Grosseto, morì precipitando dal tetto: «Ipotesi di omicidio colposo»
Chiesto il processo per datore di lavoro e coordinatore lavori: vi sarebbero state omissioni in materia di sicurezza, sia per il ponteggio sia per l’analisi dei rischi
MASSA MARITTIMA. La Procura ha chiuso le indagini per la morte di Salah Othman, l’operaio tunisino di 54 anni precipitato dal tetto di un palazzo in fase di ristrutturazione in città, a Cittanova, nella tarda mattinata del 18 luglio 2024. E, ipotizzando una cooperazione colposa in omicidio colposo, ha chiesto il processo per i due presunti responsabili, il datore di lavoro e il coordinatore per la progettazione e l’esecuzione dei lavori.
Il pm e l’accusa
Secondo il pm Giovanni De Marco, vi sarebbero state delle omissioni in materia di sicurezza da parte dell’imprenditore Bruno Grieco (Grc Costruzioni srl) e dell’architetto Daniele Bracciaferri. L’incidente era avvenuto in un cantiere di via Volturno e in quella circostanza erano in fase di esecuzione lavori di ricopertura del tetto, attuati mediante una guaina catramata e posizionamento delle tegole. Stando alla ricostruzione dell’accusa, Othman stava murando con della calce la giuntura tra il tetto e il muro dell’immobile adiacente: era improvvisamente precipitato da alcuni metri di altezza, la caduta non gli aveva lasciato scampo, nonostante i soccorsi immediatamente prestati dal 118 e che si erano protratti per una mezzora.
Vi sarebbero state alcune violazioni del decreto legislativo 81 che regola la materia. Sia per quanto riguarda la complessità del ponteggio (presenti due campate invece di tre), sia per la mancanza di traversi in diagonale, sia per il posizionamento dei punti di accesso alle scale. Quei ponteggi – è un’altra delle contestazioni mosse a Grieco – sarebbero stati utilizzati come dispositivi di protezione collettiva (Dpc): e in tal caso sarebbero stati necessari relazione, progetto da parte di un professionista abilitato, calcoli e disegno. Non vi sarebbe stata una corretta valutazione del rischio nel Piano operativo di sicurezza, proprio a proposito dell’utilizzo del ponteggio come strumento di protezione contro le cadute di persone e oggetti dalle coperture, a proposito della compresenza di addetti, delle condizioni e delle combinazioni del carico.
La Procura
La Procura ritiene che quel ponteggio non sia stato idoneo, appunto, come Dpc e che quindi Othman avrebbe dovuto indossare i dispositivi di protezione individuale (Dpi) contro le cadute dall’alto. Non li aveva e, sempre secondo l’accusa, non avrebbe nemmeno svolto il relativo corso di formazione e addestramento per i lavori in quota e l’utilizzo dei Dpi. Infine, a Grieco viene contestato che sull’ultimo impalcato del ponteggio vi sarebbero stati materiali e attrezzature che avrebbero ostacolato sia il passaggio sia lo svolgimento agevole del lavoro.
L’architetto Bracciaferri non avrebbe incluso nel Piano di sicurezza e coordinamento alcuni contenuti e non avrebbe effettuato l’analisi dei rischi di caduta dall’alto riferiti a lavori sul tetto anche se nella presentazione della Scia vi era un riferimento alla manutenzione straordinaria della copertura del fabbricato. Non avrebbe poi verificato che l’impresa applicasse le disposizioni previste dai documenti di cantiere, anche in relazione alle procedure di lavoro e di adeguamento in corso d’opera. Non vi sarebbero state verifiche sull’idoneità del Piano operativo e di sicurezza né adeguamenti in relazione all’evoluzione dei lavori.
Gli accertamenti erano stati curati dal servizio di Prevenzione igiene e sicurezza sui luoghi di lavoro della Asl Toscana sud est, i cui tecnici erano intervenuti insieme ai carabinieri, alla polizia municipale e allo stesso pm, che aveva effettuato un primo sopralluogo. Erano state acquisite informazioni dai colleghi di lavoro e da chiunque potesse dare indicazioni utili sulla dinamica e sullo stato del cantiere, aperto alla fine del giugno precedente, raccogliendo anche la documentazione.
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