Addio a Sergio Biliotti, vecchio tornante e capitano dell’Empoli negli anni ’70
Tante presenze tra serie B e C, se ne è andato a 74 anni dopo una malattia. Il funerale a Uzzano
Uzzano Mani in tasca, quasi a toccare i fianchi, petto orgogliosamente in fuori di chi è sempre pronto a sfidare il mondo e quel sorriso sornione, tipico del gatto che ha appena mangiato il topo, pronto a trasformarsi in una sonora risata. Con la scomparsa avvenuta alla vigilia di Ferragosto di Sergio Biliotti, classe 1951, fiorentino di Scandicci ma valdinievolino d’adozione, che se ne va dopo aver combattuto a lungo con un male subdolo e inesorabile, non c’è più uno degli ultimi fra i grandi talenti del football del Granducato rimasto inimitabile nella difficile arte di conquistarsi i calci rigore e nel coniugare al meglio l’aspetto atletico e le capacità tecniche.
Ma soprattutto il buon Sergio ha saputo farsi voler bene da chi ha avuto il privilegio di conoscere e apprezzare le immense doti umane di questo splendida persona. Centrocampista di scuola Prato e bandiera dell’Empoli operaio degli anni ’70, con ben 263 partite in maglia azzurra e la fascia da capitano, si colloca al quinto posto assoluto nella classifica di presenze “all time” del sodalizio del presidente Fabrizio Corsi, preceduto solo da Moro, Tavano, Buscè e Maccarone. Lasciato il calcio dei professionisti a poco più di trent’anni e presa casa a Santa Lucia di Uzzano, si sente forse un po’ stretto nei panni di un serioso e integerrimo impiegato dietro la scrivania della Banca Commerciale in centro a Montecatini dove ha prestato servizio per diverse primavere, non tagliando comunque il forte legame col calcio e così ben presto viene fuori l’innata capacità di insegnare i rudimenti del mestiere ai giovani e non.
Zonista per convinzione, da allenatore vince il campionato col Pescia e riporta il Montecatini in Prima Categoria ma più dei trionfi e degli allori riesce a creare un feeling speciale coi suoi allievi, specie quelli in casacca biancoceleste della leva calcistica fra il ’70 e il ’72, riuniti una chat. «Il Bilio – ha detto Tommaso Natalini, portavoce del gruppo – era quel genere di allenatore che chi pratica il calcio dovrebbero avere almeno una volta nel percorso di crescita. Aveva vissuto il campo e parlava con la saggezza dell'esperienza. Ti guardava negli occhi, sempre e sincero. Apprezzava qualità e carattere alla stessa maniera e te lo sapeva dimostrare. Tutti ci saremmo gettati nel fuoco per lui. Tutti lo abbiamo amato e rispettato, fino all'ultimo e continueremo a farlo nel suo ricordo».
L’ ultimo saluto a Sergio Biliotti sabato 16 agosto nella chiesa di Santa Lucia alle 10. Lascia la moglie Franca, la figlia Francesca, il genero Silvio, indimenticato bomber dei termali, i nipoti e un gioco forse adesso un po’ meno divertente ed educativo. Alla famiglia le condoglianze della redazione e di chi scrive.