La tragedia
Un condomino non può trasformare il sottotetto in una proprietà esclusiva
In assenza di un titolo valido: i consigli dell'avvocato Biagio Depresbìteris
Vi scrivo per risolvere alcuni dubbi. Io abito all’ultimo piano di un edificio dove l’anno scorso hanno eseguito la ristrutturazione dell’intero condominio per via del 110. Posto che quel sottotetto lo utilizzavo solo e soltanto io, decidevo di chiuderlo definitivamente con un tramezzo e aprivo altresì un lucernario per costruire un comignolo. Da quel momento in poi, l’amministratore del condominio mi ha notificato una messa in mora con l’obbligo di rimuovere tutte le opere costruite. Ma io non lo ritengo opportuno. Potete aiutarmi a far luce sulla vicenda?
Delia da Piombino
L’articolo 1117 del codice civile definisce come parti comuni dell'edificio quelle necessarie al suo uso e godimento, come ad esempio il suolo, le fondazioni, i muri maestri, le scale, i tetti e i lastrici solari, e il sottotetto. Tuttavia, il sottotetto è considerato parte comune solo se non vi è un titolo contrario o se la sua funzione non è strettamente legata a una singola unità immobiliare. Infatti, la funzione del sottotetto è determinante: se il sottotetto serve esclusivamente come spazio di accesso al tetto per la manutenzione o per l'installazione di antenne, o se è un vano di servizio senza altra destinazione d'uso, è presumibile che sia comune a tutti i condomini. D'altra parte, se il sottotetto è accessibile solo da un'unità immobiliare specifica e funge, ad esempio, da ampliamento o pertinenza di tale unità (come ripostiglio o soffitta), potrebbe essere ritenuto di proprietà esclusiva del proprietario di quell'unità. L'articolo 1102 del codice civile prevede che ciascun condomino possa usare la cosa comune e apportarvi migliorìe, a patto che queste non alterino la destinazione del bene comune e non impediscano il pari uso da parte degli altri condomini. Questo principio si applica anche al sottotetto: un singolo condomino, quindi, potrebbe usare il sottotetto comune ma non può trasformarlo in una proprietà esclusiva senza il consenso degli altri condomini o senza titolo che lo giustifichi. Un uso esclusivo del sottotetto senza titolo valido potrebbe costituire un abuso. Ad esempio, se un condomino chiude l'accesso comune al sottotetto o lo trasforma in una stanza abitabile senza autorizzazione, ciò violerebbe l'articolo 1102 del codice civile e darebbe luogo a controversie legali. Ogni alterazione della cosa comune che modifichi la sua destinazione deve essere approvata dall'assemblea condominiale, altrimenti può essere impugnata dagli altri condomini.La presunzione di comunione del sottotetto, confermata dalla giurisprudenza, come nella sentenza della Cassazione n. 27145/2007, può essere superata solo con un titolo valido. Se un condomino pretende di avere la proprietà esclusiva del sottotetto, quindi, dovrà dimostrare tale diritto. In mancanza di una prova certa e documentata, il sottotetto deve essere considerato di proprietà comune e utilizzato secondo le regole stabilite per le parti comuni. Le controversie sul sottotetto possono spesso nascere da un uso improprio o da una scarsa chiarezza sui titoli di proprietà. La corretta gestione condominiale richiede una verifica accurata dei documenti di compravendita, del regolamento condominiale e di eventuali atti successivi che possano aver assegnato il sottotetto in proprietà esclusiva a un condomino. In assenza di tali documenti, l’assemblea condominiale ha il potere di disciplinare l’uso delle parti comuni, compreso il sottotetto, e decidere sulle eventuali modifiche o migliorie da apportare.
In sintesi, il sottotetto di un condominio si presume parte comune salvo titolo contrario o diversa funzione. Qualunque modifica che alteri la destinazione d’uso del sottotetto o ne impedisca l’uso agli altri condomini deve essere approvata dall’assemblea condominiale, e il condomino che rivendica la proprietà esclusiva del sottotetto deve dimostrare tale diritto con un titolo idoneo. La mancata dimostrazione di tale titolo porta alla presunzione di comunione, con tutte le conseguenze in termini di utilizzo e gestione comune del bene.
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