Il Tirreno

A tavola con noi
Storie di vini

Da New York al Chiantishire ecco il supertuscan Montefili

di Antonio Paolini
Serena Gusmeri, enologa con esperienze fatte in Australia, in Franciacorta, in Campania
Serena Gusmeri, enologa con esperienze fatte in Australia, in Franciacorta, in Campania

Amato da Cher, il vino di Marzovilla, Bynum e Peck jr

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Un sodalizio nato nato parecchio lontano, geograficamente parlando, ma molto vicino, se si parla di affinità e sogni nel cassetto. Tutto inizia a New York. Dove un ragazzo pugliese, Nicola Marzovilla, nato e cresciuto per un po’ a Rutigliano, una frazione di Bari, ma emigrato con la famiglia (lui decenne) negli States, trova la sua strada e la sua professione nel cibo e, guarda un po’, nel vino. Il primo ristorantrd si chiama “Tempo”, è a Manhattan sulla 29th, e fa (manco a dirlo) cucina pugliese. Da cosa nasce cosa. E nel ’94 ecco nascere “I Trulli”, quindi “Enotca”, e poi “Vino”, uno shop interamente dedicato alle bottiglie tricolori, presto affiancato da una società di importazione. Nel frattempo ha conosciuto un signore di nome Frank Bynum. Cher per il vino italiano ha una passione nata durante la luna di miele, passata appunto da NY. E che, prima cliente abituale dei “Trulli”, poi amico vero di Nicola, con cui condivide ritorni in Italia e, via via, l’ideona di comprar vigna e diventare produttori nel paese del cuore, recluta il terzo membro della squadra: Tom Peck jr. imprenditore californiano laureato in botanica che, condotta al successo e venduta a dovere l’azienda di famiglia, ha voglia di cominciare qualcosa di bello e di nuovo.

Dove? In Toscana. Meglio: nel cuore del Chianti Classico. Ed esattamente a Montefili, azienda gloriosa (i suoi hit Bruno di Rocca e Anfiteatro si sono già coperti di gloria negli anni della rimonta dell’Italia enoica e del lampo dei supertuscan) che i tre acquistano nel 2015.

Come enologa e di fatto stella polare della produzione scelgono una ragazza bresciana, Serena Gusmeri, enologa con esperienze fatte in Autralia, in Franciacorta, in Campania. La sua filosofia è: armonia totale con l’ecosistema. E lo sbarco in Chianti emana subito il suono giusto. Con le etichette “préstige” già citate, ma anche (verrebbe da dire: e soprattutto) con il lavoro fatto sul Chianti, bandiera prima dell’azienda di Panzano, e sulla scansione in cru, con etichette dedicate a singoli vigneti, del vitigno “re”, il Sangiovese. Cui Serena applica tempi lunghi di maturazione, la scelta della fermentazioni spontanee e l’affinamento in legni grandi per rispettarne al massimo lo skill, pur assecondandone l’evoluzione.

Esito in corso di circolazione: un Chianti 2020 nato da uve (solo Sangiovese) allevate a 50 metri di quota, vinificato (con i lieviti autocotoni di cui sopra) in acciaio e poi cesellato da 15 mesi in legni da 30 hl e ancora nome mesi i vetro prima del rilascio. E, ancora, vera gemma di tipicità ed eleganza, il Vigna Vecchia, Sangiovese ottenuto da un cru piantato nel 1981, a 5 anni dalla vendemmia (è un 2019), è teso e vibrante, regala note di fiori e frutta “viva “ e “croccante”, ricorda appena al debutto nel calice l’”abito” (i legni da 10 hl) in cui ha sostato per oltre 2 anni, è longilineo ma non esile, intenso ma non artificiosamente tornito, appena speziato nel finale, buonissimo ora, ma con enorme futuro davanti. Onora il vitigno, costa (ben oltre la soglia dei 50 euro), ma vale tutto il suo prezzo.




 

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