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Il caso

Auto pagate e mai consegnate: chiesto il processo per sette. Chi sono e il valore (enorme) del presunto raggiro

di Pietro Barghigiani

	Martina Mucci e Francesco Lucchesi
Martina Mucci e Francesco Lucchesi

L’accusa della Procura di Pisa è di associazione a delinquere per compiere truffe e appropriazioni indebite. Sono 190 le parti offese dalla Toscana e non solo. Il meccanismo, la bancarotta e i finanziamenti illegali

13 settembre 2024
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LUCCA. Un sistema pianificato per raggirare quasi duecento aspiranti acquirenti di auto viste, pagate e mai ricevute.

Lo sostiene la Procura di Pisa nell’inchiesta, in procinto di diventare processo, nel corso della quale il numero dei danneggiati avrebbe potuto crescere se il passaparola non avesse interrotto l’attività della presunta associazione a delinquere finalizzata alla truffa e all’appropriazione indebita capace di far sparire 1, 4 milioni di euro in un paio d’anni fino al luglio 2021. Con un’appendice sostanziale, quella della bancarotta con un “buco” stimato in 900mila euro addebitato alla società Autoelle Group di Nodica (Vecchiano), l’epicentro da cui nasce una vicenda finita anche nel programma tv delle Iene.

Chi sono

Sono sette le persone per le quali viene chiesto il rinvio a giudizio (udienza dal gup a novembre) . Si tratta di Martina Mucci, 25 anni, di Cecina, legale rappresentante dell’autosalone poi dichiarato fallito nel 2022; Francesco Lucchesi, 48 anni, di Castelnuovo, domiciliato a Ferrara; Gianfilippo Ciaramella, 50 anni, residente a Rosignano Marittimo; Raul Bianchi, 61 anni, di Camigliano (Capannori) ; Sante Vito Didio, 46 anni, di Prato; Antonella Monaco, 42 anni, di Prato; Maurizio Pantaleoni, 57 anni, di Roma.

Le accuse

Tutti, eccetto Pantaleoni, sono accusati di associazione a delinquere finalizzata alla truffa e all’appropriazione indebita. Per l’accusa Meucci era la promotrice della presunta organizzazione illecita nel ruolo di responsabile sulla carta dell’Autoelle; Lucchesi era l’amministratore di fatto, Didio lo era della Autonoleggio Latini Sas di Prato; Monaco figurava come legale rappresentante della ditta individuale Feel Pride di Prato e Ciaramella e Bianchi erano i venditori in forza all’Autoelle.

La bancarotta

Per il filone della bancarotta fraudolenta le contestazioni da provare in aula riguardano ancora Mucci, Lucchesi, Didio, Monaco e Pantaleoni come amministratore di diritto dell’autonoleggio Latini Sas. Nel corso delle indagini della Guardia di finanza viene imputato a Didio e Monaco «l’aver messo a disposizione i conti correnti su cui venivano riversati i soldi della presunta truffa e anche l’aver emesso false fatture con causale “noleggio auto” per operazioni inesistenti».

Finanziamenti illegali

Negli atti dell’accusa il sistema prevedeva che le vetture della Autoelle venissero pubblicizzate su siti e riviste specializzate attraverso offerte accattivanti. Il cliente entrava nei locali di Nodica, versava l’anticipo e poi passava il tempo, anche mesi, a sollecitare consegne che non venivano concluse. In alcuni casi sarebbero stati falsificati pure i contratti di finanziamento intestati a ignari automobilisti per l’acquisto di veicoli che poi venivano trasferiti su altri proprietari. E il debitore inconsapevole veniva, quindi, cercato dalla finanziaria per restituire soldi mai visti.

Spese folli

Quando i casi della auto pagate e non consegnate uscirono dall’alveo dei fisiologici problemi di assenza di liquidità momentanea di una ditta e si estesero con la velocità di un virus, della vicenda si occuparono anche le Iene. Oltre alla Procura con le prime querele. Mucci ammise le spese folli per viaggi a Montecarlo e borse (anche di 15mila euro) con i soldi della società: «Ho sbagliato, ma sono una prestanome di Lucchesi». E lui, il presunto responsabile del sistema Autoelle, dopo essere stato braccato tra Castelnuovo, Lucca e Cecina alla fine si arrese all’inviato del programma tv. E in lacrime ammise che «gli errori si fanno tutti nella vita».

Omicidio stradale

Le storie di Mucci e Lucchesi si erano intrecciate ben prima del fallimento dell’Autoelle. Un passato tragico con una terza persona coinvolta, vittima di un incidente d’auto. Si chiamava Giada Russo, 21 anni, di Rosignano. La notte tra il 23 e il 24 settembre 2017 lungo la Vecchia Aurelia tra San Vincenzo e Donoratico era sul sedile del passeggero di un Porsche guidata da Martina Mucci, allora 19enne. Guidava senza patente.

Dopo una condanna in primo grado a 7 anni per omicidio stradale, in appello la pena venne ridotta a 4 anni e 8 mesi confermati in Cassazione.

Pena rimasta a 7 anni, mai appellata, per Lucchesi, “colpevole” di essere stato il garante del noleggio mettendo a disposizione della Mucci la Porsche dello schianto mortale.

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