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Salvini lancia un’opa sul Viminale: la tessera a Vannacci agita la Lega

di Mario Neri
Salvini lancia un’opa sul Viminale: la tessera a Vannacci agita la Lega

Il congresso a Firenze, il vicepremier eletto segretario per acclamazione: «Torneremo primi in coalizione». FdI: «Squadra che vince non si cambia». Il generale potrebbe essere uno dei vice

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FIRENZE. Alla fine, fanno a chi ce l’ha più lunga, la fila per i selfie. Sul palco il Capitano si concede per oltre un’ora, con Francesca Verdini che a distanza lo attende con la pazienza di Giobbe; là sotto, all’estrema destra – ca va sans dire – , il generale. Vincerà il primo. Ovvio, scontato. Matteo Salvini è appena stato eletto per la terza volta segretario federale della Lega, per acclamazione, peraltro su proposta di Giancarlo Giorgetti, uno che i retroscenisti negli ultimi mesi hanno raccontato non sempre sulla stessa lunghezza d’onda del capo.

Nel discorso di chiusura davanti ai duemila del congresso riunito alla Fortezza da Basso di Firenze ha perfino provato a distogliere l’attenzione di tutti dal parà, ingaggiando una sfida alla premier: promette di riportare i suoi al comando della coalizione, di rifare un Papeete di voti, e lancia la sua opa sul Viminale. «Ne parlerò con Meloni. Piantedosi è un amico e un ottimo ministro – dice (e suona come uno “stai sereno”) – , ma questo è un partito ed è mio dovere ascoltare quello che il mio partito, sindaci ed elettori, mi chiedono». I meloniani provano subito a stopparlo: «Squadra che vince non si cambia», frena Marco Osnato, responsabile economico di FdI.

Eppure, quella doppia coda di fan è la rappresentazione plastica di come il leader abbia accettato di trasformarlo, il partito, per resistere e tenerlo a galla (tesse pure un elogio dell’adattabilità della Lega ai mutamenti della storia) . Adesso peraltro lo chiama «movimento, comunità, famiglia». E l’elefante non è più nella stanza ma in plancia di comando. Roberto Vannacci è ufficialmente un leghista, la consegna della tessera pare la finale di X-Factor, i rumors e i mugugni lo danno già come uno dei prossimi quattro vicesegretari di nomina del leader e il suo mondo al contrario entra così di ufficio nell’identità del fu Carroccio di Umberto Bossi. Parecchio più sovranista e nazionalista che federalista, sebbene rilanci le riforme, autonomia compresa. «Ora sono curioso di vedere che succede», ride scendendo dal palco un parlamentare di stretta osservanza mentre intorno risuonano Felicità di Albano e Romina e, appunto, il Generale di De Gregori. Perfino la palylist pare un’involontaria auto-analisi.

Che non pochi leghisti guatino Vannacci in cagnesco non è un mistero. Zaia, per dire, non c’è. Il Doge è venuto il primo giorno e ieri ha preferito il Vinitaly. Gli altri governatori sì, tipo Fontana e Fedriga, ma non smaniano per il parà. Non a caso Salvini punteggia il suo discorso di citazioni, frasi, esempi che disinneschino l’onda d’urto del neomilitante ex militare. Così dice che «il 25 aprile non è solo dei compagni», che «chi sceglie la Lega sceglie la pace», e prova a placare i maldipancia: «È chiaro che il nostro patrimonio sono i militanti, ma è chiaro anche che per cambiare il mondo dobbiamo aprirci». E non «lo dico solo per Vannacci». Figurarsi. Da giorni sui social circolano i video di Bossi che al congresso del 1996 gridava «Mai con l’Msi, mai con i fascisti e i nipoti dei fascisti». Così nel mega padiglione i giovani gridano «Capitano, capitano» e chiedono una foto al generale, mentre soprattutto i lumbard più anziani strabuzzano gli occhi. Pare dedicata a loro perfino una porzione del discorso.

Per convincerli che la Lega e non ha subito una metamorfosi, Matteo ne ripercorre la storia attraverso i manifesti, soprattutto anni’90. Un po’ kitsch ma efficaci: c’è quello col titolo strillato “No alla Turchia in Europa, sì alle radici cristiane”, quelli in cui si diceva che “Servono i confini per difendere le imprese” o “Federalismo = padroni a casa nostra”. E poi ce n’è uno che smuove i cuori leghisti, quasi mitico: sfondo giallo, il volto di un indiano d’America, tipo un apache, e la scritta: “Loro non hanno potuto mettere regole all’immigrazione e ora vivono nelle riserve”.

Vannacci non è che la tocchi piano. Racconta la sua avventura in politica come un lancio da un «quadrimotore» per un parà in missione. Salvini alle Europee gli ha dato un’amichevole pacca sulla spalla e lui s’è ritrovato nel vuoto «da solo» ma, come tutti gli incursori, una volta a terra, ha cercato il plotone per «formare un quadrato» e proseguire la battaglia «insieme». Insomma, la tessera è un giusto risarcimento. E ora? Che farà il generale, le scarpe ai dirigenti di lungo corso, il vicesegretario? Si candiderà alle regionali in Toscana? «Io continuo a fare l’eurodeputato, poi si vedrà». Ha preso la tessera perché «mi è stato chiesto». I suoi ex amici, tipo Fabio Filomeni, ex presidente del Mondo al contrario, non l’hanno presa bene: «Ha tradito mezzo milione di persone». Ma neppure i vertici leghisti sprizzano gioia. In fondo uno che ha scritto che Paola Egonu non è italiana non è troppo digeribile neppure per un partito che da anni propugna la lotta all’immigrazione clandestina. I video messaggi di Orban, Bardella o Abascal scaldano la platea, ma sono lontani e non evocano un carico di storia italiana scomoda. Perfino il collegamento con Marine Le Pen serve più da riflesso: pure lei, come Matteo, stanno provando a fermarla con i processi. Peraltro la leader dei patrioti francesi si paragona a Martin Luther King e Salvini cita Mandela, due neri. Che «noi amiamo le diversità», giura il vicepremier, «per qualcuno siamo estremisti, fascisti e razzisti, l’Internazionale nera, ma io qua vedo unicamente estremisti del buonsenso, donne e uomini sorridenti, pacifici, orgogliosi». Poi giù bordate a Bruxelles, che fanno sempre hype: «Un’Europa sana azzera subito il Green Deal, il Patto di stabilità, norme, divieti, vincoli e regolamenti, quelli sono il mega dazio. È a Bruxelles il problema, lì bisogna sfoltire e usare la motosega di Milei». Con Trump si deve «dialogare». Ma pure col partito diventato community che accoglie. Per questo annuncia, non senza commozione, che è l’ultimo giro da segretario. Nel 2029 toccherà «a uno dei ragazzi in sala». A meno che anche questo giro a capo della community non duri altri otto anni. 

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