Il Tirreno

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Chiesa

L'abbraccio di Pisa al nuovo vescovo Saverio Cannistrà: «Ho bisogno di voi»

di Francesco Paletti

	Il nuovo vescovo di Pisa, monsignor Saverio Cannistrà (foto Stick) e la maglia del Pisa che gli è stata regalata
Il nuovo vescovo di Pisa, monsignor Saverio Cannistrà (foto Stick) e la maglia del Pisa che gli è stata regalata

Quattromila persone dentro la cattedrale. Il regalo della maglia nerazzurra: «Mi piace, abbiamo bisogno di un gioco di squadra»

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PISA. «Mi sento messo alla prova, forse la più grande della mia vita, giunta quando meno me l'attendevo». Mancano pochi minuti alle 19, quando padre Saverio Cannistrà (così ha chiesto di essere chiamato), da mezz'ora arcivescovo di Pisa, si rivolge per la prima alla sua nuova comunità. Ad ascoltarlo c'è tutto il presbiterio pisano, ma anche due cardinali appena tornati dal conclave (il presidente della Conferenza episcopale toscana Augusto Paolo Lojudice e l'arcivescovo emerito di Firenze Giuseppe Betori), circa trenta vescovi a partire da Giovanni Paolo Benotto per 17 anni pastore della chiesa pisana e da ieri arcivescovo emerito, tantissimi confratelli della congregazione dei Carmelitani Scalzi e le autorità civili con il governatore Eugenio Giani e il presidente del consiglio regionale Antonio Mazzeo, quasi tutti i sindaci della diocesi a cominciare da quello del capoluogo Michele Conti e i presidenti delle due province (Angori per Pisa e Pierotti per Lucca).

Soprattutto, però, c'è la Cattedrale di Santa Maria Assunta con oltre 4mila fedeli accalcati, venuti a salutarlo. È a tutti loro che padre Cannistrà si rivolge alla fine della celebrazione mettendo sul tavolo le proprie umanissime fragilità: «Probabilmente solo a quest'età posso affrontare una prova del genere, quella in cui si è sufficientemente deboli per chiedere aiuto e sufficientemente forti per lasciarsi aiutare» ha detto sorridendo. Poi quella richiesta, tenera e forte allo stesso tempo: «La vostra presenza in questo momento cruciale mi dice che ho bisogno di tutti voi per poter diventare ciò che già sono in forza del sacramento ricevuto e quando dico “tutti” intendo proprio ciascuno di voi, ognuno e ognuna con il suo dono e la sua grazia particolare perché solo così potrò essere il pastore di questa Chiesa».

Da lì, d'altronde, è cominciato anche l'incontro con i giovani della diocesi, nella chiesa di San Torpè dei Carmelitani Scalzi di Pisa, dove il nuovo arcivescovo di Pisa ha ricevuto l'ordinazione presbiteriale il 24 ottobre 1992, e da cui sono iniziate le celebrazioni di ieri. Lì padre Cannistrà ha ripercorso il suo legame con la città e «i sogni che qui ho coltivato, dall'amore per la letteratura, realizzato alla Scuola Normale e grazie a una persona per importantissima, come il professor Gianfranco Contini, alla scoperta della vocazione in cui ho avuto come punto di riferimento padre Enrico Bianucci, allora maestro dei novizi» ha detto. Per domandarsi subito chi lo stia accompagnando in questa terza “chiamata” che lo ha riportato a Pisa: «La risposta l'ho trovata ieri (sabato ndr), ad una veglia di preghiera nella parrocchia di Ghezzano: davanti a me c'erano famiglie con bambini, anziani e giovani e lì ho capito che il mio maestro, stavolta, sarebbe stato tutto il popolo di Dio e che il mio sogno è essere educato e amato nel rapporto con quel popolo» ha detto prima di ricevere i doni dai giovani della pastorale giovanile, una maglia del Pisa («mi piace perché abbiamo bisogno di fare gioco di squadra» ha sorriso) e una bacheca con la carta stilizzata della diocesi di Pisa. Poi l'ultimo passaggio, non meno significativo: «Sapete perché sono così sereno? La veglia di Ghezzano mi ha fatto da ansiolitico – ha sorriso –, mi ha fatto pensare al ministero episcopale non come una serie di prestazioni ma a un insieme di relazioni».

Di «aiuto reciproco», d'altronde, padre Cannistrà ha parlato anche nell'incontro con le istituzioni, davanti all'ingresso del Museo delle Sinopie. Mettendo, però, già sul tavolo un tema: «Sono arrivato qui accompagnato da un folto gruppo di giovani, un dono ma anche un richiamo a prendere su di me e su di noi, il dolce carico della loro formazione non solo intellettuale ma anche umana, civile e spirituale. Pisa è una città viva, nella quale poter apprendere e coltivare la sapienza più importante e complessa, quella di essere uomini e donne pienamente umani». Curioso anche il dono che il nuovo arcivescovo ha voluto consegnare a tutti i partecipanti alla sua ordinazione, una piccola riproduzione de “Il Seminatore” di Van Gogh, «perché il volto del seminatore resta nell'ombra e la sua figura quasi si confonde con la terra – ha spiegato-: solo il gesto è chiaro ed energico e sparge con decisione i semi preziosi nei solchi, incurante degli uccelli che calano per carpirli. Perché la vita è più forte e nessuno può spegnerla, come nessuno può spegnere quell'enorme sole che è al tramonto, ma sembra non voler calare mai». Il nuovo arcivescovo, ovviamente, ha ricevuto anche il sentito benvenuto da monsignor Benotto: «Caro fra Saverio – ha detto durante l'omelia- tu sei un dono che Papa Francesco ha fatto alla nostra chiesa, la quale ti viene affidata perché tu la guidi sulle vie del Vangelo».


 

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