Il Tirreno

Toscana

L’intervista

Le strategie di Giovanni Lamioni: «Siamo sempre più internazionali ma con testa e cuore in Maremma»

di Francesco Paletti

	Giovanni Lamioni
Giovanni Lamioni

Parla l’imprenditore toscano, fondatore dell’omonima holding e patron del Grosseto calcio (e sponsor dei Viola)

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Jeddah, la seconda città dell'Arabia Saudita, ma anche Jizan, la “capitale” della regione sud-ovest del paese medio-orientale. È la nuova frontiera della Lamioni Holding, la multinazionale dell'edilizia con le radici ben salde in Maremma e rami che arrivano in Gran Bretagna e Stati Uniti, ma pure in Albania. E, in tempi più recenti, anche e soprattutto in Arabia.

«Sono due città simbolo dell'Arabia Saudita ed entrambe sono al centro di un progetto infrastrutturale firmato dalla nostra azienda», dice Giovanni Lamioni, l'imprenditore grossetano, conosciuto anche per il suo impegno nel calcio (è il proprietario del Grosseto e sponsor della Fiorentina) che nel 1992 ha creato dal nulla una realtà che nel 2023 ha realizzato un fatturato da 120 milioni di euro e quindici milioni di utili.

In cosa consiste il vostro impegno nelle due città arabe?

«Riguarda la riqualificazione delle infrastrutture interrate e dei sottoservizi stradali, per un’estensione complessiva di quasi 100 chilometri di reti tecnologiche e funzionali. Le lavorazioni prevedono la messa in opera di condotte per l’approvvigionamento idrico e lo smaltimento delle acque nere e meteoriche, ma anche linee di telecomunicazione e telefonia, sistemi di alimentazione elettrica e infrastrutture di drenaggio urbano. A completamento degli interventi in profondità, sono previste opere di ripristino della superficie stradale, tra cui il rifacimento dei marciapiedi, la pavimentazione asfaltata e la riqualificazione del tessuto urbano coinvolto. Operare in un ambiente a forte vocazione desertica rappresenta una sfida tecnica e logistica rilevante che richiede pianificazione, know-how ingegneristico e capacità di adattamento».

Come avete fatto ad entrare in questo mercato?

«Merito soprattutto dell'ingresso in azienda di mia figlia Viola, manager esperta nel campo della finanza internazionale, e di Domenico Pecorini, amministratore delegato del gruppo, con una lunga esperienza nel campo dell'internazionalizzazione. Abbiamo creduto fin da subito nel potenziale della “Vision 2030”, il grande piano di trasformazione economica e infrastrutturale voluto dal Regno dell’Arabia Saudita, e la nostra esperienza nel settore delle costruzioni e delle infrastrutture, unita alla capacità di adattamento a contesti complessi, ci ha permesso di proporci come partner affidabile per progetti ad alto valore aggiunto».

Vi appoggiate anche a partner locali?

«Sì. Anzi, queste collaborazioni sono fondamentali: abbiamo un socio arabo con cui si è instaurato un rapporto stabile, trasparente e sinergico, nel pieno rispetto delle normative saudite e delle dinamiche culturali e operative del territorio. Queste partnership ci hanno consentito di comprendere meglio le esigenze del mercato, di accedere a importanti opportunità progettuali e di operare con efficacia in territori lontani ma altamente dinamici. Il nostro approccio non è stato quello dell’azienda che arriva per esportare un modello, ma di chi costruisce alleanze di lungo periodo. E questo percorso ci ha consentito, oggi, di avere due aziende a Jeddah: una sussidiaria di Atlante Srl (la nostra società ammiraglia) che si chiama Atlante General Contracting Company e il 75% di una società locale partecipata anche dal fratello del Re, il principe Saud bin Musaid bin Abdulaziz Al Saud».

Avete altri progetti in Arabia?

«Ci è stata assegnata la realizzazione di un primo lotto da 500 ville, parte di un più ampio piano da cinquemila unità che ci saranno affidate progressivamente. Un progetto ambizioso che testimonia la fiducia riposta nella nostra capacità operativa e organizzativa».

Ci sono altri mercati internazionali in cui siete presenti?

«Guardiamo con grande attenzione all’Africa, anche in relazione alle opportunità offerte dal Piano Mattei. Parallelamente, però, stiamo rafforzando la nostra presenza negli Stati Uniti, dove ci stiamo concentrando su progetti legati all’innovazione: in quest’ottica, abbiamo costituito una società veicolo insieme alla banca di investimenti americana Brooks Houghton, che utilizzeremo per selezionare e finanziare acquisizioni di imprese innovative sul mercato Usa. Siamo presenti anche nel Regno Unito, dove abbiamo avviato una società con finalità finanziarie perché il mercato britannico offre una maggiore flessibilità nell’accesso al credito. Infine in Albania, operiamo nel campo della componentistica ad altissima precisione».

In Italia come vanno le cose?

«Rimane un nostro punto fermo. Attualmente abbiamo cantieri attivi su tutto il territorio nazionale in fase di finalizzazione, con un portafoglio di commesse pubbliche e private in consolidamento per il biennio 2025-2026».

È vero che entro il 2027 il 90% del fatturato di Lamioni Holding arriverà dall’estero?

«È l'obiettivo che ci siamo dati. Ambizioso ma coerente con l’evoluzione naturale della nostra azienda. Riteniamo che il mercato italiano, in particolare nel settore delle costruzioni, sia da tempo vicino a un punto di saturazione. Per questo, già da qualche anno, abbiamo scelto di attuare un processo di diversificazione su due fronti: da un lato, espandendoci geograficamente nei mercati esteri più dinamici; dall’altro, ampliando il nostro raggio d’azione attraverso l’acquisizione di aziende attive in settori complementari rispetto all’edilizia».

Però state costruendo la nuova sede a Grosseto. Scelta di cuore o strategica?

«Entrambe le cose. Grosseto è la mia terra, il luogo dove tutto è iniziato e dove affondano le radici della nostra identità. Ma la scelta di costruire qui la nuova sede operativa è anche profondamente strategica. La nuova sede sarà una cabina di regia moderna, tecnologica, capace di dialogare in tempo reale con i nostri cantieri in tutto il mondo. È una scelta che parla di radicamento, ma anche di ambizione: dimostrare che dall’Italia – e da una provincia come Grosseto e la Maremma – si può guidare una multinazionale che costruisce valore ovunque nel mondo». 

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