancio 2023 non è stato presentato alla scadenza del 30 giugno 2024 perché nel calcio dilettanti il termine c’è ma non è perentorio. Dunque solo Commini sa di quanto sia in rosso. Il debito complessivo non è un problema insormontabile per l’iscrizione al prossimo campionato di Serie D, ma se Commini vuole iscrivere la squadra deve necessariamente saldare il debito coi giocatori del gruppo prima squadra, che dovrebbe essere intorno ai 180mila euro. E lo deve fare entro il 30 giugno per evitare penalizzazioni, oppure entro il 7 luglio, con penalizzazioni.

In ogni caso gli imprenditori che fanno parte della cordata non sono disponibili ad accollarsi il debito del Prato. Potrebbero offrire un totale di 600.000 euro, che sarebbe la somma della valutazione della società con un bonus in caso di promozione in Serie C.

Chi conosce bene la situazione del Prato assicura che il presidente non è con l’acqua alla gola, non ha bisogno di vendere ora e dunque potrebbe temporeggiare, anche per strappare condizioni migliori. Venerdì le due parti si sono viste nello studio di un legale e in queste ore i “volenterosi” dovrebbero mettere l’offerta nero su bianco, che al momento ancora non c’è, ma il presidente Commini ne conosce i termini e dunque nella sostanza, che sia scritta o verbale, non cambia nulla.

Di trattative che sembravano promettenti e poi si sono risolte in un nulla di fatto ce n’è stata più d’una intorno al Prato negli ultimi anni, ma questa sembra abbastanza seria. E se Commini decidesse di temporeggiare e fare un’altra stagione alla guida della società, tra sei mesi o tra un anno potrebbe non trovare più la proposta che è sul tavolo adesso. Nel caso di una mancata iscrizione al campionato di Serie D, invece, il Prato dovrebbe ripartire dalla Terza categoria, lasciando alla Zenith lo scettro della squadra più su nei campionati di calcio. I due nomi usciti allo scoperto, Giovanni Santi e Giovanni Nigro, porterebbero in dote non solo una solidità finanziaria di tutto rispetto, ma anche una serie di contatti che potrebbero rivelarsi decisivi per una effettiva rinascita del Prato. Insomma, se son rose fioriranno. Tutto ora dipende dal presidente Stefano Commini.

Giovanni Santi, da parte sua, fa sapere di non avere avuto contatti col presidente Commini da un paio di anni. Non smentisce di far parte della cordata che vorrebbe acquistare il Prato, ma non si ritiene un “primus inter pares” nel gruppo di imprenditori.

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