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Trevisan, tra amore e successi: «La mia lotta con la sindrome per evitare l’operazione»

di Tommaso Silvi

	Martina Trevisan
Martina Trevisan

L’intervista alla tennista azzurra cresciuta tra Firenze e Pontedera: «Vi dico chi è il mio fidanzato. Mi sta dimostrando tantissimo, per me è un punto fermo»

27 settembre 2023
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«Buone sensazioni». In un’annata sportiva che ha ancora molto da dire e si concluderà a novembre con la maglia azzurra della Nazionale alla «Billie Jean King Cup, dove giocherò per l’Italia insieme alle mie compagne per portare a casa un risultato importante». Poi «un periodo di relax, che mi servirà per ricaricare le batterie e prepararmi agli Australian Open».

È tra le giocatrici attualmente più forti del pianeta, alla posizione numero 40 del ranking Wta. Terza tennista italiana più forte in attività, a un passo da Elisabetta Cocciaretto – 34esima nel ranking – e Jasmine Paolini, 36esima. L’ultimo successo Martina Trevisan, 29 anni, nata a Firenze e cresciuta a Pontedera, l’ha ottenuto negli ottavi di finale del torneo di Guadalajara, in Messico, in cui ha battuto la tunisina numero 7 al mondo Ons Jabeur in un match tiratissimo, prima di uscire ai quarti – con quattro match point falliti – al cospetto della statunitense Caroline Dolheide.

Guadalajara, e poi i quarti di finale al Wta di Miami, ottavi di finale a Madrid sconfitta dalla numero 3 Pegula, il ritiro ai quarti a Rabat, i quarti di finale ad Amburgo. E poi il secondo turno agli Us Open e l’eliminazione al primo turno a Wimbledon, così come al Roland Garros. Fino ad ora come valuta il suo percorso sportivo nel 2023?

«È stato un anno importante e di crescita. Nel 2022 ho fatto ottimi risultati, ma tutti concentrati in due settimane (21 maggio vittoria al torneo di Rabat, il 2 giugno sconfitta in semifinale al Roland Garros, ndr) e solo sulla terra. Quest’anno invece ho iniziato a fare punti in modo omogeneo, i risultati sono arrivati con continuità. Purtroppo a Parigi (eliminata al primo turno da Svitolina) ho risentito di alcune difficoltà emotive. Non era semplice tornare al Roland Garros dopo la semifinale dell’anno prima».

Fuori dal campo sta combattendo contro un avversario che sistematicamente si presenta e causarle dolori e guai fisici.

«È la sindrome di Haglund, che non mi lascia in pace. Un’infiammazione al tallone che periodicamente riaffiora impedendomi anche di camminare, come accaduto dopo i quarti di finale del maggio scorso a Rabat, quando mi sono dovuta ritirare nel match con la Grabher. La mattina successiva a quella partita non ce la facevo a poggiare il piede a terra. E dopo quattro giorni ero in campo a Parigi con Svitolina nonostante le condizioni fisiche non ottimali».

Com’è la convivenza con questa specie di demone che la tormenta?

«Difficile, ma non impossibile. Sto facendo di tutto per gestirlo senza dover ricorrere all’intervento chirurgico, che richiederebbe un lungo periodo di stop, col rischio, inoltre, che il problema si presenti ugualmente, anche in seguito all’operazione. Proprio per questo problema prima di Parigi non ho potuto allenarmi molto. Ora però sto bene e ho sensazioni positive, sono molto soddisfatta del percorso che sto facendo».

Prossimi impegni?

«Adesso c’è Pechino, poi Hong Kong e Monastir. Dopo arriverà la Billie Jean King Cup a Siviglia, che chiuderà la stagione dei tornei. Mi concederò una vacanza e inizierò a prepararmi all’open in Australia, che inizierà a metà gennaio».

La sua racchetta è tra quelle su cui l’Italia del tennis punta di più. Sente questa responsabilità?

«Non la chiamerei responsabilità. È una sensazione piacevole, che mi inorgoglisce e mi dà la forza per migliorarmi ogni giorno come persona e come giocatrice. Spero di essere un esempio per i bambini che stanno iniziando il percorso nel mondo del tennis».

Che idea si è fatta delle parole di Medvedev, che ha posto l’attenzione sulle temperature eccessivamente alte durante le partite degli Us Open?

«Medvedev ha fatto quella esternazione dopo una partita indoor in una giornata in cui faceva molto caldo. Io a tetto chiuso non ho mai giocato quindi non ho un metro di paragone. Posso dire che quest’anno negli Usa nei giorni del torneo si avvertiva un grande caldo unito a un’elevata umidità. Sicuramente il contesto era difficile, ma non più difficile di tante altre volte. Al primo turno degli Open di Australia di quest’anno, per esempio, il giorno dopo la mia partita hanno interrotto il torneo per le alte temperature».

Non ama parlare della sua vita privata. Può dirci chi è Martina oltre il tennis?

«Sono fidanzata con Marco (31 anni, di Pontedera, ndr). Una persona che mi sta dimostrando tanto, dato che la mia vita è molto bella, ma anche molto difficile. Lui è uno dei miei punti fermi, come la figlia di mio fratello Matteo, Emma. E poi mi piace lo shopping e la buona tavola. Passo anche diverse settimane senza i sapori dell’Italia, e quando torno a casa mi concedo una serata al ristorante. La cucina italiana è imbattibile». 

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