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Raffineria, 500 milioni da Bei: è il più grande investimento (privato) su Livorno nell’ultimo mezzo secolo

di Giulio Corsi
Gelsomina Vigliotti, vicepresidente BEI e Claudio Descalzi, ad di Eni firmano l’accordo
Gelsomina Vigliotti, vicepresidente BEI e Claudio Descalzi, ad di Eni firmano l’accordo

Il nuovo biostabilimento di Eni sarà operativo nel primo semestre 2027

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LIVORNO. La Banca europea per gli investimenti e Eni hanno firmato un contratto di finanziamento da 500 milioni di euro a 15 anni per sostenere la conversione della raffineria Eni di Livorno in bioraffineria. L’accordo è stato sottoscritto ieri presso la sede Eni a San Donato Milanese dalla vicepresidente della Bei, Gelsomina Vigliotti, e dall’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi.

È una firma storica: sul territorio livornese piove il più importante investimento privato dell’ultimo mezzo secolo almeno. Un importo che supera anche quello (nella parte privata) di Darsena Europa. È una vittoria del territorio, delle istituzioni, dei sindacati, delle maestranze, che unite negli ultimi 15 anni hanno combattuto per convincere Eni a non chiudere o vendere la raffineria, rilanciandone anzi le potenzialità.

La decisione di Eni era già stata presa e “celebrata” ormai più di un anno fa, ma questo mezzo miliardo di euro di finanziamento europeo sul progetto rappresenta la conferma della bontà di un investimento che ha una visione di carattere almeno ventennale e in qualche modo è anche una garanzia a livello prospettico.

Il progetto

Il progetto di Eni prevede la costruzione nel sito della raffineria di Livorno di nuovi impianti per la produzione di biocarburanti idrogenati, incluso un’unità di pretrattamento delle cariche biogeniche e un impianto Ecofining da 500mila tonnellate l’anno.

Grazie alla tecnologia proprietaria Ecofining, Enilive, società di Eni per la mobilità sostenibile, produce l’Hvo (olio vegetale idrogenato), un biocarburante da materie prime rinnovabili, come ad esempio gli oli da cottura e residui dell’industria agroalimentare, che può essere sin da ora utilizzato in purezza dalle motorizzazioni validate e viene distribuito attraverso le infrastrutture già esistenti. I biocarburanti Hvo hanno un ruolo fondamentale perché possono dare un contributo immediato alla riduzione delle emissioni (calcolate lungo l’intera catena del valore) del settore dei trasporti non solo su strada, ma anche per il trasporto aereo, marittimo e ferroviario.

La conversione del sito di Livorno è in linea con la strategia di Enilive di aumentare la produzione di biocarburanti a fronte dalla crescente domanda in Europa e in Italia, sia per gli obiettivi di riduzione delle emissioni previsti dalla Red III (Renewable Energy Directive), sia per gli obblighi di immissione al consumo di biocarburanti in purezza definiti dalla normativa italiana. A livello globale, le stime prevedono che la domanda di biocarburanti idrogenati aumenterà del 65% entro il 2028.

Carburante per gli aerei

La bioraffineria di Livorno sarà in grado di trattare diversi tipi di cariche biogeniche, prevalentemente scarti e residui di origine vegetale, per produrre Hvo diesel, Hvo nafta e bio-Gpl. Tra le caratteristiche distintive del progetto, oltre all’adozione di tecnologie avanzate, vi è la possibilità futura di modificare il layout dell’impianto per avere la flessibilità di produrre anche Saf (Sustainable Aviation Fuel), un carburante sostenibile per l’aviazione che rappresenta una delle principali direttrici di decarbonizzazione del trasporto aereo.

Questo elemento conferisce flessibilità all’investimento e ne rafforza la coerenza con le priorità ambientali dell’Unione europea, ampliandone l’impatto potenziale. L’operazione si inserisce nel contesto della transizione energetica a livello nazionale ed europeo, contribuendo in modo significativo alla decarbonizzazione del settore dei trasporti e alla riduzione delle emissioni di CO2. Inoltre, sostiene il raggiungimento degli obiettivi nazionali per la produzione di biocarburanti in purezza, che secondo la normativa vigente prevedono un incremento progressivo dell’utilizzo, da 300.000 tonnellate annue nel 2023 fino a un milione di tonnellate entro il 2030.

20 mesi di lavori

I lavori che dovevano essere partiti già all’inizio dell’anno hanno avuto dei ritardi ma i primi cantieri sono stati aperti. Le ruspe per la costruzione della nuova bioraffineria saranno al lavoro per circa venti mesi. Dal momento della movimentazione terra all’interno della raffineria alla conclusione degli impianti (poi serviranno altri tre mesi per l’attivazione). A questo punto – nonostante inizialmente Eni prevedesse di premere il tasto on della bioraffineria nel 2026 – si andrà al primo semestre del 2027.

La costruzione del nuovo stabilimento avrà - seppur limitato in questo lasso di tempo - un impatto occupazionale importante. Eni stima circa 500 unità in termini di numero massimo di occupati nelle attività di cantiere. «È prevedibile che possano essere in parte operanti a livello locale, sulla base del potenziale vantaggio competitivo delle imprese locali nei confronti di altre localizzate a distanze maggiori», si legge nel documento di sintesi presentato dall’azienda. Nella fase di cantiere ci sarà anche un impatto ambientale che cadrà soprattutto sul traffico in entrata e uscita da Stagno. Eni stima «una media di circa 42 viaggi al giorno di mezzi pesanti per il trasporto di materiali e rifiuti, con punte di circa 86 viaggi al giorno durante le attività di scavo». 

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