Pierantonio, morto nell’esplosione della casa: il terrore dello sfratto e la frase agli amici prima del gesto estremo – Video
Follia a Barberino del Mugello. L’inquilino, 71 anni, ha fatto esplodere l’appartamento. La proprietaria voleva riprendere l’immobile. «Se non fosse saltato in aria il tetto, sarebbe stata una strage»
BARBERINO DEL MUGELLO. Voleva venderla, racimolare un po’ di soldi dalla casa lasciata dal nonno per farsi una vita altrove. «Sono sotto choc, non posso dire nulla, i carabinieri ci hanno chiesto di non farlo. Scusate». Fanny Fabbri, una maglia di pile rosa, jeans e scarpe da trekking, s’è seduta sul marciapiede di via Bolognese e guarda i detriti anneriti schizzati sulla strada con le mani nei capelli castani. È ancora giovane eppure crede che quello sull’asfalto sia il suo futuro: briciole di calce e mattoni. L’ha fatto esplodere Pierantonio Cianti, 71 anni, che in briciole ha mandato la sua vita e rischiato di distruggere anche quella di cinque famiglie chiudendola con un gesto di irreparabile protesta.
Una bomba contro lo sfratto
L’altra notte è rimasto sveglio, e alle 4 del mattino, nel giorno dell’Immacolata, è andato in cucina, ha aperto la bombola del gas ai fornelli e ha trasformato l’appartamento al primo piano di questa casa gialla fra la Bolognese e via Garibaldi in una bomba contro lo sfratto. L’aveva detto agli amici in paese, il Ciantolo, come lo chiamavano tutti a Barberino del Mugello: «Vogliono che vada via, ma io non la lascio, la casa; piuttosto faccio danni». Era in affitto. Pagava e non pagava. Il nonno prima, e Fanny dopo, gli avevano dato tempo, poi l’avviso, infine una raccomandata con ricevuta di ritorno: non avrebbero riconfermato il contratto. Sì, è vero, era la nipote del costruttore, ma quella era la sua eredità e non è che lei navigasse nell’oro. «Doveva ancora decidere se vendere o usarla per sé», dice il padre di Fanny parlando con il tecnico arrivato per una prima stima dei danni. L’ultima notte nella casa su via Garibaldi, dove Cianti si era trasferito da anni dopo la morte della mamma, avrebbe dovuto essere mercoledì, giovedì era fissata la riconsegna delle chiavi.
Poteva essere una strage
«Dormivo, ho sentito un boato. La mia camera confina con il suo appartamento – racconta Velia, una delle componenti delle cinque famiglie sfollate – Ero stordita, ma pareva non fosse successo niente. Poi, sono corsa in salotto, c’era fumo ovunque. Mi sono affacciata alla finestra, ho visto i vigili del fuoco e le sirene illuminate: “Scappa” mi hanno detto». Al piano terra, sotto Cianti, hanno evacuato una famiglia di origini albanesi con tre bambini. «Se non fosse saltato in aria il tetto, sarebbe stata una strage», dice un vigile guardando la palazzina sventrata dallo scoppio. «Probabilmente quella famiglia non potrà rientrare, le troveremo una sistemazione», dice la sindaca Sara Di Maio. A guardarla dall’ingresso, in via Garibaldi, la casa sembra ancora tutta intera, si sente solo l’odore di bruciato. La procura ha aperto un fascicolo; è arrivato anche il Ris dei carabinieri, ma già nel pomeriggio pare tutto abbastanza chiaro. Gli inquirenti lo considerano un suicidio, frutto di un gesto volontario. Il Ciantolo prima ha tentato, in modo un po’ rudimentale, di far detonare il gas con l’accendino, poi ha lasciato che il metano si disperdesse nel soggiorno, ha acceso la stufetta elettrica e s’è accasciato sul divano aspettando il big bang della sua disperazione.
Chi era Pierantonio Cianti
«Gl’era un bonaccione, un amico vero, si facevano le cene insieme», racconta Danilo Bardazzi. «Un soggetto, un personaggione, aveva lavorato in fabbrica e poi sui camion, anche con me», racconta un altro amico, che per dare l’ultimo tributo al Cinatolo s’è fatto tutta la strada dalla piazza del paese fino a qui con il bastone. «Lo diceva che era sotto sfratto, un po’ ci rideva un po’ no – dicono da un altro capannello di amici – Quelli del Comune gli avevano anche fatto vedere una casina, ma aveva rifiutato». Lo conoscevano davvero tutti, e ognuno sul Ciantolo ha la sua versione. C’è chi racconta di quella volta in Ungheria o forse in “Cecoslovacchia” (qui si son fermate le lancette della geografia politica), in cui ebbe «qualche problemino di soldi con il Puzzola», molti pensano ai figli («bravi ragazzi, vivono all’estero») nati dalla relazione con l’ex moglie della Repubblica ceca che ora vive a Siena e da cui s’era divorziato per rimanere solo, qui, a vivere di poco: una pensione minima, l’appartamento di via Garibaldi, qualche rimpatriata con i coetanei. Fino alla notte dell’Immacolata, quando il Ciantolo ha mimato una nostalgia di felicità, chiuso la porta sulla sua vita con la bomba che questa volta non ha risparmiato la normalità.
