Carrara, niente sospensiva all’Asi. La bonifica deve proseguire
La società aveva provato a opporsi a due decreti regionali
Carrara. «Nella comparazione degli interessi in gioco, (…) appare prevalente quello alla celere esecuzione degli interventi di bonifica». Con questa motivazione il Tar di Firenze (seconda sezione) ha deciso di respingere la richiesta di sospensiva cautelare presentata ad inizio novembre dall’Agenzia sviluppo industriale (Asi) Srl contro il decreto finale firmato dall’Ufficio unico per le bonifiche costituito da Regione e Provincia, che individuava Eni Rewind Spa e la stessa Asi, anche se in anni e misure differenti, responsabili della contaminazione dell’area Sir ex Italiana Coke (circa 360mila metri quadrati), imponendo loro di accollarsi i costi della relativa bonifica.
La normativa di riferimento è contenuta nel decreto legislativo n. 152/2006 e precisamente nel titolo V della parte quarta: «Bonifica di siti contaminati». Il principio generale della norma è «chi inquina paga». La responsabilità della bonifica e del ripristino di un sito contaminato, dunque, ricadono su chi ha causato l’inquinamento. Nel caso in cui i colpevoli, seppure identificati, come nel caso dell’ex Italiana Coke, non fossero in grado di adempiere ai loro obblighi, la normativa prevede che la pubblica amministrazione si sostituisca al privato.
Ma entrambi i soggetti ritenuti imputabili per la bonifica dell’ex cokeria sono ancora oggi in piena attività e rintracciabilissimi. La sede legale di Eni Rewind, proprietaria anche dell’area Sin ex Rumianca/Enichem, sempre ad Avenza, si trova infatti a San Donato Milanese (Mi), mentre quella di Asi è a Marina di Carrara.
La vicenda
Dalla «Relazione istruttoria» delle indagini svolte da Regione e Provincia (entrata in gioco solo a settembre) in merito al grave inquinamento persistente nei terreni e nella falda dell’ex cokeria di Avenza, si evince che la società responsabile della contaminazione storica è Eni Rewind, mentre ad Asi, che ha acquistato il sito «un anno dopo che l’attività industriale era cessata definitivamente», è imputabile “solo” il mancato completamento della bonifica. Questo perché Eni Rewind risulta erede della stessa Italiana Coke Spa, che per quasi mezzo secolo, dal 1940 al 1989, ha lavorato nel sito inquinandolo pesantemente, interrandovi anche «scarti di produzione» ed effettuandovi riempimenti di avvallamenti del terreno con «ceneri di pirite contaminate da arsenico e piombo» provenienti dal vicino stabilimento chimico della Rumianca, senza poi provvedere ad adeguate opere di risanamento ambientale. Asi, invece, secondo La Regione, «non è la responsabile della contaminazione storica delle matrici ambientali del sito», ma ha acquistato l’area dall’Italiana Coke nel 1990, al prezzo di 10 miliardi ed 800 milioni di lire, assumendone dal 2000 «la titolarità degli obblighi di bonifica nei confronti delle amministrazioni pubbliche competenti».
«L’omessa adozione» da parte di Eni Rewind ed Asi «di qualunque intervento di messa in sicurezza d’emergenza e/o bonifica delle acque sotterranee nonché dei suoli/sottosuoli» in alcuni dei 12 lotti dell’ex stabilimento, -scrive l’amministrazione regionale- oltre ad aver aggravato l’inquinamento all’interno dell’ex Italiana Coke, ha contaminato anche aree a valle di essa. Questo, ad esempio, sarebbe avvenuto per il parametro ammoniaca, la cui presenza nelle acque sotterranee esterne all’ex fabbrica è stata accertata da Arpat fin dal 1996 e confermata da Sogesid Spa nel 2019.
Il ricorso
Il ricorso depositato da Asi chiedeva la sospensione delle deliberazioni votate lo scorso agosto dalla giunta regionale e dal consiglio provinciale, che approvavano lo «schema di Convenzione» istitutivo dell’Ufficio unico per le bonifiche, domandando che tale convenzione fosse dichiarata inefficace. Oltre al decreto finale emanato da Regione e Provincia, che la individuava responsabile della mancata bonifica, Asi metteva in discussione anche tutti i documenti, soprattutto storici, che costituivano i presupposti di tale atto. Il Tar, però, ha respinto la domanda cautelare, stabilendo la compensazione delle spese di lite. Nel caso in cui i giudici amministrativi avessero concesso la sospensiva, l’iter relativo alla bonifica dell’ex Italiana Coke avrebbe dovuto fermarsi, in attesa del giudizio di merito, che sarà emesso l’anno prossimo.
Il contenzioso, comunque, prosegue e ovviamente, nella discussione nel merito del ricordo, potrebbe far emettere una sentenza di primo grado (della giustizia amministrativa, si sta parkando di Tar) favorevole all’Asi, il che potrebbe riaprire tutto il procedimento, prolungando ulteriormente i tempi per la realizzazione della bonifica.
Occorre poi notare che il ricorso presentato da Asi al Tar, oltre a Regione e Provincia, citava anche il Comune di Carrara, la stessa Eni Rewind ed altre imprese attualmente operanti nell’ex cokeria. Queste ditte, però, così come anche l’amministrazione cittadina, hanno deciso di non costituirsi in giudizio.
Questo anche se l’ente pubblico carrarese è proprietario del lotto 7 dell’ex Italiana Coke, al confine con il Lavello, in cui sorgerà un nuovo parcheggio pubblico per mezzi pesanti. Per questo terreno, ceduto da Asi al Comune nel 2010, la Provincia ha rilasciato nel 2000 un certificato di avvenuta bonifica.
Le indagini svolte dalla Regione, però, confermano che esso è ancora contaminato da «arsenico, piombo e rame a causa della presenza di materiali di riporto tra il piano di campagna e -2,4 metri dal piano di campagna riconducibili a ceneri di pirite».l
David Chiappuella
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