Il Tirreno

Versilia

La testimonianza

Viareggio: chi è Said, il “parcheggiatore” ucciso dalla donna che aveva rapinato

di Claudio Vecoli
Una volante del commissariato di Viareggio sul luogo dove è morto Said Malkoun
Una volante del commissariato di Viareggio sul luogo dove è morto Said Malkoun

L’uomo, 48 anni, viveva in città da una decina d’anni. Don Luigi Sonnenfeld: «Si era insediato nella zona di fronte alla Chiesina: a suo modo era un personaggio del quartiere»

10 settembre 2024
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VIAREGGIO. Per certi versi è stato un suo “vicino” per più di dieci anni. «Forse anche più di quindici, non ricordo bene quando sia arrivato a Viareggio». Perché la “zona” di Said Malkoun, l’algerino di 48 anni travolto e ucciso con l’auto dalla vittima della rapina che lui stesso aveva messo a segno, era proprio quella intorno alla chiesina dei Pescatori, nel cuore del porto, dove don Luigi Sonnenfeld vive e opera. «Non sapevo che si chiamasse Said – racconta il sacerdote, ultimo esponente dell’esperienza dei preti operai della Darsena – perché per chi lo conosceva era solo e semplicemente “il parcheggiatore”. Se mi si passa l’espressione, una sorta di figura storica per chi vive o lavora in questa zona della città”.

Il suo ruolo di parcheggiatore, naturalmente, era assolutamente abusivo. Semplicemente guidava gli automobilisti che erano in cerca di un posto dove lasciare la macchina e si faceva lasciare una sorta di “mancia”, se così la si può chiamare. «Si era in qualche modo insediato in quest’area – prosegue il sacerdote – e segnalava gli spazi liberi dove poter posteggiare gratuitamente. E in cambio chiedeva una ricompensa». Qualcuno gliela lasciava, altri non gli davano niente. «In genere non usava maniere forti per ottenere denaro – precisa don Luigi – ma l’approccio dipendeva anche dal suo stato psicofisico. Quando aveva bevuto, poteva anche essere aggressivo. E spesso avvenivano anche dei litigi con gli automobilisti che non accettavano le sue maniere forti».

Per un breve periodo Said Malkoun aveva lasciato Viareggio per trasferirsi vicino a Milano, dove abita la sorella. «Sembrava che, proprio grazie alla sorella, potesse aver trovato un lavoro vero. E, per recarsi in Lombardia, mi chiese dei soldi per acquistare il biglietto del treno. Dopo alcune settimane, però, l’ho visto nuovamente in Darsena. Gli ho chiesto cosa fosse successo e lui mi disse che non aveva potuto accettare il lavoro perché nel frattempo gli era stata tolta la patente».

L’algerino non aveva un vero e proprio posto fisso dove vivere. «Non l’ho mai visto dormire di notte nella piazzetta di fianco alla Chiesina dei pescatori – prosegue don Sonnenfeld – né tantomeno al suo interno, visto che chiudo la chiesa tutte le sere e mi assicuro sempre che non ci sia nessuno. Di conseguenza non so dove trascorresse la notte. Di certo non aveva una dimora fissa».

Quanto agli atteggiamenti violenti che gli vengono attribuiti a Said Malkoun da chi abita nel quartiere, don Luigi parla della sua esperienza personale: «A dire il vero, con me non ha mai dimostrato alcun tipo di aggressività. Però non c’è mai stato un motivo di attrito».

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