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Silvio Baldini e la panchina dell’U21: l’anarchico del pallone per gli Azzurrini

di Luca Barbieri
Silvio Baldini
Silvio Baldini

Il tecnico toscano è ormai a un passo dall’ufficialità dopo la telefonata di Gigi Buffon e le parole di Gravina

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FIRENZE. Le bocche sono cucite e anche questo, se vogliamo, è un indizio di quanto ormai l’ufficialità sia vicina. Quanto? Silvio Baldini, 67 anni l’11 settembre, potrebbe essere ufficializzato come nuovo ct dell’Under 21 azzurra già nelle prossime ore. D’altronde i silenzi e i no comment, è noto, dicono a volte molto di più. E allora ecco un altro toscano – la carta d’identità dice Massa, il cuore probabilmente la vicina Carrara – pronto a sedersi su una panchina azzurra.

Le parole

Baldini potrebbe fare il suo esordio a pochi chilometri da casa, a La Spezia, nella partita di debutto della Nazionale nel girone E di qualificazione al Campionato europeo del 2027 in programma in Albania e Serbia: le date da cerchiare sul calendario sono quelle di venerdì 5 settembre al “Picco” contro il Montenegro, poi la sfida con la Macedonia del Nord il 9 settembre.

Come un cerchio che si chiude: «A 66 anni un mio sogno? Lo conoscete. In passato mi sarebbe piaciuto allenare l’Under 21, ma, niente, non se n’è mai fatto nulla. Nel calcio come nella vita servono i contenuti, non l’immagine», diceva a Il Centro nell’ottobre del 2024. Poco più di un mese fa, invece, poco dopo il triplice fischio della finale playoff che ha sancito la promozione del Pescara in Serie B, ai microfoni di RaiSport aveva sorpreso tutti, dribblando le parole di rito, la patina convenzionale dei festeggiamenti, andando dritto, mirando quel sistema calcio che vive da sempre con un po’ di anarchia apuana: «Se l’Italia ha perso 3-0 contro la Norvegia (pochi giorni prima durante le qualificazioni per i Mondiali 2026, ndr) non è il problema se c’è Spalletti, c’è Conte, c’è Lippi, c’è Capello. Il problema è che creano una generazione di persone che non sanno più nemmeno che cos’è la bandiera italiana, che cosa vuol dire indossare la maglia azzurra. La nazionale, quella vera, per me era quella del 1982. Quella che ha vinto con Scirea, con Tardelli, con Conti, con Graziani, con Rossi, quelli lì sono stati eroi. Zoff, Collovati, tutti questi giocatori. Quello era il calcio, quelle erano persone che per il loro allenatore hanno vestito la maglia azzurra. E quindi se i nostri dirigenti non capiscono queste cose andranno sempre avanti lestofanti».

Le telefonate

E chissà quanto queste parole abbiano avuto un peso nella scelta: quel che è certo è quanto accaduto in queste settimane. Il commento del presidente della Figc Gabriele Gravina a RaiSport: «Abbiamo diverse pedine da sistemare e Silvio Baldini è una di queste. Stiamo parlando con lui e facendo le opportune valutazioni, con l’auspicio di definire l’intero assetto tecnico entro il fine settimana. Le sue qualità come tecnico non sono assolutamente in discussione. È noto per la sua schiettezza, legata alla sua toscanità. Forse è il momento giusto per comunicare alcuni concetti in modo rapido ed efficace».

E poi la telefonata, quella con il capo delegazione degli Azzurri, Gianluigi Buffon, altro apuano da Carrara, per la precisione.

I segnali

Il destino che bussa alla porta. Di nuovo, con lo stesso cognome. In passato, per Baldini era stato Adriano Buffon, padre del portierone campione del mondo, l’uomo decisivo per intraprendere la carriera da allenatore. Silvio giocatore, Adriano - sportivo e docente di educazione fisica - allenatore: entrambi nelle categorie minori in Lunigiana, lembo di terra che separa la Toscana da Emilia e Liguria. Questa volta l’uomo del destino potrebbe essere Gigi Buffon: sua d’altronde la telefonata decisiva.

La storia

Difficile sintetizzare il Baldini-pensiero in poche righe. Il 4-2-3-1 che lo ha reso celebre e pioniere - Luciano Spalletti, Antonio Conte, Roberto De Zerbi e Lele Adani sono soltanto alcuni dei nomi che lo hanno sempre inserito nel gotha del pallone -, le conferenze stampa show, le scelte controcorrente, in direzione ostinata e contraria citando De André: come i saluti a Pescara e Palermo dopo le due promozioni; oppure a Carrara nel 2017 dove annuncia che allenerà gratis.

Una lunga carriera in panchina partita proprio dalla provincia apuana per arrivare in Serie B e soprattutto in Serie A tra Empoli, Parma, Catania e Lecce. Successi - come l’Empoli dei miracoli che illuminò San Siro - e casi discussi, come il calcio a Mimmo Di Carlo nel 2007. L’amore per la famiglia, il credo nel percorso più che nel risultato: aspro, schietto, senza compromessi, come quelle cave che guardava da vicino fin da bambino. Da lì al sogno che diventa realtà, formare la Nazionale maggiore del futuro, rilanciare il nostro calcio.

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