Il Livorno è in buone mani: chi è Daniele Cardelli, il De Gea fedelissimo di mister Indiani
Il portiere di Montecatini ha aspettato per un anno l’offerta giusta: le porte sono spesso girevoli, ma la compattezza difensiva tiene
LIVORNO. Non ha certo la storia agonistica di David De Gea, il fenomeno tra i pali che con Atletico Madrid (una Europa League e una Supercoppa Uefa) Manchester United (un’altra Europa League) ha vinto tantissimo e che per ricominciare, dopo un anno di stop, ha scelto Firenze. Ma, esattamente come lo spagnolo, Daniele Cardelli, dopo una stagione passata ad allenarsi in solitaria aspettando l’occasione giusta, ha dimostrato che sì, aveva ragione lui a non accontentarsi. È tornato a seguire Indiani, l’allenatore con cui ha già vinto un campionato, sempre di Serie D, a San Donato e, per fare il bis, ha puntato dritto sulla maglia amaranto. Trasformandosi, all’occorrenza, in un valore aggiunto.
È vero, come il David di Firenze, ha dovuto ritrovare confidenza con il rettangolo verde, ma nelle ultime sei giornate di campionato Indiani, allenatore già incrociato anche Pontedera , si è affidato a lui. In questo stesso parziale, ha mantenuto la porta inviolata in tre occasioni (col Seravezza, contro il Terranuova Traiana e domenica pomeriggio, con la Sangiovannese), ma soprattutto, nell’ultima, ha tenuto a galla la sua squadra con almeno tre interventi decisivi, nella giornata forse più complicata. Lo ha fatto a modo suo, con determinazione e totale semplicità, un po’ come di carattere.
La carriera
A forgiarlo, dopo il settore giovanile giocato tra Margine Coperta - è originario di Montecatini - ed Empoli, ci ha pensato pure la grinta di Gennaro Gattuso, conosciuto ai tempi del Pisa. Fu lui a lanciarlo in Serie B. Il titolare, tra i nerazzurri era Ujkani, eppure, nella gara contro il Novara, quando fu chiamato a scendere in campo, Daniele seppe farsi trovare pronto. Il caso (e l’indisponibilità dell’Arena Garibaldi) volle che a fare da cornice al suo debutto in cadetteria sia stato lo stadio Castellani, quello sognato da quando si era trasferito nel vivaio azzurro, e la stessa sera si guadagnò persino la “nomination” di MVP. Per altro col benestare di un vicecampione del mondo tra i pali (1994), ovvero Luca Marchegiani. Da qui, nacque il suo soprannome “Superman” e, cosa più importante, continuò a fare gli straordinari durante gli allenamenti, prima di cominciare il suo pellegrinaggio nelle diverse squadre dove ha giocato, compresa la Casertana.
Il messaggio
È rimasto fermo una stagione senza mai smettere di lottare e lavorare, coi genitori prima e in campo nel frattempo. «Attraverso le asperità - ha scritto anche qualche settimana fa sui social - si giunge alle stelle». La classifica la guarda, è evidente, ma non fa bilanci: «È ancora troppo presto», ha ribadito anche dopo il pari con la Sangiovannese. Ha sì, ripercorso mentalmente gli interventi più spettacolari portati a termine - «La parata più importante è stata la prima, in scivolata, ma l’intervento più bello è stato quello che mi ha permesso di deviare il pallone quel tanto che bastava per spingerlo sulla traversa» -, ma un istante dopo ha spostato subito il focus sul collettivo. Perché pur nelle porte girevoli varate in questa stagione dal tecnico amaranto - da Tani a Cardelli passando per Ciobanu, eroe di Coppa Italia - l’unico comune denominatore è che questo Livorno è davvero in buone mani.
Ora c’è da tornare ad allungare il passo, soprattutto nel prossimo turno, in trasferta contro il Foligno che nell’ultima giornata ha fermato il Seravezza: tutto il resto non conta. «Con gli altri compagni di reparto formiamo un gruppo molto forte. Tani e Ciobanu sono giovani e hanno tanta strada davanti: io sono quasi alla soglia dei 30 anni. Tra di noi esiste una sana competizione e ogni allenamento è un po’ come una “battaglia” nel senso più positivo del termine. Io mi sento più sicuro e più padrone di me : rispetto quelle che sono le scelte dell’allenatore anche perché, se sono qui, tanto merito va a lui».