Il Tirreno

Livorno

L'intervista

Il Vernacoliere chiude, la triste verità dello storico direttore Cardinali: «La gente non legge più»

di Claudio Marmugi
Il Vernacoliere chiude, la triste verità dello storico direttore Cardinali: «La gente non legge più»<br type="_moz" />

«Il digitale genera aridità di pensiero, il lettore si accontenta del titolino»

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LIVORNO. “Dopo il numero di novembre ‘Il Vernacoliere’ sospende le pubblicazioni in attesa di tempi migliori”. La bomba atomica nel mondo della stampa, della satira e del libero pensiero civile deflagra ieri mattina alle 8. A parlare in prima persona, con un editoriale che è già storia della comunicazione, il Direttore del Vernacoliere Mario Cardinali, classe 1937, corpo e mente di quella creatura sessantacinquenne che è “Il Livornocronaca”, testata registrata al Tribunale nel 1961 e che, in varie forme – prima settimanale, poi mensile – non ha mai abbandonato le edicole di tutta Italia. Ora, invece, “Il Vernacoliere” si ferma, va in pausa “quel giornalaccio”, che ha ispirato decine di epigoni anche all’estero e che, come scrive Cardinali, “vanta il record della durata satirica, non solo in Italia, ma qualcuno dice anche in Europa (lo conoscono perfino a Pottaland, ultimo luogo caldo della Terra)”.

Un impero fatto in casa dalla famiglia Cardinali, con Mario ai testi e alle idee, Umberto, suo fratello (scomparso nel 2022), alla diffusione e distribuzione, e Valter, figlio di Umberto, per l’impaginazione e l’amministrazione. Intorno, uno stuolo di collaboratori che, nei lustri, si sono alternati in redazione facendo del giornale livornese un punto di riferimento della cultura nazionale, bandiera dello spirito dissacrante (e intelligentissimo) e della mancanza di rispetto (verso il potere costituito). “Il Vernacoliere” è stato la voce del popolo, il Vendicatore di tutti, il giornale libero che non le hai mai mandate a dire a nessuno, caposaldo di cui è anche difficile scriverne “al passato”, come se non ci fosse più.

Direttore, che è successo?

«Il problema più grande è la crisi della carta stampata. Diciamo che i problemi sono due, la mia età per un verso, il calo delle vendite nell’altro. Perché, poi, è strano: stava aumentando la qualità dei lettori. Ne parlo al passato: c’era una corrispondenza ideologica con lettori di alto profilo, intellettuali che ci scrivevano per condividere le loro opinioni e si sentivano accettati dalla stampa senza tante storie. In contrasto con questa tendenza ci sono tutti quelli che non leggono più».

È dunque colpa del tempo. Che giudizio dà a quest’epoca?

«Semplicemente, è un’altra epoca. La stampa è superata. Io che ho quasi novant’anni e sono nell’editoria da 65 anni ho visto la trasformazione attraverso le decadi. Ma i social, il digitale e l’online generano aridità di pensiero. Il lettore oggi si accontenta del titolino, della risata facile e immediata – un tempo (e non molto tempo fa) la battuta incoraggiava e stimolava la riflessione, ora non più. O trovi la violenza immediata del contestatore/commentatore o c’è l’effimero, e tutto è dimenticato subito e si passa ad altro. Manca la voglia di usare il cervello».

Lei che è stato sempre così bravo ad inquadrare gli italiani si è chiesto il perché?

«Perché il cervello della gente è stato dato all’ammasso, nel vero senso della parola. Oggi c’è il commercio dei cervelli, se così si possono definire. Siamo numeri, dati. E, in più, non legge più nessuno. Leggere sulla carta è un promemoria a sé stessi. Io, tuttora, tutti i giorni studio, scrivo, annoto cose sulle pagine dei giornali che leggo, prendo appunti, faccio chiose e, intanto, assimilo. Tengo in funzione il cervello. Questo non si fa più, è una prassi figlia di un altro tempo e il risultato pratico lo tocchiamo con mano, e qui ritorniamo al fatto che nessuno vuol più pensare con la propria testa. È la crisi totale di una mentalità. La crisi nera di una voglia di riflettere. E anche la nostra satira, purtroppo, sta lì dentro. La nostra satira fa riflettere, dunque, affatica, impegna – meglio, allora, per il (non)lettore, accantonarla».

E adesso che succederà?

«Sono stanco. Stanco della burocrazia. Stanco del sistema. La morte di mio fratello Umberto, per la famiglia del Vernacoliere, è stata un macigno. Ora resta da capire cosa succederà dopo il prossimo numero che arriverà in edicola a novembre. Se andare avanti digitalmente ad esempio, ma conosciamo bene tutti i problemi legati alla pirateria e alla diffusione abusiva delle copie. Anche della pagina Facebook, che ha più di duecentomila contatti, c’è da capire cosa ne sarà con la chiusura della ‘Mario Cardinali Editore’. Come ho scritto nell’editoriale di oggi: “Coraggio, amici e collaboratori cari. Vediamo se dopo aver ripreso fiato ce la faremo una volta ancora”». 


 

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