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Magona nel vortice Liberty, il gruppo è in caduta libera: fabbriche ko in tutta Europa - La mappa della crisi

di Luca Centini
Magona nel vortice Liberty, il gruppo è in caduta libera: fabbriche ko in tutta Europa - La mappa della crisi

Debiti, bancarotta e aziende in difficoltà: un gruppo in caduta libera. La cessione agli svizzeri di Trasteel sarebbe la via di uscita più logica per il sito industriale piombinese

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PIOMBINO. Dalle fabbriche acquistate in tutta Europa, ai piani di rilancio ambiziosi, con l’aiuto della finanza globale e dei governi. Sembrava l’inizio di una grande storia industriale e invece quello del gruppo anglo-indiano Liberty, che dal 1° luglio del 2019 ha preso in mano lo stabilimento Magona, si è rivelato solo un fuoco di paglia. O, più precisamente, un gorgo che sta inghiottendo – anzi in buona parte lo ha già fatto – siti produttivi con alle spalle storia, produzioni e clienti. Il dramma dei 500 lavoratori di Piombino rimasti senza stipendio (l’azienda si è impegnata a pagare entro la fine di settembre ma non ha indicato una data certa) ha irrimediabilmente acceso un campanello di allarme sul destino della storica fabbrica di Piombino. Il sito rischia concretamente il fallimento, qualora non si dovesse concretizzare in tempi rapidi la cessione agli svizzeri di Trasteel (nel tavolo di domani al ministero il governo cercherà di arrivare al dunque). Sarebbe la via di uscita più logica, più razionale. Ma la logica non pare essere la strada maestra per la multinazionale in crisi finanziaria, almeno se si guarda a quanto accaduto negli altri stabilimenti di Liberty Steel in giro per l’Europa tra debiti accumulati, stipendi non pagati, posti di lavoro persi e bancarotte attese o già dichiarate.

All’inizio di giugno il portale specializzato Gmk Center ha pubblicato un articolo intitolato “Liberty Steel: dalla grande promessa al crollo di un impero” che è, al tempo stesso, una sintesi degli ultimi – tumultuosi – anni trascorsi dalla multinazionale a partire dalle acquisizioni di fabbriche in giro per l’Europa, e una mappa puntuale dei siti industriali del gruppo in crisi (in realtà negli ultimi mesi l’impero ha perso altri pezzi).

L’impero in frantumi

L’approfondimento del portale specializzato partiva dalla notizia della riaccensione dell’altoforno di Galati, sito romeno di proprietà di Liberty Steel, una sorta di colpo di coda del gruppo, e dal massimo sforzo per salvare gli asset in Gran Bretagna. Ecco, è notizia di poche settimane fa l’avvio delle procedure di amministrazione straordinaria di Liberty Speciality Steel in UK. Piove sul bagnato, dunque. Basta riprendere in mano la mappa messa assieme da Gmk Center e che riguarda gran parte dell’Europa per rendersene conto. Quello di Liberty Steel, membro di GFG Alliance, è un impero che ha iniziato a sgretolarsi nel 2021, dopo la bancarotta della banca d’affari Greensill Capital, principale creditore del gruppo. Da quel momento, nonostante i tentativi di rinegoziare il debito e il coinvolgimento dei vari governi europei, si è innescata una reazione a catena che, come per Magona, ha mandato stabilimenti e lavoratori a gambe all’aria. Gran parte di questi furono rilevati dal gruppo nel 2019, in seguito all’acquisizione per 740 milioni di euro di sette acciaierie e cinque centri di servizio in sette Paesi di Arcelor Mittal, costretta a cedere asset per ragioni legate all’Antitrust dopo l’acquisto dell’ex Ilva di Taranto.

La mappa

In Ungheria, nel novembre del 2024, il tribunale fallimentare ha ordinato la liquidazione delle società Dunaferr, Dunarolling e Duna Fornace, asset acquisiti nel 2023 dal gruppo Liberty e precipitati rapidamente in una crisi produttiva e finanziaria. A giugno i liquidatori stavano conducendo una strategia basata sulla ricerca di acquirenti per le varie divisioni di Dunaferr. In Romania, all’inizio di giugno, nello stabilimento di Galati, il più grande del Paese e in liquidazione preventiva dallo scorso marzo, è stato riacceso l’altoforno grazie a importanti aiuti di Stato. Un segnale di speranza che, tuttavia, non cancella le difficoltà, visto che il gruppo sta tentando di rinegoziare il debito con circa 1.200 creditori.

In Polonia lo stabilimento Huta Liberty Czetochowa è stato dichiarato in bancarotta nell’ottobre del 2024. A novembre il gruppo di stato Weglokokoks è stato selezionato come affittuario dello stabilimento, ha assunto la responsabilità dei dipendenti della fabbrica e di un piano di rilancio che, a gennaio del 2025, ha avuto un momento chiave con il riavvio del forno elettrico. In Belgio lo stabilimento Liberty Steel di Liegi è stato dichiarato in bancarotta nella primavera del 2025. A Dudelange, in Lussemburgo, lo stesso esito con qualche mese di anticipo (fine 2024). In Repubblica Ceca lo stabilimento Liberty Ostrava è stato messo in vendita dal gruppo lo scorso febbraio. Completa il quadro Liberty Speciality Steel Uk. A giugno, riporta Gmk Center, era stata rimandata la decisione sulla liquidazione per una negoziazione in corso con un possibile acquirente. Poche settimane fa, però, l’epilogo: amministrazione straordinaria. L’acciaio del gruppo Liberty, insomma, sembra sprofondare in sabbie mobili globali. La speranza è che Magona riesca a tirarsene fuori in fretta. 
 

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