Sanremo 2026, gli occhi della Warner Bros Discovery sul Festival: la gara e il vincolo ascolti, cosa sta succedendo
Chi vuole “sfidare” la Rai deve essere in grado di ottenere circa il 50% di share
Il gruppo Warner Bros Discovery non ha ancora sciolto le riserve sulla possibilità di partecipare alla gara per l’organizzazione del Festival di Sanremo. Nonostante l’interesse iniziale, espresso anche pubblicamente, pesano alcuni vincoli stringenti previsti dal bando del Comune di Sanremo, in particolare quelli legati ai risultati d’ascolto.
Un interesse annunciato, ma condizionato
A far crescere le aspettative era stata un’intervista dello scorso febbraio su Repubblica, in cui Alessandro Araimo, Managing Director di Warner Bros Discovery per il Sud Europa, aveva affermato che il gruppo avrebbe valutato seriamente un’eventuale gara per Sanremo. Ora che la gara c’è, le condizioni richieste sembrano però scoraggiare un’adesione.
Un bando complesso e vincolante
La gara, indetta dal Comune, non riguarda soltanto i diritti televisivi ma l’intera gestione dell’evento. Tra le richieste più complesse da soddisfare ci sono il rispetto della tradizione organizzativa consolidata dalla Rai – comprese location, eventi collaterali e format – e soprattutto un vincolo d’ascolto molto ambizioso: almeno il 50% di share per evitare la risoluzione anticipata del contratto.
Obiettivi d’ascolto quasi irraggiungibili
Le ultime cinque edizioni del Festival hanno superato il 65% di share. Il bando prevede che, se una o più edizioni future dovessero scendere di 15 punti percentuali rispetto a quella media, il Comune potrà interrompere la collaborazione senza dover pagare alcuna penale. Raggiungere queste cifre è estremamente difficile per Warner Bros Discovery, anche trasmettendo l’evento su più reti contemporaneamente.
L'ombra della Rai e la minaccia di un "altro Sanremo"
Se la Rai dovesse perdere l'organizzazione di Sanremo – ipotesi comunque molto remota – non rimarrebbe ferma a guardare. Da tempo si parla di un festival “parallelo” in altra sede, sfruttando le competenze produttive già dimostrate, come nel caso dell’Eurovision 2022 a Torino. Questo scenario renderebbe ancora più difficile il successo per eventuali nuovi organizzatori.