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La Toscana fuori dal commercio del mare: così il "nuovo" canale di Suez sta mettendo in ginocchio la regione

di Ilenia Reali
La Toscana fuori dal commercio del mare: così il "nuovo" canale di Suez sta mettendo in ginocchio la regione

Il Mediterraneo perde la sua centralità e cambiano i modelli produttivi. Gli imprenditori: «Ritardi nelle importazioni, costi più alti e meno ordini»

15 febbraio 2024
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Prima era stato il momento della Tesla e della Volvo in Germania, poi è arrivato quello della Piaggio di Pontedera con lo stop produttivo per la mancanza di componenti in arrivo dalla Cina per il Porter. Lunedì19 febbraio riparte la produzione nello stabilimento toscano ma se la multinazionale è pronta a lasciarsi alle spalle lo slittamento delle consegne, diversa è la situazione dei distretti e degli indotti della nostra regione. Meccanica ed elettronica in prima fila che potrebbero trovarsi ad affrontare una delle crisi più serie degli ultimi tempi.

La logistica

La logistica (della cui centralità parla l’alleanza un tempo “impossibile” tra le Confindustrie di Firenze e di Livorno) per la Toscana è una parte integrante della filiera produttiva e definisce sviluppo, strategia e – non ultimo – competitività. Il rischio (ma è un fenomeno già osservabile) è quello di vedere il mar Mediterraneo uscire dalle rotte principali e quindi a uno slittamento delle rotte verso il Nord Europa con Trieste, Genova e gli altri porti minori italiani tenuti fuori dalle autostrade delle importazioni. «Le compagnie, dovendo circumnavigare l’Africa possono trovarsi a scegliere se proseguire verso Nord o non cambiare niente entrando nel Mediterraneo e girando intorno all’Italia arrivare fino a Trieste», Nereo Marcucci, coordinatore della logistica e dei trasporti per Confindustria Toscana Nord lancia il sasso del dubbio, portando a sostegno dell’una e dell’altra ipotesi due mostri sacri della logistica Gianluigi Aponte (armatore di Msc) e Zeno D’Agostino (presidente dell’Espo, organizzazione dei porti europei).

Il rischio

«Il vero rischio, se come credo, ci sarà un spostamento verso nord – aggiunge Marcucci – è che le nostre aziende possano avere con più difficoltà le materie prime con la conseguenza di un calo di ordini». La portualità livornese potrebbe uscirne indenne non avendo linee verso l’Asia? Difficile, se la produzione cala anche l’export cala. Inoltre negli Stati Uniti, con mille miliardi di ristori legati alla produzione interna le cose potrebbero cambiare. La preoccupazione degli addetti ai lavori è quindi chiaro che si basa su una serie di indizi in direzione di un periodo difficile per l’economia toscana. Lo pensa anche Paolo Sorrentino, vice presidente di Confindustria Firenze e a capo di un’azienda metalmeccanica. «Stiamo già toccando con mano questo scenario», dice. «I porti italiani non sono più lungo la rotta delle navi e quindi è già in atto uno spostamento delle dinamiche economiche. E per passare agli aspetti pratici si sono già avuti ritardi di svariate settimane sui componenti elettronici. Le compagnie di trasporti più grandi non corrono il rischio di passare da Suez, anche perché le assicurazioni non assicurano più per il passaggio dal canale, e quindi fanno la circumnavigazione. Se i nostri porti rimangono fuori da questo giro, i tempi diventano più lunghi ma soprattutto imprevedibili: immaginate i tempi e i costi per un lotto che parte da Taiwan arriva in un porto del Nord Europa e via terra deve arrivare in Toscana».

I primi ritardi

Ritardi si stanno già registrando su alcune lavorazioni metalliche per l’industria metalmeccanica, su microchip e materiale elettronico, minuterie per gli accessori di abbigliamento. Ritardi anche di 4-6 settimane. A peggiorare la situazione, del resto, c’è la scarsità delle navi disponibili e il costo dei noli. «La tariffa per container va da 500 a 1.500 dollari al pezzo ma varia a seconda della destinazione», spiegano dalla Deltamar, agenzia marittima di Marina di Carrara. «Costi più alti, problemi assicurativi, tempi di consegna che si modificano – interviene Marcello Gozzi, direttore di Confindustria Toscana Nord – che determinano l’esigenza di ripensare i modelli produttivi. Si salvano quei settori per cui c’è una competenza non esportabile come la carta o il farmaceutico. Rischiano invece meccanica ed elettronica».

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