Il Tirreno

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In tribunale

Valdinievole, morto soffocato dal boccone: assolta la madre del ragazzo

di Redazione Montecatini
Il tribunale di Pistoia (foto archivio)
Il tribunale di Pistoia (foto archivio)

La donna era accusata di omicidio colposo del figlio per non aver dato l’allarme e non aver fatto intervenire i soccorsi

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MONTECATINI. È una storia dolorosa, da qualunque parte la si guardi. Una storia di dolore, quel dolore che spesso finisce per portarti a cercare consolazione in mondi paralleli dove spiritualità e fuga dalla realtà si confondono. Ma è anche una storia di morte e di aule giudiziarie quella che si è chiusa al tribunale di Pistoia, con l’assoluzione di una donna accusata dell’omicidio colposo del figlio. La vicenda si era consumata in un paese della Valdinievole e per protagonisti ha avuto una cinquantenne e il figlio, 18enne, affetto sin dalla nascita da una tetraparesi spastica e da altre malattie congenite che lo rendevano praticamente immobile, e anche incapace di riuscire a mangiare da solo.

L’accusa

Secondo l’accusa negli ultimi anni, la donna, da quando aveva cominciato a frequentare la setta religiosa di una sorta di santone (un ex sacerdote scomunicato dalla chiesa) avrebbe via via trascurato sempre di più il figlio disabile, arrivando a lasciarlo a volte da solo in casa nonostante avesse bisogno di un’assistenza continua per qualunque necessità. E solo, in salotto, sarebbe stato anche in quel maledetto pomeriggio del gennaio 2023, quando si è verificata la tragedia.

Secondo la ricostruzione il ragazzo doveva essere imboccato, fino a quando non manifestava, rifiutando ulteriore cibo, di non voler mangiare più. Ed era quello che sarebbe avvenuto quel pomeriggio, quando il figlio ha smesso di mangiare. A quel punto è stato spostato in un’altra stanza, in salotto. Ma il ragazzo avrebbe avuto in bocca ancora un boccone da deglutire che non era riuscito a mandare giù.

La tragedia

Così avrebbe accusato l’insufficienza respiratoria: ad accorgersene e a dare l’allarme il fratello quando è entrato nella stanza. La donna a quel punto, invece di chiamare l’ambulanza, ha caricato il figlio in macchina, probabilmente per portarlo all’ospedale. Ma è stato in quel momento che il giovane avrebbe avuto un rantolo, interpretato dalla madre come un segnale di vita e, quindi, del fatto che si sarebbe allarmata senza ragione. Così ha riportato il figlio in casa per poi accorgersi che no, in effetti il ragazzo non respirava più.

Il processo

Ed è qui che il comportamento della donna aveva portato al suo rinvio a giudizio, in un processo che l’ha vista contrapposta al marito (e padre del ragazzo) e ai nonni del giovane, che si erano costituiti parte civile. Invece di dare l’allarme al 118 la donna ha prima chiamato il marito al telefono che però, essendo al lavoro, non ha potuto rispondere. Subito dopo ha mandato un messaggio al santone della setta, per dirgli che il figlio sembrava morto. E solo dopo circa un’ora dalla prima chiamata il padre ha potuto contattare la moglie, ricevendo la notizia che il figlio era morto. Solo a quel punto è partito l’allarme al 118, lanciato dal padre del ragazzo del ragazzo, ma quando i soccorritori sono arrivati a casa non hanno potuto far altro che constatare il decesso.

Quel mancato allarme ha portato all’accusa di omicidio colposo per la donna. Ma l’avvocato pistoiese Ilaria Valentini, nella sua arringa, ha evidenziato come non fosse dimostrabile, al di là di ogni ragionevole dubbio, che la causa diretta della morte del ragazzo – anche alla luce delle gravi patologie di cui soffriva – fosse stata causata dal comportamento omissivo della madre. Una tesi accolta e che ha portato all’assoluzione della donna.

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